Senza eurosoluzione, Monti prolungherà solo l'agonia italiana

Paolo Savona

I mercati non hanno recepito il messaggio di speranza venuto dal recente Consiglio europeo perché il problema di fondo, quello dell’architettura dell’eurosistema, non è stato affrontato. Un’acuta riflessione del professore Giuseppe Guarino indica che gli organismi giuridici, una volta creati, vivono producendo effetti talvolta non previsti, anche opposti a quelli attesi. Guarino li ha chiamati organismi biogiuridici. Il trattato di Maastricht e l’eurosistema hanno prodotto effetti indesiderati rispetto a quelli previsti dal documento “Il costo della non-Europa” voluto da Jacques Delors per propiziarne l’accettazione.

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    I mercati non hanno recepito il messaggio di speranza venuto dal recente Consiglio europeo perché il problema di fondo, quello dell’architettura dell’eurosistema, non è stato affrontato. Un’acuta riflessione del professore Giuseppe Guarino indica che gli organismi giuridici, una volta creati, vivono producendo effetti talvolta non previsti, anche opposti a quelli attesi. Guarino li ha chiamati organismi biogiuridici. Il trattato di Maastricht e l’eurosistema hanno prodotto effetti indesiderati rispetto a quelli previsti dal documento “Il costo della non-Europa” voluto da Jacques Delors per propiziarne l’accettazione. Anche se qualche voce contraria – come quella di Martin Feldstein e dell’autore di questa riflessione – aveva subito avvertito che l’organismo come tale non poteva generare benessere, si deve riconoscere che i fondatori dell’Ue credevano veramente nelle possibilità di un futuro brillante dell’Unione.
    Vent’anni di sperimentazioni dimostrano l’infondatezza di queste speranze: tassi di sviluppo in regresso, disoccupazione in aumento, unione politica sotto forma di esproprio delle sovranità senza contropartita democratica. E’ pur vero che la Germania e pochi altri dei 27 paesi europei mostrano di sapersi muovere meglio degli altri nell’organismo biogiuridico creato, ma ciò è dovuto, almeno sul piano economico, al fatto che beneficiano della sottovalutazione del “loro” euro per il contrappeso permesso dalla sopravalutazione dell’euro “degli altri”. Ciò può accadere perché l’organismo biogiuridico ideato non consente aggiustamenti e sottrae potere d’acquisto a chi ne ha bisogno per lo sviluppo, approfondendo i divari tra paesi e accrescendo le iniquità sociali.

    Di ciò non si è parlato nel recente Consiglio europeo il quale, invece, ha dedicato molta attenzione e preso decisioni (peraltro contestate) sul binomio assistenza-perdita di sovranità, vendendolo come un passo avanti verso l’unificazione politica, mentre è un approfondimento dei difetti dell’organismo o, nella migliore delle ipotesi, un aggiramento del problema di fondo che non sono stati capaci di affrontare: come gestire un’area monetaria non ottimale in presenza di un mercato sempre più pieno di regole, in cui sopravvivono storiche protezioni che vanno dall’agricoltura ai servizi. Il binomio assistenza-perdita di sovranità contrasta con lo spirito che pochi giorni prima, il 26 giugno, in uno storico incontro tra Parlamento europeo, Commissione e Bce, era stato annunciato da Harman Van Rompuy il quale aveva indicato che l’Ue intendeva muovere “verso una genuina unione economica e monetaria” caratterizzata da “legittimità democratica e rendicontazione del processo decisionale nell’ambito europeo comunitario”. Invece di affermare che s’intendeva muovere verso l’unione politica si è trovata, come sovente accade nei comunicati europei, un’allocuzione verbale che mette tutti d’accordo coprendo i disaccordi esistenti. Il presidente francese François Hollande ha  sintetizzato il concetto affermando che l’Europa muove verso un’“integrazione solidaristica”, lasciando a ciascun paese il compito di definire l’uno e l’altro termine. Il compito è più facile se si prende a riferimento l’integrazione solidaristica che si pretende di attuare in Grecia e il solidarismo discriminante offerto alla Spagna per le sue banche in dissesto.
    Solo il tempo – noto galantuomo – dirà se i paesi in difficoltà per carenze di sviluppo e di occupazione beneficeranno delle decisioni prese il 28-29 giugno a Bruxelles. Lo speriamo, ma non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo sottacere che i provvedimenti che l’Italia va prendendo in linea con gli indirizzi dell’eurosistema e dell’Ue allungheranno la lenta agonia economica del paese. Gli italiani sono un popolo forte e capace di sacrifici ma il pericolo sta proprio in ciò: si adatterà a essere più povero in un habitat meno solidaristico, certamente non quello promessoci da Van Rompuy e illustri colleghi. C’è da augurarsi che si esca dal combinato effetto di un organismo europeo mal costruito e di gravi errori di politica economica interna.

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