Perché facendo l'accordo con BuzzFeed il New York Times ha capito tutto

Federico Sarica

"Pensiamo che l'energia e l'orecchio fino di BuzzFeed nel capire come le storie politiche siano in grado di fare presa sulla sfera sociale costituiranno un contributo interessante e di valore alla presenza video del Times". Lo dichiara oggi Jim Roberts del New York Times a margine dello storico accordo che il giornalone americano ha stretto con BuzzFeed, testata online già da qualche tempo in prima linea per tutto quel che riguarda la viralità dei contenuti.

    "Pensiamo che l'energia e l'orecchio fino di BuzzFeed nel capire come le storie politiche siano in grado di fare presa sulla sfera sociale costituiranno un contributo interessante e di valore alla presenza video del Times". Lo dichiara oggi Jim Roberts del New York Times a margine dello storico accordo che il giornalone americano ha stretto con BuzzFeed, testata online già da qualche tempo in prima linea per tutto quel che riguarda la viralità dei contenuti (l'incredibile capacità di aggregare, selezionare e rilanciare esponenzialmente in rete qualsiasi tipo di storia e immagine, indipendentemente dall'ambito di interesse) che nel dicembre scorso si è messa in testa di far compiere alle news politiche la stessa traiettoria delle ormai celebri foto di gattini teneri e carini. Come già raccontato qualche tempo fa qui sul Foglio, lo aveva fatto assumendo come proprio editor in chief  Ben Smith di Politico.com, da qualche stagione dapprima enfant prodige e poi realtà consolidata dei new media in salsa politica. "Nulla è più virale delle notizie" aveva commentato a proposito dell'incarico a Smith, il big boss di BuzzFeed, quel John Peretti già dietro all'ideazione e alla fondazione di Huffingtonpost.com.

    Su cosa si basa l'accordo fra il New York Times e BuzzFeed? L'intenzione del Times è di affidare a Smith e alla sua redazione gran parte dei contenuti video attraverso i quali il sito del quotidiano si appresta a coprire massicciamente le convention democratica e repubblicana che faranno da preludio alle elezioni presidenziali americane del prossimo autunno. L'obiettivo è quello di generare notizie e punti di vista freschi e laterali per dare ulteriore corpo e vitalità alla già robusta "pagina" politica di TimesCast, la sezione video con cui il Times ha raccontato le scorse primarie repubblicane.

    L'assoluto valore di Ben Smith come cronista politico e come pioniere dei nuovi media non è mai stato in discussione; meno scontato – visto il momento ormai perennemente difficile del mondo editoriale e alla concorrenza agguerritissima –  sembrava il fatto che riuscisse, come poi di fatto è successo, in così poco tempo a mettere su una squadra e un impianto in grado di fare di BuzzFeed uno dei cinque/sei media irrinunciabili per comprendere e leggere fra le righe della narrazione politica a stelle e strisce. Lo storico accordo col New York Times rappresenta a tutti gli effetti il suggello di una success story al contempo solida e velocissima, in grado di produrre scoop, generare milioni di visite e conferire status sociale e politico a un sito fino all'arrivo di Smith noto in tutt'altri ambiti. "Siamo felicissimi di iniziare a lavorare con un media come il New York Times, così rispettato e così abile a comprendere e valorizzare il lavoro online dei reporter" ha commentato Ben Smith.

    Al di là del gran colpo messo a segno da Peretti, Smith e soci, il dato che può far tranquillamente definire storico l'accordo è l'apertura di credito e il tributo che decide ufficialmente di pagare un'istituzione come il Times a quello che il critico e l'esperto di media non ha mai mancato di definire un concorrente pericoloso, quando non una minaccia alla sua sopravvivenza. Da questo punto di vista, la seconda parte della dichiarazione del direttore di BuzzFeed, quella che definisce il New York Times un media attento alle realtà migliori del reporting online, è quella a cui guardare con maggior interesse. Perché, sebbene ancora nessuno sia ovviamente in grado di poter dire cosa scaturirà dall'accordo a livello contenutistico e di business model, il dato incontrovertibile a oggi è che le prime reazioni fanno registrare zero sconfitti e due vincitori: Il New York Times, che dimostra di saper stare al passo coi tempi senza concedere nulla in termini di leadership, e BuzzFeed, che da oggi ottiene una legittimazione ufficiale all'incredibile lavoro fatto fin'ora. La migliore dimostrazione che, probabilmente, la corsa alla ricerca del futuro dei giornali non è affatto un gioco a somma zero.