Il groviglio tecno-politico che avvolge lo scudo anti spread

David Carretta

Lady Spread ha ricominciato a picchiare duro, superando questa mattina quota 520. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, venerdì era tornato a lamentare “le insufficienze nella governance della zona euro”. Le decisioni del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno “devono tradursi in meccanismi operativi”, aveva spiegato Monti in una conferenza stampa a Palazzo Chigi. L’Eurogruppo venerdì ha approvato il piano di aiuti da 100 miliardi a favore delle banche spagnole.

    Bruxelles. Lady Spread ha ricominciato a picchiare duro, superando questa mattina quota 520. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, venerdì era tornato a lamentare “le insufficienze nella governance della zona euro”. Le decisioni del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno “devono tradursi in meccanismi operativi”, aveva spiegato Monti in una conferenza stampa a Palazzo Chigi. L’Eurogruppo venerdì ha approvato il piano di aiuti da 100 miliardi a favore delle banche spagnole. Ma nella riunione telefonica tra i ministri delle Finanze non una parola è stata detta sull’uso “efficiente e flessibile” del Fondo salva stati per abbassare i tassi di interesse sul debito di Italia e Spagna. “Non c’è niente di cui discutere”, spiegano al Foglio fonti comunitarie: “Tutto è chiaro”. Perché, in realtà, lo scudo anti spread esiste già dallo scorso novembre. Per usarlo, basta farne richiesta, con una missiva indirizzata al presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. La verità che Monti ha iniziato a dire è che attivarlo significa accollarsi un costo politico pesante e assumersi rischi finanziari considerevoli: “Per la dignità del paese, per il senso di fiducia in noi stessi, per il rispetto di cui il paese e i cittadini godono sul piano internazionale, fa molta differenza farcela con le proprie forze o farcela con aiuti di salvataggio dell’Europa”. Per il presidente del Consiglio, “meglio non essere tra coloro che devono tendere la mano”.

    L’infatuazione mediatico-politica sullo scudo anti spread è conseguenza dell’esito poco esaltante al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. A inizio giugno, nonostante le perplessità sollevate da alcuni conoscitori delle meccaniche europee – come il rappresentante permanente presso l’Ue Ferdinando Nelli Feroci e il ministro dell’Economia Vittorio Grilli – su suggerimento di Bankitalia il ministro degli Affari europei, Enzo Moavero, aveva lanciato l’idea di un “serpentone dello spread”, sul modello del serpentone monetario che governava l’embrione di unione monetaria prima dell’arrivo dell’euro: un meccanismo automatico di riduzione dei tassi, ogni volta che il differenziale dei rendimenti sui Bund tedeschi supera una certa soglia. Palazzo Chigi ha sempre smentito che Monti abbia messo sul tavolo una proposta concreta del genere. Ma, secondo le indiscrezioni raccolte dal Foglio, il governo italiano è andato ai vertici con un documento ambizioso, incentrato sull’automatismo dello scudo anti spread: nessuna richiesta da parte del paese beneficiario, nessuna condizione aggiuntiva, nessun monitoraggio rafforzato, nessun coinvolgimento del Fondo monetario internazionale. L’elemento più originale riguardava le risorse: l’Italia avrebbe voluto usare i fondi salva stati come garanzia per finanziare acquisti massicci di bond da parte della Bce. Grazie al leveraging, l’Istituto di Francoforte avrebbe potuto quintuplicare le risorse dello scudo anti spread.

    Al vertice europeo, l’Italia ha cantato vittoria, ma i leader della zona euro hanno semplicemente deciso di attuare quel che già era stato previsto. Lo scorso novembre, nello stesso momento in cui gli spread di Italia e Spagna raggiungevano nuovi picchi, l’Eurogruppo aveva aggiornato le “linee guida” della Facility europea di stabilità finanziaria per consentire al Fondo salva stati temporaneo Efsf – tra l’altro – di comprare Bond sui mercati secondari del debito, come aveva fatto da agosto la Bce per salvare Italia e Spagna. E dentro quelle “linee guida” c’è lo scudo anti spread che l’Italia potrebbe attivare, a condizioni più favorevoli di Grecia, Irlanda e Portogallo. Le linee guida di novembre “erano state pensate per essere più flessibili”, spiega al Foglio una fonte del fondo Efsf. La condizionalità è limitata al rispetto delle condizioni di “eleggibilità” (i limiti del Patto di stabilità e le raccomandazioni della Commissione nell’ambito del semestre europeo). Il memorandum di intesa deve essere redatto dalla Commissione in “uno o due giorni” (non c’è il tempo per mettere nero su bianco nuove misure di risanamento e riforma). La Troika formalmente non c’è (il monitoraggio è affidato a Commissione e Bce, mentre il Fmi è escluso).

    Che lo scudo anti spread esista già lo conferma anche il memorandum di intesa sottoscritto dalla Spagna in cambio di aiuti alle sue banche. Il documento approvato dall’Eurogruppo prevede che i 100 miliardi concessi a Madrid possano essere utilizzati anche per l’acquisto di Bonos sui mercati secondari da parte del fondo Efsf. La Spagna, però, dovrà farne richiesta all’Eurogruppo, firmare un altro memorandum di intesa e sottoporsi a eventuali nuove condizioni. Il caso spagnolo dimostra anche che la solidarietà non è gratuita: il governo di Rajoy ha dovuto approvare una manovra da 65 miliardi per ottenere gli aiuti alle sue banche e il rientro del deficit sarà verificato “costantemente e da vicino”, ha avvertito l’Eurogruppo.

    Se chiedesse aiuto all’Efsf, l’Italia si troverebbe confrontata a diversi problemi. Alla fine, pur chiamandolo scudo anti spread, si tratta sempre di un bailout politicamente pericoloso, i cui effetti sui mercati potrebbero essere controproducenti. La firma di un memorandum di intesa impegna il paese per i prossimi anni, governi post-2013 compresi. Moody’s è pronta a declassare nuovamente l’Italia se farà ricorso agli acquisti di bond del fondo salva stati. Germania, Olanda o Finlandia potrebbero mettere il veto, perché ritengono che i tassi al 6 per cento siano sostenibili. Soprattutto, le risorse dell’Efsf sono limitate: tra Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, rimangono in cassa 140 miliardi: poca cosa, visto che la Bce tra agosto e novembre del 2011 aveva speso 100 miliardi per tentare di tenere bassi i tassi italiani e spagnoli. “Il problema della disponibilità di fondi è reale”, spiega al Foglio un alto responsabile europeo: per essere credibile, un programma di acquisti di bond deve essere “massiccio e illimitato nel tempo”. Insomma, solo la Bce ha le risorse necessarie a spaventare i mercati e in molti a Bruxelles sperano in un suo intervento estivo. Tutte ragioni che spingono Monti a non ricorrere allo scudo anti spread. Ma viste le condizioni dei mercati – ammette l’alto responsabile europeo – “partiamo per le vacanze con una valigia pronta per tornare a Bruxelles”.