Un ex generale di Assad ci spiega il dopo Bomba a Damasco

Alberto Mucci

Ex generale degli Assad, poi scappato in America, Akil Hashem è oggi un sostenitore della causa dell’opposizione, anche se conosceva di persona i collaboratori del presidente morti ieri in un attentato, con quel rapporto che s’instaura tra persone appartenenti allo stesso club del potere. “E’ l’inizio della fine di Assad  – dice al Foglio – L’assalto si è consumato nel centro di Damasco, cuore del regime. E’ un forte colpo sia a livello fisico sia psicologico.

    Chicago. Ex generale degli Assad, poi scappato in America, Akil Hashem è oggi un sostenitore della causa dell’opposizione, anche se conosceva di persona i collaboratori del presidente morti ieri in un attentato, con quel rapporto che s’instaura tra persone appartenenti allo stesso club del potere. “E’ l’inizio della fine di Assad  – dice al Foglio – L’assalto si è consumato nel centro di Damasco, cuore del regime. E’ un forte colpo sia a livello fisico sia psicologico. Fisico perché sono morte circa quaranta persone, psicologico perché il regime si sente vulnerabile, ferito, colpito dove pensava di essere al sicuro. Ma non sarà un colpo decisivo. Basta guardare l’Afghanistan dove attentati così sono frequenti. Hamid Karzai è ancora lì”. Hashem non crede che arriveranno altri attacchi simili: “Difficile. Questo è stato progettato con grande cura e con l’aiuto di qualcuno vicino al regime, non soltanto con la complicità della guardia del corpo di cui tanto si parla. Il problema è che adesso Assad si arroccherà e non si fiderà nemmeno del suo cerchio più intimo. Ci sarà un periodo di lungo silenzio. Anche le truppe che il presidente ha ritirato dal Golan ripiegheranno sulla capitale per difenderla”. 

    C’è chi dice che Assad sia a Latakia e che la moglie, Asma, sia già in Russia. E’ possibile? “E’ improbabile che Asma sia in Russia. Ha provato diverse volta a lasciare il paese e non le è mai stato permesso. E se scegliesse una destinazione questa sarebbe Londra dato che la First lady ha il passaporto britannico. Se Assad è a Latakia non so. Il regime fa di tutto per inquinare ogni informazione. L’area di Latakia è però quella degli alawiti e lì Assad si sente al sicuro e protetto dai suoi fedeli. C’è anche un vecchio progetto degli anni Ottanta delle élite alawite: concentrare sulla costa le risorse siriane – armamenti e ricchezze – e creare uno stato indipendente. Improbabile, ma alcuni ci pensano”. Il generale è convinto che l’escalation di violenza non cambierà le posizioni internazionali sulla Siria. “L’America non interverrà prima delle elezioni. E senza Obama l’Europa non ha le capacità e le risorse per intervenire. Anche la Russia è irremovibile: il porto di Tartus rimane il suo più importante sbocco sul Mediterraneo e Assad un importante acquirente di armamenti. Se Putin mollerà Assad sarà soltanto all’ultimo momento. Per l’Iran invece la Siria rappresenta il più importante avamposto in medio oriente e un canale diretto con Hezbollah; e se Assad venisse sconfitto l’opposizione iraniana potrebbe ritrovare il coraggio di alzare la voce contro Ahmadinejad”.  A guardare i notiziari l’impressione è che Assad abbia i giorni contati, ma la guerra civile non si risolverà in fretta. “Conosco personalmente i quadri del regime e posso dire che è una situazione a doppio filo. Ci sono circa venti mila persone – tra militari, industriali e borghesia ricca – che dipendono direttamente da Assad. Se il presidente lascia il paese il loro destino è segnato. Fanno quindi di tutto per tenerlo in Siria. La situazione di stallo andrà dunque avanti per mesi. Paradossalmente unica speranza per l’opposizione è che il regime cominci a usare i suoi caccia per bombardare la popolazione. Solo allora la comunità internazionale – e intendo principalmente l’elettorato democrat americano – potrebbe spingere l’occidente a muoversi più in fretta”.

    Predizioni per le prossime settimane? “Prima di tutto ci saranno ulteriori importanti defezioni. Alcune fonti affermano che il vicepresidente Farouk al Sharaa sia già in Giordania”. C’è la possibilità che la guerra civile continui in un ipotetico post Assad? “L’esito che mi auspico è un colpo di stato non violento che metta fine al regime dall’interno ed eviti ulteriori spargimenti di sangue. Se Assad è veramente scappato a Latakia sarebbe il momento giusto per i generali meno coinvolti nelle stragi di civili di prendere il potere”.