Avvisaglie di grande bolla?

La pubblicità sul web non funziona più, Google e Facebook dovranno cambiare strategia

Federico Sarica

Che ne è del vecchio caro core business che ha fatto la fortuna di Google, ovvero gli invidiatissimi ricavi dati dalla pubblicità online legata al proprio motore di ricerca? Le cifre divulgate dall'azienda in questo settore specifico vanno letti con attenzione: perché se è vero che il fatturato cresce e il numero di contatti anche, è vero anche che continua a diminuire in maniera costante, per il terzo trimestre consecutivo, il singolo valore di ogni click pubblicitario. Cosa significa? Che un'azienda inserzionista paga il 16 percento in meno rispetto a un anno fa per ogni contatto ricevuto. Questo è ovviamente un dato di cui Google sta tenendo conto.

    L'andamento della trasformazione di Google in una mobile company vera e propria, con la recente acquisizione di Motorola del maggio scorso, era il punto forte all'ordine del giorno del consueto report finanziario della settimana scorsa con cui i vertici dell'azienda di Mountain View hanno reso noti i risultati dell'ultimo trimestre. Come sono andate le cose da marzo a giugno del 2012? Benissimo, stando alle cifre divulgate: più 35 per cento di fatturato rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, 12,21 miliardi di dollari, di cui più di uno dato da Motorola (che resta comunque in perdita per 233 milioni di dollari, "ma lasciateci il tempo di fare i compiti per bene, ci siamo dentro da appena cinque settimane" ha montianamente messo le mani avanti il capo finanziario di Google, Patrick Pichette). L'enfasi, oltre che sui numeri ragguardevoli, è stata messa soprattutto nel sottolineare le strategie in termini di allargamento di offerta: le recenti presentazioni, fra le altre numerose novità, della nuova versione del sistema operativo Android e di Nexus 7, l'anti iPad della casa, sono la conferma della volontà ormai conclamata di creare un mondo Google a tutto tondo da contrapporre all'universo Apple.

    Fino a qui tutto bene. Ma che ne è del vecchio caro core business che ha fatto la fortuna di Google, ovvero gli invidiatissimi ricavi dati dalla pubblicità online legata al proprio motore di ricerca? Le cifre divulgate dall'azienda in questo settore specifico vanno letti con attenzione: perché se è vero che il fatturato cresce e il numero di contatti anche, è vero anche che continua a diminuire in maniera costante, per il terzo trimestre consecutivo, il singolo valore di ogni click pubblicitario. Cosa significa? Che un'azienda inserzionista paga il 16 percento in meno rispetto a un anno fa per ogni contatto ricevuto. Questo è ovviamente un dato di cui Google sta tenendo conto – la diversificazione di prodotto e l'ampliamento della propria ragione sociale ne sono la lampante dimostrazione – ma che riguarda tutto il business della pubblicità online, non solo il colosso di Mountain View, e a maggior ragione tutte quelle realtà che non hanno voluto o potuto intraprendere lo stesso percorso di trasformazione. Secondo la maggior parte degli analisti, il calo del valore pubblicitario è dovuto di base alla profonda trasformazione del nostro modo di approcciare la rete: ci si sposta sempre più massicciamente verso la consultazione di internet tramite dispositivi mobili, e il valore di un Cpc, clik per cost, che un'azienda che fa pubblicità è disposta a pagare su uno smartphone è inferiore del 40 per cento rispetto a un contatto analogo avuto da un dispositivo da scrivania. "La natura del comportamento delle persone sul web, il loro modo di interagire con la pubblicità e l'incapacità stessa di queste pubblicità di attirare realmente l'attenzione, hanno significato un netto declino dell'impatto pubblicitario" ha scritto qualche settimana fa il giornalista Michael Wolff in un particolarmente allarmato articolo su Technology Review in cui sosteneva che, in mancanza di un'idea forte o di un brusco invertimento di rotta, tutto il web che ha scelto i ricavi pubblicitari come modello di business, giornali compresi, è destinato prima o poi a collassare, Facebook in testa.

    Proprio sulla creatura di Zuckerberg, nelle ultime ore, si stanno concentrano le maggiori attenzioni in questo senso. Nella notte fra giovedì e venerdì infatti, dopo la chiusura delle borse e per la prima volta dalla quotazione, Facebook rende noti numeri e strategie, e gli occhi di tutti sono puntati in particolare sulla tenuta del modello di ricavi – e sulla capacità di riuscire a evolversi nel percorso di customizzazione e personalizzazione dei messaggi pubblicitari – settore in cui i mercati aspettano il social network al varco. "Gli inserzionisti hanno bisogno di più prove che i loro investimenti pubblicitari su Facebook abbiano un effettivo ritorno. C'è ancora un grande disaccordo fra chi sostiene che Facebook sia il futuro di Internet e quelli che pensano che sia destinata a fallire miseramente" ha dichiarato al New York Times l'analista finanziaria di eMarketer, Debrah Aoh Williamson. Pessimismo cosmico o ulteriori avvisaglie della grande bolla?