Strage delle ragazzine, come cacciare i demoni di Brindisi

Giuliano Ferrara

La bomba del muretto e la tentata strage delle ragazzine ci ricorda in che paese viviamo. Un paese feroce, in cui la bonomia del carattere lascia il posto al peggio, a uno spirito di odio e di annientamento di cui è capace la criminalità organizzata, la cosca mafiosa nelle sue diverse incarnazioni, ma non solo. Anche la risorgenza in forme embrionali di un fenomeno terroristico legato alla situazione sociale e alla politica parla dello stesso ritratto di una nazione, impossibile da capire se non si guardi alla sua storia recente.

    La bomba del muretto e la tentata strage delle ragazzine ci ricorda in che paese viviamo. Un paese feroce, in cui la bonomia del carattere lascia il posto al peggio, a uno spirito di odio e di annientamento di cui è capace la criminalità organizzata, la cosca mafiosa nelle sue diverse incarnazioni, ma non solo. Anche la risorgenza in forme embrionali di un fenomeno terroristico legato alla situazione sociale e alla politica parla dello stesso ritratto di una nazione, impossibile da capire se non si guardi alla sua storia recente. Ora è il dolore incomprensibile di un atto particolarmente spregevole e vile che ha tolto dal mondo una bambina di sedici anni e ferito e terrorizzato la scolaresca di un istituto tecnico intitolato a Giovanni Falcone e a Francesca Morvillo, un dolore incomprensibile ma da guardare in faccia, che ci riporta agli anni Settanta, all’intreccio di terrorismo e di mafia che ha già una volta trasformato l’Italia in un inferno di morte, di ossessione, di paura e di buio della ragione.

    A forza di parlare di cose concrete, di problemi della società, di mercati e di spread, di crisi della dignità del pubblico e di scandali dei partiti, quasi tutte cose ovvie in una situazione tanto scabrosa, rischiamo però di dimenticare questa dimensione violenta, selvaggia, che spesso nel nostro paese abbassa l’umanità dei mezzi in corrispondenza dell’inumanità dei fini criminali. La giovane Melissa che studiava moda e turismo a Brindisi ha lasciato la vita davanti alla sua scuola per l’esplosione di un ordigno concepito per diffondere paura e intimidazione. Paura, intimidazione, sfiducia sono quindi gli obiettivi. La caccia agli angeli da parte dei demoni è ripartita, si comincia a riscriverne la narrazione, ma l’unico serio compito civile è che il racconto si interrompa subito. Non solo per l’azione di contrasto penale e repressivo necessaria come il pane. Anche per una capacità di ascolto delle ragioni della pace civile che da noi è merce rara, precaria.

    Bisogna reagire ai fantasmi che ci agitano con severità e forza per fermare le mani che uccidono e prendono a bersaglio i bambini, cosa per certi aspetti inaudita (sebbene la scuola ebraica, con quello che è successo in passato, sia una delle sedi più protette della capitale). L’assalto ai bambini introduce in una comunità un elemento che è solo retorica spiccia chiamare infernale, ma che in realtà non ha nome: un’ombra lunga senza definizioni.

    Si cercherà di capire se una procedura simbolica legata alle lotte dei clan e alla disperazione nichilista della malavita del sud sia all’origine dell’attentato, della sua dinamica, del suo contesto. Quel che è certo fin da ora è che in un paese indebolito dalla depressione prima di tutto psicologica, gravato da una sindrome dell’ultima spiaggia che nessun atteggiamento razionale combattente si propone di spegnere, è il veicolo speciale di una risorgenza del terrore organizzato e ammaestrato agli specifici obiettivi di sempre della violenza. Abbiamo un governo spesso definito come una amministrazione commissaria incaricata dell’economia. Un governo a termine e non eletto per sua stessa definizione, e una politica in miseria in mezzo a una bolla mediatica piena di fanatismo e di disprezzo per la funzione pubblica, con tutte le note ragioni della crisi del potere politico e della stessa immagine dello stato. Bisogna che ci sia una resipiscenza di animo civile, un modo per affrontare una situazione tanto esposta al nulla con una pienezza di significato e un investimento di fiducia difficili ma decisivi.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.