Hastings, o il giornalismo di qualità ai tempi del social publishing

Federico Sarica

"Il Social publishing è il futuro del giornalismo, o comunque una grossa fetta del suo futuro. A BuzzFeed sarò in prima linea e al centro di quel mondo e avrò la possibilità di far parte di un media che sta esplorando un nuovo terreno giornalistico, cercando e trovando modi freschi e innovativi per raccontare una storia".

    "Il Social publishing è il futuro del giornalismo, o comunque una grossa fetta del suo futuro. A BuzzFeed sarò in prima linea e al centro di quel mondo e avrò la possibilità di far parte di un media che sta esplorando un nuovo terreno giornalistico, cercando e trovando modi freschi e innovativi per raccontare una storia". E quando a dirlo è un reporter americano di razza, giovane ma già affermato – con all'attivo svariati reportage di guerra e un'inchiesta che due anni fa provocò la rimozione del generale Stanley McChrystal, allora a capo delle forze Nato in Afghanistan – la notizia è di quelle destinate a rimanere scolpite nella schizofrenica tabella di marcia della repentina e ormai celebre fase di trasformazione che sta travolgendo il mondo dei media. Il cronista in questione si chiama Michael Hastings, ha trentadue anni, è stato collaboratore dell'edizione americana di Gq e redattore del settimanale Newsweek, per poi passare a Rolling Stone America, dove si trovava quando è stato cercato da Ben Smith, il giornalista di Politico da poco chiamato a dirigere BuzzFeed, progetto mediatico di cui abbiamo già scritto: una sorta di superblog noto per la sua tendenza a diffondere e produrre contenuti leggeri ma adattissimi a volare sui social media che ha deciso di applicare lo stesso modello a quello che il suo fondatore ha definito una delle cose potenzialmente più virali per la rete: le notizie e le storie giornalistiche.

    Ed è di storie e di notizie che si è sempre occupato Hastings, chiamato dal nuovo datore di lavoro per coprire la corsa elettorale di Obama. Hastings si è fatto notare per i reportage di guerra pubblicati su Newsweek di cui è stato corrispondente dal 2005 al 2007, anno in cui fu protagonista di un episodio personale molto triste: la scomparsa in Afghanistan della fidanzata Andrea Parhamovich, impiegata del National Democratic Institute. La Parhamovich si trovava a Baghdad per insegnare fondamenti di democrazia alla popolazione locale quando il convoglio su cui viaggiava fu oggetto di un agguato armato letale; sulla vicenda Hastings ha scritto un libro struggente e molto noto, intitolato "I Lost My Love in Baghdad: A Modern War Story".

    Ma è stato nel 2010 che i riflettori del giornalismo e della politica mondiali si sono definitivamente accesi su Hastings: trovatosi al seguito del Generale McChrystal e del suo staff, fermi a Parigi per via dell'eruzione del vulcano islandese dal nome impronunciabile, Michael riuscì a scucire e riportare su Rolling Stone una serie di rivelazioni fuori dai denti e un tantino narcisistiche sulla presunta malagestione delle operazioni mediorientali da parte della Casa Bianca; dichiarazioni che finirono col costare posto e probabilmente carriera all'alto graduato. Uno scoop in piena regola quello di Hastings, da cui il reporter è poi partito per dare alle stampe un libro, The Operators, che il celebre editorialista americano Frank Rich ha definito: "Un notevole pezzo di giornalismo da parte di un outsider che sembra saperne molto di più di tanti noti insider di Washington".

    Ma come tutto questo – lunghi reportage di guerra, scoop articolati, saggi approfonditi – si coniuga con la velocità e l'immediatezza della rete? In modo del tutto naturale sostengono dalle parti di BuzzFeed, dove la presunta dualità fra giornalismo di qualità e viralità delle notizie non è affatto presa in considerazione, come sottolineano le parole di Smith: "Hastings è uno dei migliori reporter della sua generazione e siamo felici di vederlo aggiungersi a un team di giornalismo politico nativo digitale il cui focus sono le notizie e il reportage rivelatorio e originale".