Poteri fortuiti

Il feeling bancario di Monti che irrita gli industriali

Michele Arnese

Il governo Monti non ha commesso boiate né merita insufficienze. Anzi va elogiato. Di più: “Rinnoviamo all’esecutivo il nostro pieno e convinto sostegno”, ha detto ieri il presidente dei banchieri italiani, Giuseppe Mussari, rieletto dall’assemblea dell’Abi alla testa dell’Associazione bancaria. Altro che boiate e insufficienze affibbiate al governo Monti dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Allora è vero che l’esecutivo tecnico ha una sintonia particolare con le banche?

    Il governo Monti non ha commesso boiate né merita insufficienze. Anzi va elogiato. Di più: “Rinnoviamo all’esecutivo il nostro pieno e convinto sostegno”, ha detto ieri il presidente dei banchieri italiani, Giuseppe Mussari, rieletto dall’assemblea dell’Abi alla testa dell’Associazione bancaria. Altro che boiate e insufficienze affibbiate al governo Monti dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Allora è vero che l’esecutivo tecnico ha una sintonia particolare con le banche? Dall’Abi si smentisce, anzi si nega. I banchieri ricordano la norma Monti-Catricalà che vieta i doppi incarichi nei board di istituti di credito e gruppi assicurativi come la prova di un atteggiamento affatto amichevole del governo. Ieri Mussari ha anche ricordato come “in ogni decreto legge abbiamo ritrovato misure nei nostri confronti certamente criticabili e che non trovano corrispondenze nel quadro normativo europeo”. L’ultimo esempio?

    L’accentramento “ex abrupto delle tesorerie scolastiche” e prima ancora di quelle degli enti locali che hanno prosciugato in parte la liquidità degli istituti. Eppure nel complesso l’azione dell’esecutivo, secondo l’Abi, è più che sufficiente, quasi ottima. “I risultati fin qui conseguiti – secondo Mussari – vanno ascritti tanto al governo quanto al Parlamento e ai partiti che hanno assicurato al governo un’amplissima maggioranza, fornendo prova non solo di senso di responsabilità, ma soprattutto di una rilevante visione strategica”.

    Toni ben diversi da quelli recenti di Squinzi. Il premier Mario Monti ha molto gradito. Non è stato solo un caso, infatti, che Monti ieri era presente all’assemblea dell’Abi mentre era assente, e non mandò neppure un saluto, all’assemblea di Confindustria che a fine maggio ha sancito il passaggio delle consegne tra Emma Marcegaglia e Squinzi: “Apprezzo molto il sostegno dell’Abi – ha detto davanti alla platea dei banchieri – vorrei anche quello delle altre parti sociali”.
    D’altronde, notano gli osservatori più maliziosi se non maligni, l’esecutivo non è stato affatto distante dagli istituti di credito. Basta citare due casi: la garanzia statale per le emissioni di bond bancari e i Monti-bond che hanno di fatto salvato il Monte dei Paschi di Siena, presieduto fino a pochi mesi fa proprio da Mussari. Ieri l’Eba, l’Autorità europea di settore, ha rimarcato che per sette banche è stato necessario ricorrere a backstop pubblici per le ricapitalizzazioni. Le banche in questione sono Montepaschi, per il quale il governo italiano ha approvato il sostegno per 2 miliardi di euro, tre gruppi portoghesi, la slovena Nova Ljubljanska e due banche cipriote.

    L’appoggio del Tesoro al rafforzamento patrimoniale di Mps, ha spiegato ieri il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, “si è reso necessario a causa delle forti tensioni sui mercati finanziari che hanno reso proibitivo il ricorso a nuove emissioni di capitale e per la difficoltà di realizzare piani di dismissione”. L’ulteriore operazione sul capitale di Mps, ha aggiunto Visco, sarà pari allo 0,1 per cento del pil. Nessun riferimento alla passata gestione dell’istituto senese. E’ stato due giorni fa in Parlamento Luigi Federico Signorini, direttore centrale della Vigilanza di Bankitalia, a sottolineare il “cambiamento di rotta” in Mps, con l’arrivo a Siena di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Negli ultimi anni – ha rimarcato Signorini – “la situazione è stata condizionata da decisioni strategiche e di investimento che hanno privilegiato la redditività di breve periodo”.

    Una spending review degli sportelli
    Per Mussari il governo non ha commesso nessuna boiata, come invece Squinzi ha definito la riforma Fornero del lavoro. Anche l’Abi ha consigliato modifiche, però le parole sono state ben calibrate per non irritare l’esecutivo: “La riforma del lavoro, necessaria e condivisibile nei suoi obiettivi, deve essere considerata un cantiere ancora aperto affinché possa produrre i risultati attesi”. Su lavoro e contratti, il presidente dell’Abi ha anche annunciato una sorta di spending review degli sportelli con effetti inevitabili anche sul personale: la situazione “richiede sforzi ulteriori e nuove misure” oltre il contratto appena rinnovato. Serve, ha detto, un nuovo modello di relazioni industriali con salario variabile “in ragione delle sorti aziendali”. Un modello marchionniano?