French Love

Come gli americani guardano alla nuova coppia presidenziale di Francia

Annalena Benini

Gli americani si stanno chiedendo se avere una vita privata complicata sia un requisito fondamentale per diventare presidente della Repubblica francese. Se sia necessario non essersi mai sposati, o averlo fatto molte volte, essere stati traditi, lasciati, ripresi, avere tradito e lasciato, meglio se durante una campagna elettorale.

    Gli americani si stanno chiedendo se avere una vita privata complicata sia un requisito fondamentale per diventare presidente della Repubblica francese. Se sia necessario non essersi mai sposati, o averlo fatto molte volte, essere stati traditi, lasciati, ripresi, avere tradito e lasciato, meglio se durante una campagna elettorale.

    Già nel 2008 Maureen Dowd sul New York Times provava a immaginare la reazione americana a una first lady che si fosse definita una mangiauomini poligamica, amante di Mick Jagger ed Eric Clapton, fra gli altri, e con un figlio da un filosofo sposato, che aveva incontrato quando aveva una storia col padre di lui. E adesso che la nuova première dame tecnicamente non è affatto dame perché non è sposata con Hollande (un problema di protocollo per l’accompagnamento nelle visite ufficiali), e anzi porta il cognome del marito da cui ha divorziato, di nuovo l’America si incuriosisce, invidia, commenta, osserva con un’aria da vecchia zia (ma non acida, stupita) la disinvoltura dell’amore e del disamore, che se ne infischiano delle questioni di forma presidenziale. Guarda incredula i due baci sulle guance che si sono scambiati sul palco della vittoria Ségolène Royal e François Hollande: sono due ex coniugi, anche se Pacs, hanno quattro figli insieme, quando Ségolène lottava per la presidenza Hollande la tradiva con l’attuale first lady e a nessuno sembrava sconvolgente; nel frattempo Nicolas Sarkozy veniva lasciato da Cécilia per un pubblicitario, volava a New York da lui, Sarkozy dichiarava pubblicamente il suo struggimento, lei tornava, festeggiava con lui la vittoria con addosso un paio di blue jeans.

    In America, scrive l’Atlantic, dove si sviene anche se Hillary Clinton si mostra senza trucco, il codice puritano impone che le vite complicate si svolgano di nascosto, dietro le tendine ricamate di un perfetto matrimonio borghese. Non è ammissibile nemmeno che la first lady francese (first lady nel ruolo, non nel nome) sia una giornalista divorziata due volte e intenzionata a continuare la sua carriera, a mantenere i tre figli, che risponde “sono fatti privati” alla domanda: ma vi sposerete?

    In America le first lady organizzano corse nei sacchi, in Francia decidono di non sposarsi per la terza volta, oppure sì, ma è un fatto secondario. Prima l’amore. Nel caso di Hollande, prima il disamore, come scrive Maureen Dowd, poi l’amore, con “La vie en rose” che domenica notte suonava per loro, e Hollande che offriva a Valérie, “l’amore della mia vita”, un bouquet di rose rosse. Era quasi più adatta, al senso americano per la forma, la figura di Dominique Strauss-Kahn, naturalmente prima degli scandali: sospettabile di qualunque debolezza, ma sposato da più di vent’anni. Gli americani sono abituati agli scandali, ma non al fatto che qualcosa come un matrimonio mancato non faccia nessuno scandalo. E si stupiscono ancora che, mentre si decidono i destini di un paese, l’amore e il disamore vadano rilassati per la loro strada.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.