Microsoft lost in innovation

Redazione

Qualcuno forse ricorda ancora quel mondo antico in cui Bill Gates era la personificazione della tecnologia, il nome immancabile di ogni conversazione sul futuro dell’umanità. Poi nella narrazione popolare Gates è passato da illuminato creatore di finestre virtuali a filantropo alla perenne ricerca di cause umanitarie e/o progressiste da finanziare, dal sud del mondo ai diritti delle coppie gay. E intanto altri, vedi Steve Jobs, preparavano il grande scacco al re della tecnologia, certo del suo potere taumaturgico. Quando Apple ha lanciato l’iPhone, il ceo di Microsoft, Steve Ballmer, s’è fatto una risata.

    Qualcuno forse ricorda ancora quel mondo antico in cui Bill Gates era la personificazione della tecnologia, il nome immancabile di ogni conversazione sul futuro dell’umanità. Poi nella narrazione popolare Gates è passato da illuminato creatore di finestre virtuali a filantropo alla perenne ricerca di cause umanitarie e/o progressiste da finanziare, dal sud del mondo ai diritti delle coppie gay. E intanto altri, vedi Steve Jobs, preparavano il grande scacco al re della tecnologia, certo del suo potere taumaturgico. Quando Apple ha lanciato l’iPhone, il ceo di Microsoft, Steve Ballmer, s’è fatto una risata. “Un telefono da 500 dollari? Senza una tastiera? Non funzionerà mai”. Non proprio un maestro della divinazione, diciamo. E mentre la Mela erodeva il potere di Gates soprattutto sul versante dell’hardware, al resto pensava Google. Il processo di ridimensionamento del ruolo di Microsoft nel mondo ora precipita nei numeri: l’acquisizione di aQuantitative, un servizio per la raccolta di pubblicità on line che Gates ha concluso nel 2007 per 6,3 miliardi di dollari, non ha dato i risultati sperati e questo significa che il trimestre che si è concluso a giugno potrebbe essere il primo in perdita negli ultimi vent’anni di Microsoft.

    L’azienda di Redmond ha fatto un mucchio di operazioni per lucidare la sua immagine appannata da competitor voraci: il lancio di un proprio tablet, Surface, dopo anni passati a ripetere il mantra del software solitario è l’ultimo tentativo di rimettersi nella carreggiata della competizione, ma le aspettative disastrose per la trimestrale mostrano in forma numerica quello che Kurt Eichenwald spiega nel numero di Vanity Fair in uscita ad agosto in America: Microsoft non ha una strategia adeguata al mercato, ha una cultura ancorata a schemi del passato e inizia a pagare ora l’esclusiva insistenza su Windows. Nel 1998 l’azienda aveva già pronto un prototipo di e-reader che avrebbe anticipato ogni tendenza tecnologica. I manager di Microsoft hanno chiuso il progetto in un cassetto. Nel 2004 il dirigente Jim Allchin aveva scritto a Ballmer e Gates una leggendaria lettera di protesta contro una cultura aziendale ingessata e retrograda. Si concludeva così: “Se non lavorassi a Microsoft comprerei un Mac”. La stessa cosa che pensano molti consumatori che non lavorano a Microsoft.