Davigo vola alto ma poi dice la separazione delle carriere è roba da P2

Guido Vitiello

Si vola alto nell’ultimo libro di Piercamillo Davigo, “Processo all’italiana” (Laterza), scritto con il giornalista Leo Sisti. Basta scorrere l’indice analitico: per arrivare ad Alfano, Angelino bisogna passare per Agostino da Ippona, santo, e Alessandro Magno. Non si approda a Berlusconi, famiglia, senza prima aver incontrato Bacon, Francis e Barabba. Costanzo, imperatore, precede Costanzo, Maurizio. Gesù Cristo fa luce tra Gelli e Ghedini, alleluia.

    Si vola alto nell’ultimo libro di Piercamillo Davigo, “Processo all’italiana” (Laterza), scritto con il giornalista Leo Sisti. Basta scorrere l’indice analitico: per arrivare ad Alfano, Angelino bisogna passare per Agostino da Ippona, santo, e Alessandro Magno. Non si approda a Berlusconi, famiglia, senza prima aver incontrato Bacon, Francis e Barabba. Costanzo, imperatore, precede Costanzo, Maurizio. Gesù Cristo fa luce tra Gelli e Ghedini, alleluia. Si vede bene come questa eletta compagnia possa solleticare gli istinti più nobili del polemista, e spingerlo a immaginare un “Contra Piercamillum” sul calco del libello che Origene, padre della chiesa, indirizzò a Celso, filosofo pagano. E d’altro canto Davigo è un magistrato a cui tutti, anche i detrattori o gli avversari ideologici, riconoscono competenza, sottigliezza e grande cultura giuridica.

    Magari potranno non piacere le periodiche incursioni sul divanetto della Dandini, così frequenti che ormai Davigo ha messo insieme un suo repertorio da showman e un buon numero di tormentoni (i magistrati predatori che migliorano la specie predata dei corrotti; i tre gradi di giudizio per un biglietto falsificato della metropolitana; il dialoghetto sillogistico “tutti rubano”, “lei ruba?”, “no”, “e allora siamo in due”), ma in questo caso il problema non è di Davigo, che fa coerentemente la sua parte di magistrato moderato e un po’ perbenista, è di quella sinistra ingaglioffita che pende dalle sue labbra anche quando paragona la funzione rieducativa della pena agli schiaffoni ricevuti dal babbo a cinque anni (“così impari!”). Magari potrà non piacere, a noialtri garantisti, che Davigo infiocchetti certe sue sortite – spesso rigorose fino alla spietatezza – con citazioni di Sciascia o di Salvatore Satta, ma bando a queste gelosie piccine, un “Contra Piercamillum” va fatto come si deve, e la prima regola del buon apologista è in fin dei conti la stessa della boxe: niente colpi sotto la cintura.
    Poi però il polemista-boxeur dall’indice analitico risale all’indice generale dell’opera, trova un paragrafo intitolato “Separazione delle carriere”, corre tutto speranzoso a pagina 48 pronto a salire sul ring e sfoderare il meglio di alcuni secoli di cultura liberale, e cosa trova? Ecco cosa trova: “La separazione delle carriere ha un padre, che l’ha sempre rivendicata come personale copyright: Licio Gelli, fondatore della loggia massonica P2. E’ stato lui a lanciare questo disegno, codificandolo nel suo ‘piano di rinascita democratica’. Il ‘piano’ è stato scoperto nel 1982. Tutto merito della procura di Milano”. E no, così proprio non va, l’arbitro suoni il gong. Finché ad assestare questi colpi bassi erano giornalisti, comici e politici di quella compagnia di giro che coltiva il suo orticello di rancori fin dal 1992, passi pure. C’eravamo un poco allarmati, semmai, quando a tirare in ballo la P2 era stato l’illustre professor Cordero, ma d’altro canto non c’è erudizione che tenga quando la mente è prigioniera di un’ossessione, e il rodimento dei chierici fa più danni del loro tradimento.

    Perfino noi, quasi digiuni di diritto, sappiamo che tagliar corto su una seria questione istituzionale con un’allusione cospiratoria è un colpo basso, e piuttosto che controbattere assestando sotto la cintola il solito “Anche Falcone era a favore” preferiamo gettare la spugna. Meglio pescare, dall’indice analitico di Davigo, un altro nome: Pisapia, Gian Domenico. Ecco, il Dottor Sottile del pool potrebbe riaprire il libro “In attesa di giustizia” (Guerini e Associati), che Pisapia, Giuliano, figlio di Gian Domenico, ha scritto con Carlo Nordio, e andare a pagina 153, paragrafo “Separazione delle carriere”: “Sbaglia, o non conosce la materia, chi sostiene che l’obiettivo sia quello di indebolire, se non addirittura cancellare, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura; mentre è in mala fede chi fa risalire tale proposta a Licio Gelli o alla P2, accusando gli attuali sostenitori della separazione delle carriere di portare avanti il programma della loggia massonica segreta. Da uomo di sinistra mi è difficile capire perché si è lasciata al centrodestra una simile battaglia, sostenuta, in passato, dai più autorevoli giuristi democratici”.
    Ecco, nel campo dell’argomentazione dovrebbe valere la stessa legge di selezione naturale dei predatori e dei predati: a difender bene le proprie tesi si migliorano le rispettive specie. Noi garantisti non pelosi, ma certo un po’ ispidi, non aspettiamo di meglio che poter compiere questo bel salto evolutivo.