Segreti di Palazzo

I misteri del rapporto di Giavazzi sugli incentivi

Michele Arnese

In quale cassetto della presidenza del Consiglio langue il rapporto Giavazzi sugli incentivi statali alle imprese? E’ la domanda che maliziosamente si pongono ambienti della maggioranza sul rapporto commissionato dal premier Mario Monti all’economista Francesco Giavazzi. In verità oggi a Palazzo Chigi il rapporto sarà presentato ai ministri da parte di Monti e Giavazzi (ma non ci sono conferme ufficiali).
Il testo è pronto da oltre un mese, nel rispetto dei tempi stabiliti.

    In quale cassetto della presidenza del Consiglio langue il rapporto Giavazzi sugli incentivi statali alle imprese? E’ la domanda che maliziosamente si pongono ambienti della maggioranza sul rapporto commissionato dal premier Mario Monti all’economista Francesco Giavazzi. In verità oggi a Palazzo Chigi il rapporto sarà presentato ai ministri da parte di Monti e Giavazzi (ma non ci sono conferme ufficiali).

    Il testo è pronto da oltre un mese, nel rispetto dei tempi stabiliti. “E’ di proprietà del presidente del Consiglio”, risponde l’editorialista del Corriere della Sera in questi giorni ai colleghi che gli chiedono appunto del suo studio. Il rapporto, in verità, è stato consegnato a due persone: Monti e il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Palazzo Chigi, neppure per vie informali, ha fatto giungere lo studio, e la bozza di articolato annessa, alla Confindustria. Il presidente della confederazione degli industriali, Giorgio Squinzi, ha comunque letto una bozza del rapporto grazie a qualche parlamentare amico con buone entrature alla presidenza del Consiglio. Non si conoscono i giudizi di Squinzi. Di sicuro le attese per il rapporto, e soprattutto l’utilizzo da parte del governo delle proposte di Monti, sono alte e provocano per lo più preoccupazioni e malumori, non solo agli industriali. Beninteso, si fa notare ai piani alti di Viale dell’Astronomia, le cifre monstre circolate da tempo sulle decine di miliardi di euro su cui sarebbe calata la mannaia dell’esecutivo devono essere ridimensionate. Non a caso i vertici di Confindustria hanno commissionato all’ufficio studi della confederazione una ricerca chiarificatrice. Dal conto economico della Pubblica amministrazione, emergono che sono stati spesi nel 2010 34,6 miliardi di euro. Ma gli incentivi alle imprese, si legge nell’analisi del ricercatore Alessandro Fontana, “vengono riportati insieme a molti altri trasferimenti a imprese e ad altri operatori che tutto sono tranne incentivi”.

    Nel conto economico della Pa e in quello di cassa dello stato sono calcolati anche i trasferimenti a tutti i settori, tra cui istruzione, difesa, ordine pubblico, attività ricreative. E sotto la voce “affari economici” sono inclusi i trasporti, le comunicazioni, l’energia e l’agricoltura. Quindi, “se l’obiettivo è avere un’indicazione sulla spesa in incentivi alle imprese a carico del bilancio pubblico italiano per finalità di politica industriale, la cifra più rappresentativa sono i 4,5 miliardi indicati per il 2010 dalla Commissione europea”. Non basta: dei 4,5 miliardi di euro calcolati da Bruxelles, alle imprese industriali “arrivano circa 3 miliardi”, secondo l’analisi confindustriale. Il commento del Sole 24 Ore è inequivocabile: “In un momento in cui tanti paesi vanno riscoprendo la politica industriale – ha scritto l’editorialista Fabrizio Galimberti il 17 giugno sul quotidiano diretto da Roberto Napoletano – l’accetta sugli incentivi veri, quegli scarsi 3 miliardi, non sarebbe una misura intelligente, tanto più che l’Italia già oggi spende meno in proposito rispetto ai principali concorrenti. Ma, si potrebbe obiettare, sono spesi bene? Sono efficaci?”. Lo stesso Galimberti ha ricordato che la nota del centro studi riconosce che molte analisi sull’efficacia degli incentivi portano a conclusioni negative: gli incentivi sono erogati “in ritardo, con alta incertezza su tempi e ammontare, sovrapposizione di enti erogatori e programmi, prevalere di interessi particolari su quelli generali”.

    La controversa bozza giavazziana
    Anche per ovviare a queste inefficienze, il governo aveva commissionato il rapporto a Giavazzi. L’economista bocconiano ha anche preparato una scarna bozza di articolato. I pochi e secchi articoli, però, secondo indiscrezioni governative, non hanno entusiasmato i tecnici di diversi ministeri. Giavazzi, di fatto, ha proposto di abrogare tutte le norme sugli incentivi (quelli gestiti dallo Sviluppo economico sono già stati riformati da Passera creando un superfondo che li erogherà in maniera automatica) eccetto quelli che sono giustificati da fallimenti di mercato. Segue un elenco di settori destinatari di incentivi non motivati da fallimenti di mercato. Comunque a stabilire che tipo di agevolazioni all’industria siano compatibili con l’impostazione giavazziana sarà un comitato guida. Commenta, e riepiloga, un esponente confindustriale: “Un governo tecnico affida tramite un premier tecnico a un tecnico bocconiano uno schema di provvedimento che rimanda a un comitato di tecnici”.