Il Pdl nel caos organizzato di fine stagione

Salvatore Merlo

Il Palazzo del centrodestra è nel panico e nei momenti di panico scarseggia la lucidità e le paure finiscono per diventare un po' più vere. Mario Monti senatore a vita. Il presidente della Repubblica predispone il campo di gioco per le attese dimissioni di Silvio Berlusconi, che dovrebbero arrivare tra domenica e lunedì una volta approvato il maxiemendamento anticrisi, e si prepara a esercitare le sue legittime prerogative vestendo intanto il professor Monti di prestigio istituzionale. Intorno a questo fatto certo la politica attraversa il ciclo della confusione e del caos.

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    Il Palazzo del centrodestra è nel panico e nei momenti di panico scarseggia la lucidità e le paure finiscono per diventare un po' più vere. Mario Monti senatore a vita. Il presidente della Repubblica predispone il campo di gioco per le attese dimissioni di Silvio Berlusconi, che dovrebbero arrivare tra domenica e lunedì una volta approvato il maxiemendamento anticrisi, e si prepara a esercitare le sue legittime prerogative vestendo intanto il professor Monti di prestigio istituzionale. Intorno a questo fatto certo la politica attraversa il ciclo della confusione e del caos. Un governo di Monti viene dato per “già fatto” da più fonti parlamentari – le stesse che per dodici ore hanno dato per sicuro un governo di Giuliano Amato – e ufficialmente anche dal Partito democratico.

    Ma la Lega non ci sta e il Pdl, nella morsa del panico, è scosso da dubbi nel giorno in cui il suo leader Silvio Berlusconi si fa concavo e convesso a seconda dell'interlocutore che lo avvicina, ma sembra rimanere intimamente legato a un solo orizzonte: l'uscita ordinata dal berlusconismo, le urne anticipate. Berlusconi non contribuisce a fare chiarezza, e forse l'incertezza è anche quello che desidera in questo momento. La misura di ciò che accade, o forse non accade, la rende il ministro Gianfranco Rotondi quando dice che “girano voci di una apertura a un governo di solidarietà nazionale” e che “alcuni di noi non voteranno mai un governo insieme al Pd”. Girano voci, dunque.
    Le voci.

    Roberto Formigoni, Gianni Alemanno, Raffaele Fitto, Maurizio Lupi, Franco Frattini e Claudio Scajola si sono trasformati, con alternata intensità e forse coltivando anche obiettivi non coincidenti, in un gruppo di pressione interno alla dirigenza del Pdl: tutti loro hanno espresso estrema cautela nei confronti dell'ipotesi di un ritorno al voto. Perplessità che serpeggiano anche nei gruppi parlamentari, e persino ai vertici di questi. Berlusconi martedì ha siglato un accordo con Napolitano individuando un percorso cadenzato verso le sue dimissioni (e verso le urne, nelle intenzioni del Cavaliere), ma oggi molti dirigenti del Pdl chiedono a Berlusconi di riflettere ancora un po' e di valutare “altre ipotesi”.

    Alcuni sarebbero pronti a mollare il presidente del Consiglio per costituire un gruppo parlamentare autonomo a sostegno del nuovo governo (ipotesi smentita da Claudio Scajola). Secondo una versione dei fatti, ieri pomeriggio il Cavaliere ha tentato di prendere tempo con il Quirinale, di allungare un po' i tempi del maxiemendamento (legato alle sue dimissioni annunciate) proponendo a Napolitano un decreto – da approvare immediatamente – che avrebbe dovuto recepire parte dei contenuti del maxiemendamento anticrisi. Di fronte a questa ipotesi, il Quirinale avrebbe deciso – al contrario – di blindare la crisi aperta e di accelerare nel processo delle consultazioni informali che si sono concluse con l'individuazione di Monti come nome sul quale convergerebbe anche il Pdl (ma senza Berlusconi e senza una lista cospicua di gran dignitari, da Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Giorgia Meloni fino al gruppo dei pretoriani di Forza Italia). Ma chissà. Girano voci, appunto.

    Una delle tante voci la raccoglie pure il Foglio in esclusiva: “Siamo confusi e stiamo anche facendo confusione di proposito”. Follie di fine stagione. D'altra parte al termine di una stramba giornata, Denis Verdini, non certo un congiurato anti Cav., dice che “la nomina di Mario Monti senatore è un bel segnale”. Il Quirinale lo aveva già annunciato a Berlusconi, martedì: farò le consultazioni e potrei anche dare un mandato esplorativo. E' quello che, nessuno ne dubita, accadrà. Diverso sarebbe se fossero vere le voci secondo le quali il presidente della Repubblica avrebbe già deciso, spinto dall'allarme finanziario, a sponsorizzare con tutto il suo prestigio personale un governo del presidente – con Monti alla guida – da lanciare con un forte messaggio rivolto alla nazione e alle forze politiche. Il testo suonerebbe più o meno così: il paese è in gravissima difficoltà, ho già individuato il governo di salvezza nazionale, lo propongo a tutti i partiti, chi ci sta? Secondo questa versione delle cose, Gianni Letta sarebbe già d'accordo. Il gran ciambellano del berlusconismo avrebbe individuato in questa soluzione la salvezza per tutti, anche per il Cavaliere in crisi. Vero, verosimile, praticamente falso.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.