Bling bling

Annalena Benini

La prima ragazza a teorizzare l’inopportunità dei gioielli veri in tempi di crisi è stata Hooly Golightly in “Colazione da Tiffany”, di Truman Capote. “Non che me ne freghi niente dei gioielli. I brillanti, sì. Ma è cafone portare brillanti prima dei quaranta, ed è anche pericoloso”. Adesso, oltre al fatto che molte signore i gioielli se li sono venduti, fa un po’ cafone anche dopo i quaranta. Non per snobismo verso il bling bling (rivalutato dopo l’onorevole uscita di scena di Nicolas Sarkozy, accompagnato da Carla Bruni vestita di stracci), ma per un nuovo senso della dismisura sfacciatamente falsa.

    La prima ragazza a teorizzare l’inopportunità dei gioielli veri in tempi di crisi è stata Hooly Golightly in “Colazione da Tiffany”, di Truman Capote. “Non che me ne freghi niente dei gioielli. I brillanti, sì. Ma è cafone portare brillanti prima dei quaranta, ed è anche pericoloso”. Adesso, oltre al fatto che molte signore i gioielli se li sono venduti, fa un po’ cafone anche dopo i quaranta. Non per snobismo verso il bling bling (rivalutato dopo l’onorevole uscita di scena di Nicolas Sarkozy, accompagnato da Carla Bruni vestita di stracci), ma per un nuovo senso della dismisura sfacciatamente falsa. Come la riga delle calze disegnata col carboncino sulle gambe nude. Come quando, durante la guerra di Secessione, Rossella O’Hara si fece un vestito sontuoso con le tende, e Rhett Butler rimase abbagliato da quel diavolo di donna e le promise “l’anello più grosso e volgare di Atlanta”. Bisogna addobbarsi come per l’incoronazione di un Tudor, ma di perle di vetro, fiori di stoffa, diamanti di plastica, con tutti i colori dell’arcobaleno, tipo albero di Natale con le lucine. Niente sarà volgare, purché sia finto. Basta con gli ori veri, con le pietre preziose, con i diamanti (se non li avete mai posseduti, meglio, altrimenti potete lasciarli là dove li avete portati, al banco dei pegni). Finalmente si segna il superamento delle prediche di Coco Chanel (prima di uscire guardatevi allo specchio e toglietevi sempre qualcosa), cose da ricchi taccagni, che chiudono in cassaforte tutto ciò che hanno e mettono le lenzuola sopra i divani per non rovinarli.  Quando non si ha niente, si può agire con molta più libertà. Quindi, prima di uscire aggiungete pure patacche ai lobi, ai polsi, alle caviglie, senza paura.

    E’ come la storia vera del boom dei rossetti in periodi di povertà: la bigiotteria pacchiana offre una istantanea gratificazione a prezzi possibili, la certezza che non si verrà scambiate per la piccola fiammiferaia (al massimo per una pazza), nonostante sotto i bracciali luccicanti i vestiti siano vecchi e bucati. Anna Wintour non ha abiti bucati, ma molta bigiotteria al collo. Miuccia Prada anche. Il Times nota che il vantaggio di questa evoluzione democratica della moda (loro dicono trend, ma qui si fa resistenza passiva al termine) consiste nella possibilità di risparmiare molto sul guardaroba: con milleottocento giri di perline di plastica intorno al collo nessuno guarderà la maglietta stinta che fa da sfondo. E le signore incaute che continuano a indossare gioielli veri e costosi diranno almeno che sono falsi (lo fanno già, da sempre, per paura dell’invidia, della richiesta di un prestito, del disappunto del marito che non aveva mai visto quel bracciale da un quintale). In un racconto pettegolo di W. Somerset Maugham, pubblicato in “Storie ciniche” (Adelphi), la giovane governante è seduta eccezionalmente a tavola con i padroni di casa e uno degli ospiti, che conosce le pietre preziose meglio di chiunque altro, le dice che ha una bellissima collana, che varrà almeno cinquantamila sterline. “Beh, è stato un buonissimo affare – risponde la governante, arrossendo – perché l’ho pagata quindici scellini”. Tutti pensano che la ragazza sia una ladra e cominciano a toccarsi il collo, a pensare al portagioie in camera da letto, a immaginare arresti e poliziotti, invece si è trattato di uno scambio fortuito di collane, che cambia per sempre e scandalosamente la vita della governante. Mentre i gioielli veri trascinano sempre con sé un po’ di timidezza (paura di perderli, di farseli rubare, di non esserne all’altezza), quelli finti regalano una sfacciataggine che porta fortuna.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.