Vengo dal morto, mi dici che è vivo

Giuliano Ferrara

L’aforista viennese Karl Kraus: “Ho una notizia per gli esteti: la vecchia Vienna una volta era nuova”. Ho una notizia per i creduloni, per gli oscurantisticamente corretti: “Renatino De Pedis una volta era in vita, poi è morto”. La riesumazione del bandito giacente in Sant’Apollinare con annessi misteri vaticani “alla Dan Brown”, per dirla con Sua Eminenza Reverendissima Tarcisio cardinal Bertone, ha portato alla constatazione del buono stato di conservazione della salma, poi cremata, segno che non si può mai essere sicuri dell’Inferno.

Leggi “Mauro il migliore, vorrei che il giornale se lo scrivesse da solo” di Paolo Nori

    L’aforista viennese Karl Kraus: “Ho una notizia per gli esteti: la vecchia Vienna una volta era nuova”. Ho una notizia per i creduloni, per gli oscurantisticamente corretti: “Renatino De Pedis una volta era in vita, poi è morto”. La riesumazione del bandito giacente in Sant’Apollinare con annessi misteri vaticani “alla Dan Brown”, per dirla con Sua Eminenza Reverendissima Tarcisio cardinal Bertone, ha portato alla constatazione del buono stato di conservazione della salma, poi cremata, segno che non si può mai essere sicuri dell’Inferno, come sosteneva Hans Urs von Balthasar a proposito dello spopolamento radicale del luogo dei dannati. Ma non è stato riesumato, il capo della banda della Magliana ucciso nel 1992, è stato resuscitato come un fantasma, e con grande dispiegamento di mezzi e parole e timbri di questa Kakania vuota di ogni realtà da noi abitata, è stato traslato ieri mattina in altra sede cimiteriale come pegno di salute e di trasparenza della vita dello stato e della chiesa, come pegno inquisitoriale della sopravvivenza del bene e del male oltre la morte personale. I napoletani, quando intendono denunciare la assurdità totale di una affermazione di fatto, così dicono: “Io vengo dal morto, e tu mi dici che è vivo”. Sono reduce dal funerale, e tu mi fai vivo il defunto. Era già successo con Leo Suenens padre del Concilio: alla ricerca di prove trasparenti sulla pedofilia gli avevano perquisito la bara, mentre la conferenza episcopale belga era ristretta ai domiciliari, una specie di intercettazione degli angeli. In questa incapacità di capire la differenza tra il morto e il vivo sta manifesto come un destino il segnacolo in vessillo di una intera civilizzazione e della sua marcescenza. La maggioranza silenziosa e operosa di questa differenza se ne fotte, come di tutte le differenze d’altra parte. La maggioranza si traveste da minoranza e fa tutto per “passione civile”.

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    A proposito di passione civile, Ezio Mauro, direttore di Repubblica, ha concluso la tre giorni delle idee, a Bologna, evocando la passione civile come il sentimento di cui il suo giornale è rappresentante nella storia. Noi invidiamo il successo di Repubblica, non solo quello editoriale e commerciale. Invidiamo la loro inventiva, il loro sostanziale rispetto per le notizie, il prestigio della testata, il lettorato immenso che si è guadagnata, tutto quello che si realizza nella loro “community”, così dicono, in termini di professionalità illuminata dall’identità. L’invidia ci conduce a una modesta, gregaria, sequela. Ma vorremmo sapere che cosa faccia parte della passione civile. Comprensibile l’indignazione per le cose che non vanno, per il posto debole dei deboli nella vita della nazione, per le diseguaglianze, per la corruzione effettivamente diffusa, per l’evasione fiscale, per l’irresponsabilità delle classi dirigenti, per la volgarità infinita dei tempi, e per tante altre cose. Ma si legge nel giornale della passione civile che sarebbe un imbavagliamento della stampa vietare la diffusione di nastri registrati con testi di conversazioni che riguardano persone estranee alle indagini giudiziarie, e che la pubblicazione di riassunti giornalistici subordinata ai tempi del rinvio a giudizio sarebbe un ulteriore attentato alla libertà di stampa. Non è per citare sempre Sua Eminenza Reverendissima, però è un fatto che l’articolo 5 della Costituzione italiana, nel quale si parla di diritto alla segretezza delle comunicazioni in ogni loro forma privata, non se la passa tanto bene. E’ per così dire un tema di passione civile parecchio importante, posto che le soluzioni non entrino in conflitto con l’articolo che protegge le libertà di manifestare il pensiero e di informare che sono proprie dei giornali. Insomma sarebbe interessante capire se nei confini della passione civile di Repubblica sia o no compreso anche il rispetto per la persona. Ieri un’intervista al pm Antonio Ingroia di Palermo dava voce al diritto di intercettazione a carico di Nicola Mancino e altri, cittadini un tempo investiti della funzione di autorità politiche e istituzionali, persone indagate in ordine a una non meglio specificata “trattativa stato-mafia” perché in sospetto di falsa testimonianza al sostituto procuratore. Pare volessero concordare, Mancino e altri, una comune versione dei fatti al telefono, magari verificare “fatti” difficili da assestare tanti anni dopo, dichiarazioni che si potevano prestare ad equivoci su ex ministri (il caso di Antonio Gava, per esempio), capire l’origine e l’insidioso significato di certe tardive denunce (l’ex Guardasigilli Claudio Martelli, per esempio). Fatto sta che per il pm più amato da Repubblica, anche lui uno che vuole dare voce alle passioni civili dismettendo all’occasione la toga per qualche comizio partigiano, si sta diffondendo tra i politici, come ha detto Ingroia al giornale delle passioni civili, la cattiva abitudine di cercare scorciatoie per testimoniare la propria innocenza. Scorciatoie? Ma qui, e Mauro lo sa, siamo di fronte a lungaggini investigative che si protraggono da decenni, file di “sistemi criminali” e leaks che consentono ogni tipo di arbitrio ai danni di persone, movimenti, partiti, generali dei carabinieri che arrestarono Totò Riina per passione professionale e civile, e talvolta in Cassazione (sentenza Iacoviello su Dell’Utri) si accerta l’inesistenza del capo di reato. Insomma: passione civile, quanti delitti si commettono in tuo nome.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.