Generali, domani la tempesta perfetta

Michele Arnese

Il capo azienda delle Generali domani potrà essere defenestrato. L’ordine del giorno del cda del Leone parla più o meno chiaro. Si parla infatti di misure relative a due articoli del codice civile: l’articolo 2.381 e l’articolo 2.386. Il titolo del primo si riferisce a “Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati”. Il titolo del secondo è invece “Sostituzione degli amministratori”.

    Il capo azienda delle Generali domani potrà essere defenestrato. L’ordine del giorno del cda del Leone parla più o meno chiaro. Si parla infatti di misure relative a due articoli del codice civile: l’articolo 2.381 e l’articolo 2.386. Il titolo del primo si riferisce a “Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati”. Il titolo del secondo è invece “Sostituzione degli amministratori”. La metà più uno dei consiglieri delle Generali, quindi, chiedendo la convocazione del board con quell’ordine del giorno, ha un obiettivo: il cortese accompagnamento alla porta di Giovanni Perissinotto, amministratore delegato del colosso assicurativo.
    I mugugni, specie dei soci forti come Mediobanca e Unicredit ma anche di privati di peso, erano noti. Ma nelle ultime settimane si è registrato un accentuarsi della tensione tra i principali azionisti – oltre a Piazzetta Cuccia, ci sarebbero De Agostini e Caltagirone tra gli insoddisfatti – e il manager da un decennio al vertice del gruppo. Motivo del contendere? L’andamento del titolo Generali, tra i più colpiti negli ultimi mesi di turbolenze borsistiche.

    Nell’ultimo mese, l’azione del Leone ha perso il 22 per cento, che diventa il 31 per cento nell’ultimo semestre e il 45 per cento nell’ultimo anno. Il titolo con il calo di ieri (meno 0,67 per cento) è arrivato a 8,21 euro, al di sotto del valore di carico di Mediobanca, primo socio con oltre il 13 per cento. A questi livelli di prezzo, Generali fa perdere centinaia di milioni ai suoi azionisti privati, che vi hanno investito da qualche anno, ma rappresenta un problema anche per il suo storico azionista, la banca d’affari meneghina. Proprio due giorni fa Perissinotto sarebbe stato convocato da Alberto Nagel e Renato Pagliaro, rispettivamente ad e presidente di Mediobanca. Dopo Antonello Perricone in Rizzoli, riusciranno Pagliaro e Nagel a sostituire Perissinotto con Mario Greco o con un altro manager esperto del ramo?
    A rispondere di sì, da tempo, c’è l’industriale Leonardo Del Vecchio, salito dall’1,9 per cento al 3 per cento del capitale del Leone, diventando il terzo socio. Il patron di Luxottica, a fine aprile, a ridosso dell’assemblea del Leone, al Corriere della Sera ha detto: “Sono uscito dal consiglio delle Generali perché quando da assicuratori si vuole diventare finanzieri non si fa un buon servizio all’azienda”. Il riferimento a Perissinotto era puramente voluto. Ecco la sfilza di accuse di Del Vecchio, condivise da soci forti e meno forti: ci si compra l’1 per cento di una banca russa, si mettono a repentaglio oltre 2 miliardi con un altro finanziere come il ceco Kellner; e ci si impegna nell’operazione CityLife in una percentuale che nessun immobiliarista al mondo farebbe.

    Qualche osservatore malizioso potrebbefar notare: dove erano i grandi azionisti quando furono avviate quelle operazioni? Ma nelle ultime settimane ad acuire i dissapori c’è stata la convinzione a Milano (tra Mediobanca e Unicredit) che Generali fosse il partner dormiente seppure pronto a intervenire a sostegno della cordata Sator-Palladio che puntava su Fonsai, contrapponendosi al progetto Unipol caldeggiato dai vertici di Piazzetta Cuccia e Piazza Cordusio. Comunque le cronache di queste ore dicono che il problema Generali non era solo e soltanto Cesare Geronzi.