Effetto referendum sardo: il presidente tamponato, i consiglieri regionali senza stipendio, le province nel caos

Diana Zuncheddu

Come in un film di Fantozzi, colui che doveva tradurre in realtà i referendum votati domenica, quelli che in un colpo solo hanno cancellato quattro nuove province e probabilmente altre quattro, totale: otto, in Consiglio regionale non ci è mai arrivato. Tamponamento. Auto contro auto e sbàm, il presidente della regione non c'è.

    Come in un film di Fantozzi, colui che doveva tradurre in realtà i referendum votati domenica, quelli che in un colpo solo hanno cancellato quattro nuove province e probabilmente altre quattro, totale: otto, in Consiglio regionale non ci è mai arrivato. Tamponamento. Auto contro auto e sbàm, il presidente della regione non c'è.
    Va quindi deserto il Consiglio più importante degli ultimi decenni, quello che doveva nominare i quattro commissari delle quattro province abolite via referendum, quello che doveva trovare un modo per risistemare enti oggi giuridicamente inesistenti ma responsabili di strade, scuole, prefetture e rapporti ancora in vita (personale, mutui, fornitori, pagamenti, eccetera). Tutto fermo. Il presidente Ugo Cappellacci era sulla sua Bmw alle 10 del mattino, diretto al Palazzo della regione, ma lo hanno tamponato, e come fosse a scuola più che in un film ha mandato un certificato medico: prognosi di dieci giorni, esigenza di collarino. Così in Consiglio e fuori quasi tutti i partiti, dal Pd a Sel ai sardisti di ogni sigla e grado ne hanno chiesto le dimissioni, causa Consiglio regionale in ostaggio di un presidente “troppo cagionevole di salute” (negli ultimi tempi aveva avuto tre collassi. Stress, pare la causa scatenante).
    Nel caos più totale a dimettersi davvero, compiendo il beau geste che per ora è rimasto isolato, è stato il presidente della provincia di Carbonia Tore Cherchi. Da politico navigato quale è ha subito eseguito quel che il popolo gli ha comandato, mentre il suo omologo Fulvio Tocco, Medio Campidano, quello famoso su YouTube per aver giustificato le spese della sua provincia con la coltura del “melone in asciutto” tipica della Marmilla, ha informato tutti che ci sta pensando anche lui. Chiusi ognuno nella sua stanza affollata di tomi polverosi, siedono invece quattro giuristi di altissimo livello, Gianni Contu, Benedetto Ballero, Pietro Ciarlo e Andrea Deffenu. Sono esperti di diritto amministrativo e costituzionale e dovranno scrivere alla regione commi e articoli per uscire velocemente dal vuoto improvviso (di province e di leggi). Il punto è che, abrogate le quattro province nuove, quelle vecchie non possono ridiventare grandi, includendo i vecchi territori di competenza. Tutta la definizione geografica dei poteri è saltata. Una delle ipotesi è quella di lasciar scadere i Consigli delle province storiche e poi abolire pure quelle (in questo senso si sono espressi i cittadini su uno dei cinque referendum consultivi). E' meno urgente rendere lettera viva anche i voti sugli altri quesiti, almeno per riscrivere lo Statuto sardo o organizzare le primarie. I consiglieri regionali potrebbero invece rimanere da subito senza stipendio. Uno dei referendum abrogativi ha infatti cancellato la legge che stabiliva quanto si dovessero pagare gli onorevoli sardi. Sel e Api insieme firmano quindi la fuga in avanti: “Lavoriamo senza stipendio fino a fine legislatura”. Se così fosse, ma mai sarà, allora altro che Fantozzi.