Il compagno Borrelli secondo CDB

Alessandra Sardoni

“Non so, all’epoca ero un ragazzo”, glissa Dario Franceschini che nel ’92 aveva trentaquattro anni. Meglio immaturi che stritolati tra la fedeltà all’editore di Repubblica, quotidiano cui da sempre il capogruppo del Pd è molto sensibile e quella all’amalgama con gli ex ds. L’argomento anagrafico la dice lunga sull’imbarazzo che circonda, a sinistra, la clamorosa rilettura della stagione di Mani Pulite by Carlo De Benedetti.

    “Non so, all’epoca ero un ragazzo”, glissa Dario Franceschini che nel ’92 aveva trentaquattro anni. Meglio immaturi che stritolati tra la fedeltà all’editore di Repubblica, quotidiano cui da sempre il capogruppo del Pd è molto sensibile e quella all’amalgama con gli ex ds. L’argomento anagrafico la dice lunga sull’imbarazzo che circonda, a sinistra, la clamorosa rilettura della stagione di Mani Pulite by Carlo De Benedetti. “In quell’operazione certamente il Pci è stato protetto perché sia Borrelli che D’Ambrosio volevano distruggere un sistema di potere, non tutti i partiti, non la politica”, ha dichiarato CDB a Marco Damilano, giornalista dell’Espresso, nel saggio Laterza, “Eutanasia di un potere”. La revisione della lectio tradizionale, negazione di qualsiasi disegno politico della procura di Milano e sostegno implicito alla tesi della diversità della sinistra, ha colto alla sprovvista il direttore di Repubblica Ezio Mauro e, raccontano gli insider, lo avrebbe irritato. Di sicuro ha messo in subbuglio un mondo – da Scalfari a MicroMega, da Repubblica all’Espresso all’associazione Libertà e Giustizia – che dalla caduta di Berlusconi in poi si rivela sempre meno compatto. E che tuttavia sul dossier Tangentopoli, alla vigilia della grande riflessione collettiva prevista per i vent’anni dall’arresto di Mario Chiesa, è per ora silenzioso. Fa eccezione Marco Travaglio, firma del Fatto e di MicroMega, la rivista filosofica del gruppo Espresso.

    “Quella di CDB è una lettura infondata”, dice al Foglio. “La prova è che fra i primi arrestati ci sono diverse personalità del Pci-Pds milanese. Vero è che i leader, Occhetto e D’Alema, sono stati fortunati: primo perché Greganti è stato in carcere sei mesi e si è preso le colpe, secondo perché non operavano a Milano, ma a Roma e Mani pulite era concentrata su un sistema di tangenti e di potere milanesi. Quanto a Enimont in cui erano coinvolti tutti i partiti senza eccezioni, la valigetta di Gardini arrivò a Botteghe Oscure, ma Gardini si è ucciso e non ha potuto dire a chi l’avesse consegnata”. Non protetti ma fortunati i vertici del Pds: è la tesi di Travaglio. “I pm milanesi non avevano alcun progetto politico, li conosco e indagarono su tutti”. Bruno Manfellotto, direttore dell’Espresso, tenta una mediazione fra ortodossia e rivisitazione: “Non credo che il Pci sia stato coperto dalla procura di Milano, credo però che ci sia stato nei confronti di quel partito un maggiore rispetto per il modo in cui si era comportato. La partecipazione al finanziamento illecito e il costume politico dei suoi dirigenti erano diversi”. Per Antonio Polito all’epoca di stanza a Rep, l’editore ha ragione: “Che il Pci abbia avuto un trattamento diverso è fuori discussione”, osserva, “ma non perché puntassero sul Pci o Pds per il dopo. Se i giudici fossero stati così politicamente accorti non avrebbero scelto un partito in disarmo. La verità è che i pm si convinsero che il sistema tangentizio del Pci-Pds era veniale, che si svolgeva in maniera collettiva”.

    “Non seguo certe persone” taglia corto Massimo D’Alema solo a sentir pronunciare il nome di De Benedetti con cui i rapporti sono gelidi dal tempo della Bicamerale. “Il Pd protetto dai giudici? Non mi risulta proprio”, dice Pier Luigi Bersani. Anche Walter Verini, fedelissimo di Veltroni, il leader più in sintonia con il mondo di Rep., molla CDB e salva la diversità: “De Benedetti sbaglia, quel sistema di potere era prevalentemente Dc-Psi, peraltro entrambi già sul viale del tramonto. Il Pci non ne faceva parte nello stesso modo ed era stato più attento a mettersi in sintonia con i cambiamenti della storia”. L’autocorrezione di CDB piace semmai ai non-Ds. Pierluigi Castagnetti gli dà ragione e basta, Paolo Gentiloni con cautela: “Mani pulite non fu un’inchiesta sui partiti, ma su un sistema di potere nei suoi intrecci con il governo e con Milano, e questa direzione ha lasciato ai margini il Pci”, osserva. “Bisogna distinguere tra la consapevolezza delle conseguenze e l’intenzione”, è l’analisi più affilata di Arturo Parisi. “E per quanto l’azione dei magistrati di Milano sia stata imperfetta, la loro azione si svolse nelle regole. Se CDB svolge ora la sua analisi è perché di queste cose è più facile parlare al passato. Anche perché per queste cose il passato fa fatica a passare specie quando sono ancora in campo soggetti che di quel passato vengono considerati dei continuatori”.