Si fa ma non si dice

Così la maggioranza tripartita prepara il suo “golpe”

Salvatore Merlo

Si fa, ma non si dice. Ci si incontra, ma si smentisce. Tutto avviene nei corridoi laterali della Camera e se c'è un angolo buio ecco che in fondo in fondo, nascosti e circospetti, si ritrovano Fabrizio Cicchitto, Dario Franceschini e Pier Ferdinando Casini. Il Palazzo è in movimento, Pd, Pdl e Udc parlottano sottovoce, la politica si è rimessa in moto, eppure sono soltanto ombre, manovre furtive, nulla di ciò che avviene in queste ore in Parlamento – e a Palazzo Chigi – ha la chiarezza della superficie.

    Si fa, ma non si dice. Ci si incontra, ma si smentisce. Tutto avviene nei corridoi laterali della Camera e se c'è un angolo buio ecco che in fondo in fondo, nascosti e circospetti, si ritrovano Fabrizio Cicchitto, Dario Franceschini e Pier Ferdinando Casini. Il Palazzo è in movimento, Pd, Pdl e Udc parlottano sottovoce, la politica si è rimessa in moto, eppure sono soltanto ombre, manovre furtive, nulla di ciò che avviene in queste ore in Parlamento – e a Palazzo Chigi – ha la chiarezza della superficie; e dunque gli accordi non si annunciano e non si declamano, sono fruscii: gli emendamenti alla manovra, la riforma della legge elettorale, e poi ovviamente le nomine alla Rai (il Tg1).
    I tre partiti che sostengono il governo di Mario Monti stanno scrivendo insieme gli emendamenti alla manovra economica (aumenteranno la tassa sui capitali scudati, per alleviare il peso dell'Ici). Ieri si sono incontrati in segreto i capigruppo, martedì si erano incontrati i vicecapigruppo, mentre gli ambasciatori, che si chiamano Massimo Corsaro (per il Pdl) e Roberto Rao e Ferdinando Adornato (per l'Udc) si telefonano, si strizzano l'occhio, e già utilizzano un codice che è soltanto loro. E c'è qualcosa di sorprendente e inquietante nelle continue allusioni: nell'ombra si fa ciò di cui ci si vergognerebbe a cielo aperto, e dunque la politica nell'ombra è sempre un po' torbida anche quando di torbido, come in questo caso, non c'è nulla. E' stato Mario Monti (con il suo Gianni Letta, che si chiama Antonio Catricalà e che con Letta condivide più di una semplice affinità caratteriale) a chiedere collaborazione fra Pdl, Pd e Udc, ma sono stati Alfano, Bersani e Casini ad avere adattato i negoziati sulla manovra (e quelli appena cominciati sulla legge elettorale) a uno stile carbonaro.

    Roberto Maroni, che osserva e sospetta di tutti,
    dice che “qui c'è un vero progetto di riorganizzazione della politica. Questo non è solo un governo di tregua, una soluzione tecnica”. E alla fine anche nel Pdl delle mezze frasi sussurrate si trova qualcuno disposto ad ammetterlo. “La forza delle cose porta alla contaminazione”, dice Andrea Augello, senatore del Pdl ed ex sottosegretario di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere ha dato il via: “Ora bisogna discutere della riforma elettorale”, con chiunque ci sta. Ed è un invito ampio e volutamente vago, all'Udc (corteggiata dai Gaetano Quagliariello e dai Fabrizio Cicchitto), al Pd (con il quale parla Alfano) e persino alla Lega (avvicinata da Roberto Formigoni). Berlusconi vuole trattare con tutti, e dunque ascolta tutti i suoi ambasciatori inviati alle corti straniere e non esclude nessuna soluzione: si è convinto di non avere sbagliato nell'aver scelto Monti anziché il voto anticipato; così adesso prepara, anche lui nell'ombra (di Alfano), la “sua” seconda fase. Il lavoro comune sulla manovra economica è solo l'inizio: la maggioranza politica che sostiene il governo Monti, lentamente, finirà con l'emergere; e gli accordi subacquei, lontani dagli occhi di Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, potranno anche concludersi in superficie. Casini ha già avanzato la sua proposta: modello tedesco, con uno sbarramento molto alto. Adornato ne ha parlato direttamente con Cicchitto, e la cosa – ovviamente – piace a Massimo D'Alema (ma non a Ignazio La Russa). E' certo tutto molto disordinato, ancora evanescente: fruscii, appunto.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.