Costruire ovvero crescere

Serve un patto tra stato, privati e banche sulle grandi opere

Michele Arnese

Solo con un patto di sistema fra stato, privati e fondazioni bancarie, e con l’apporto se possibile dei fondi sovrani, l’Italia riuscirà a dotarsi delle grandi opere indispensabili.
Mario Ciaccia, viceministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, in una conversazione con il Foglio traccia per la prima volta, da quando ha lasciato Intesa Sanpaolo per seguire l’ex manager e banchiere Corrado Passera nel governo Monti, un programma di lavoro per i prossimi mesi.

    Solo con un patto di sistema fra stato, privati e fondazioni bancarie, e con l’apporto se possibile dei fondi sovrani, l’Italia riuscirà a dotarsi delle grandi opere indispensabili. Mario Ciaccia, viceministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture, in una conversazione con il Foglio traccia per la prima volta, da quando ha lasciato Intesa Sanpaolo per seguire l’ex manager e banchiere Corrado Passera nel governo Monti, un programma di lavoro per i prossimi mesi. O per i prossimi anni? Chissà. Di partiti e del futuro politico, il magistrato contabile e manager che per il Corriere della Sera era “unfit” per la carica di viceministro, non parla.

    Parliamo allora del problema dei problemi: le risorse. Ci sono o non ci sono i fondi per realizzare le opere strategiche previste dai precedenti governi? “Certamente per realizzare il poderoso piano di infrastrutture di cui ha bisogno il paese la necessità finanziaria è enorme – risponde il viceministro – Si può pensare a una spesa di 300 miliardi in dieci anni”. Ma ci sono tutti questi miliardi? “Un attimo. Per effetto delle due ultime delibere Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr), si può stimare un’attivazione di risorse per investimenti per circa 20 miliardi. Vogliamo andare avanti su questo fronte, perché per noi costruire infrastrutture significa fare sviluppo. Infatti ulteriori opere  per oltre 20 miliardi saranno realizzate entro un triennio nei settori aeroportuale e autostradale”. Però in questo caso sono fondi anche privati. “Certo, l’impegno complessivo del prossimo triennio comporterà una spesa, tra pubblico e privato, per oltre 40 miliardi. Sarà una spesa capace di generare un forte fatturato diretto, indiretto e indotto. Per questo abbiamo introdotto i project bond, uno strumento innovativo per garantire risorse finanziarie private durante tutte le fasi di realizzazione delle infrastrutture”.

    Andiamo sul concreto. Il Ponte sullo Stretto rientra nei vostri programmi sì o no? “E’ una decisione che, anche con il concorso del ministero dell’Ambiente, il governo potrà prendere nel giro di un mese – dice Ciaccia – Il programma delle infrastrutture strategiche, dopo oltre dieci anni dalla legge Obiettivo, ha stratificato, sopra un nucleo originario di infrastrutture, un coacervo eterogeneo di opere con una previsione di spesa meramente programmatica e non coperta”. Quindi da dove arriveranno i fondi? “Nella fase di scarsità di risorse in cui ci troviamo, dobbiamo tenere conto delle priorità, che sono le opere inserite nei corridoi europei che attraversano il nostro paese. Su queste infrastrutture contiamo di avere un maggiore  contributo finanziario dall’Europa, come nel caso della Tav Torino-Lione, dove auspichiamo che la Commissione europea destini all’opera il massimo cofinanziamento possibile, pari al 40 per cento della somma complessiva”.

    Non basta però la Torino-Lione, l’Italia sconta ritardi nella dotazione delle grandi opere. “Vero. Il nostro gap infrastrutturale è molto alto. Le diagnosi sono pressoché univoche e vanno dai difetti della programmazione all’incertezza normativa e regolatoria; dall’incapacità di attrarre i capitali privati, a una non chiara attribuzione di competenze ai diversi livelli decisionali e istituzionali; dalla debolezza del ruolo della valutazione alla farraginosità delle procedure”.

    Le diagnosi di tutti i governi sono sempre state chiare, le prognosi molto meno. “Con il decreto salva-Italia sono stati messi in sicurezza i conti pubblici e adottata una prima serie di misure mirate nell’emergenza al rilancio degli investimenti attraverso la semplificazione delle procedure e la predisposizione di strumenti per l’attrazione del capitale di rischio. Con le due delibere Cipe approvate nelle scorse settimane, come si legge anche nel dossier sui 100 giorni del governo presentato ieri dalla presidenza del Consiglio, abbiamo sbloccato 20 miliardi di euro che, oltre alle infrastrutture, finanziano interventi per l’edilizia abitativa e scolastica, e il contrasto del  rischio idro-geologico”.

    Da dove avete scovato questi fondi? “Innanzitutto sono risorse certe e immediatamente disponibili. Poi conta il metodo di lavoro: abbiamo costituito un apposito nucleo di esperti, che ogni giorno lavora per reperire risorse, intervenire su eventuali problemi e blocchi delle procedure, accelerare il più possibile i tempi. I tempi di progettazione e cantierabilità di una grande opera sono lunghi, e dunque cerchiamo di portare efficienza nelle procedure”.

    A un recente seminario organizzato dalle fondazioni Astrid, Italiadecide e ResPublica, ha accennato che vuole attirare in Italia i fondi sovrani. Vero? “Può essere un’opzione – risponde Ciaccia – I fondi sovrani hanno disponibilità e interesse a entrare anche in Italia per diversificare i loro investimenti”. In un sistema industriale come il nostro, i fondi sovrani possono intervenire in modo indiretto. Occorre quindi uno strumento finanziario che sia in grado di attrarre i capitali dall’estero e che al tempo stesso sia funzionale per le nostre imprese”.

    A che cosa si riferisce? “Innanzitutto al fatto che serve un quadro di certezze che possa essere fortemente attrattivo anche per i fondi sovrani. In questo modo potremmo reperire e concentrare nuove risorse su un settore, come quello infrastrutturale, che non è delocalizzabile. Inoltre l’investimento di fondi sovrani genererebbe un effetto positivo su tutto il nostro sistema economico, rafforzando il senso di fiducia dei mercati nei confronti dell’Italia”.

    E i fondi sovrani entrerebbero in un paese in cui l’incertezza normativa vige sovrana? “Per questo è necessario introdurre specifiche regole favorevoli agli investimenti di lungo termine”. Per Ciaccia, servono “particolari disposizioni sui fondi azionari, su obbligazioni di progetto, nonché su nuovi incentivi. Occorre assicurare l’invarianza del quadro regolatorio”.  Quello della certezza delle regole nel tempo è, per il viceministro, “una delle pre condizioni fondamentali per assicurarsi l’apporto del capitale privato. Il problema da risolvere è come stabilire l’obbligatorietà della normativa in vigore al momento dell’aggiudicazione del contratto d’appalto, anche nel caso in cui normative successive modifichino il quadro regolatorio”.

    Ciaccia ipotizza una sorta di “legge rinforzata” che, “come ritengono  i  costituzionalisti, sarebbe in grado di assicurare un risultato sicuro”. Legge rafforzata per decreto? “Valuteremo lo strumento più adatto, quello di cui sono convinto è che questa proposta troverà ampio consenso tra le forze politiche”.

    “Se vogliamo davvero cambiare la politica infrastrutturale del paese – conclude Ciaccia – serve una grande alleanza che deve vedere assieme sistema finanziario, imprese, Cassa depositi e prestiti e le fondazioni di origine bancaria”.