Scene di vita grama nei talk-show ai tempi del governo del Preside

Marianna Rizzini

Redattori che si ritrovano senza agenda (“i nuovi ministri hanno ascoltato Aldo Grasso e non vanno in tv”, scherza un collaboratore Rai). Redattori che devono “buttarsi sugli esteri, ma poi devi pure spiegare chi sono i Fratelli musulmani”, dice amaro un autore Rai. Conduttori che improvvisamente devono “far reagire in studio due opposti economisti sconosciuti”, fa notare un redattore di La7.

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    Redattori che si ritrovano senza agenda (“i nuovi ministri hanno ascoltato Aldo Grasso e non vanno in tv”, scherza un collaboratore Rai). Redattori che devono “buttarsi sugli esteri, ma poi devi pure spiegare chi sono i Fratelli musulmani”, dice amaro un autore Rai. Conduttori che improvvisamente devono “far reagire in studio due opposti economisti sconosciuti”, fa notare un redattore di La7. Autori che prima andavano in automatico e ora pensano che “toccherà fiondarsi su Finmeccanica o su Corrado Passera”, dice un insider di Michele Santoro. Poi ci sono gli ex ospiti televisivi che non sapevano a chi dare i resti – una sera da Bruno Vespa una sera da Giovanni Floris una sera da Lilli Gruber una sera da Alessio Vinci – e ora sono costretti alla serata libera. Sono retroscena da talk-show politico o approfondimento ai tempi del governo Monti.

    Enrico Mentana, però, dice che “è come parlare di eredità con il nonno appena morto, e non si sa neanche se è morto. Abbiamo già vissuto stagioni simili e non è detto che tecnico, in tv, sia sinonimo di soporifero: ricordo il dibattito sul nucleare tra i fisici Edoardo Amaldi e Gianni Mattioli, venticinque anni fa”. Dopodiché, dice Mentana, “la neutralizzazione” della politica “porta con sé anche la neutralizzazione dello scontro giornalistico. Magari è più divertente avere in studio la Santanchè della Cancellieri, ma solo in una logica da tricoteuse o da Colosseo. Vergognoso sarebbe piuttosto l'horror vacui perché in studio non c'è Giorgio Stracquadanio”.

    Non c'è Stracquadanio, non ci sono più telefonate del premier da ricevere, non ci sono Ignazi La Russa tuonanti – e anzi Ignazio La Russa, l'altra sera, a “In onda”, è apparso “talmente rabbonito da risultare persino ascoltabile”, dice un osservatore esterno (per non dire del La Russa sorridente intervistato da Maurizio Crozza che lo strapazza al grido di “La Russa almeno mi dà la battuta visto che al governo non ha dato un cazzo”). Bruno Vespa invece sorride sulla prospettiva “della dieta di politica dopo l'abbuffata”, si prepara a puntate su Fiorello, delitti o altro (“questa settimana”, dice, “faremo solo una puntata di politica”) e promette interventi “su singoli problemi”: “Non si può certo fare ‘Lega nord contro resto del mondo'”, dice. Gad Lerner, dopo stagioni in cui sovente appariva, all'Infedele, l'argomento “corpo delle donne”, invita a rileggere un suo pezzo uscito su Vanity Fair a fine agosto. Il tema, dice Lerner, era “la moratoria degli incompetenti in tv, e io l'ho già applicata”. Dal fronte opposto, pure Gianluigi Paragone (“L'Ultima parola”, RaiDue) si sente precursore di approfondimenti senza politico da ring: “Sono uscito da questo schema all'inizio dell'anno e sono fatti che non mi riguardano”, dice.

    Nella “Piazzapulita” di Corrado Formigli, su La7, si erano già posti come obiettivo “un parterre rinnovato e l'attenzione all'esterno” più che al Palazzo, tanto più che sul blog gli spettatori si mostravano stufi dei soliti faccioni, ma certo, fosse possibile, ospiterebbero volentieri, per dire, un confronto Elsa Fornero-Pd. “Ora tocca lavorare di più su scalette e ospiti”, dice un redattore di un programma Rai convinto che “tutti gli approfondimenti politici perderanno ascolto, e non è un male: sarà una sorta di quaresima, la rieducazione di un pubblico diseducato” – intanto è successo a Santoro, di perdere ascolto. Al Tg3, dove l'ospite semisconosciuto era già di casa, si sentirà un po' la mancanza dei politici che giocano in attacco e non si potrà puntare più tanto sul sociale (come la si metterà con la fetta di Pd vicino alla Cgil e alle prese con l'applicazione al lavoro dei diktat europei?). Chi inviteranno, ora, a “Ballarò”?, si chiedono poi gli osservatori (Francesco Merlo su Repubblica scrive: “Vanno in soffitta i cosiddetti caratteri, come Stracquadanio, la Brambilla, Lupi e Crosetto”, ma chi gravita in area “Ballarò” dice che il programma “ha sempre messo al centro della puntata i problemi reali del paese e continuerà a farlo”).

    A La7 si scherza “su Tito Boeri nuova star della tv” e sui colleghi giornalisti economici “tipo Marco Cobianchi di Panorama” costretti a ritmi da habitué del dibattito. Nicola Porro, co-conduttore di “In onda” con Luca Telese, dice invece “che il talk-show ai tempi del governo Monti è semplicemente imbarazzante: opposizione ancora più inesistente, maggioranza che non ha capito che le hanno tolto le auto blu”.

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    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.