Come Drive in e Indietro tutta, torna (finalmente) l'umorismo da bar dei Soliti Idioti

Federico Sarica

“L'altro giorno ci ha chiamato Renato Pozzetto in persona. Voleva salutarci, farci un in bocca al lupo per il film e sapere come stavamo. Fantastico”, racconta al Foglio divertito l'attore Francesco Mandelli. Pozzetto – sia nella sua incensata versione cabaret in coppia con Cochi, sia nella sua deriva light e cinematografica anni Ottanta, quella sempre un po' tenuta sotto il tappeto dalla critica – è di diritto fra gli idoli di Mandelli e del suo partner Fabrizio Biggio, dal 4 novembre nelle sale di tutta Italia con la trasposizione cinematografica del loro tormentone comico televisivo (e di YouTube soprattutto) "I Soliti Idioti".

    “L'altro giorno ci ha chiamato Renato Pozzetto in persona. Voleva salutarci, farci un in bocca al lupo per il film e sapere come stavamo. Fantastico”, racconta al Foglio divertito l'attore Francesco Mandelli. Pozzetto – sia nella sua incensata versione cabaret in coppia con Cochi, sia nella sua deriva light e cinematografica anni Ottanta, quella sempre un po' tenuta sotto il tappeto dalla critica – è di diritto fra gli idoli di Mandelli e del suo partner Fabrizio Biggio, dal 4 novembre nelle sale di tutta Italia con la trasposizione cinematografica del loro tormentone comico televisivo (e di YouTube soprattutto) "I Soliti Idioti". Insieme a Pozzetto – confessano i due – una serie di titoli e attori: dalla follia liberatoria dei Monty Python ad Andrea Pazienza, dalla commedia indipendente americana tipo “Napoleon Dinamite” fino all'infallibile dinamica del carnefice e della vittima di Totò e Peppino. “E poi come dimenticare il Drive In? Lo so, fa meno chic, ma direi una bugia se dicessi che Enzo Braschi che fa 'Wild Boys Wild Boys!' non fa parte del bagaglio culturale mio e della mia generazione”, confessa Mandelli.

    E ancora: “Indietro Tutta”, “Avanzi”,
    con Corrado Guzzanti in testa: “I suoi Tremonti e Rutelli restano il massimo in termini di comicità e satira politica”. Un genere di comicità, quello politico in senso stretto, cui Mandelli e Biccio non sono interessati più di tanto: “In Italia la comicità a un certo punto è diventata arrabbiata, rancorosa. E se tu quando cerchi di far ridere provi astio, quell'astio lì passa allo spettatore. E la risata che provochi non è più liberatoria e dissacratoria, è una risata amara. Noi vogliamo banalmente far ridere di gusto partendo dalle cose comuni, facendo scattare quel meccanismo di identificazione che è alla base dell'umorismo da bar, cui siamo molto legati. Ci interessa poco il lato pedagogico della cosa; è per questo che abbiamo tenuto fuori la politica, le veline e i calciatori, la tv. Abbiamo preferito concentrarci sul quotidiano e cercare di recuperare quel gusto goliardico – che si è un po' smarrito, secondo noi – di fare qualcosa di palesemente scorretto e rompicoglioni. E' l'effetto del bambino che tira giù la credenza e poi fa la faccia talmente buffa che mamma e papà non possono non ridere. Tutto molto semplice”.


    Chiediamo agli attori dei “Soliti idioti” se non hanno paura di essere tacciati di qualunquismo, di voler confezionare un prodotto che possa andare bene per tutti a qualunque costo: 
“Abbiamo iniziato a scrivere ‘I soliti idioti' per noi stessi”, spiega Mandelli, “secondo quello che poteva far ridere a noi e magari funzionare per un pubblico di nicchia come quello di Mtv. Se adesso arriva al cinema, ci arriva a furor di popolo, perché è piaciuto più di quello potevamo immaginarci, perché la gente ci si è identificata, perché a Roma hanno preso bene un lombardo che fa un personaggio come Ruggero (il papà scorretto, volgare e romanaccio che sarà al centro del film) e il suo tormentone ‘Dai cazzo!' è finito addirittura su uno striscione in curva all'Olimpico. Più pop diventiamo meglio è, da questo punto di vista. Del resto ci interessa poco francamente. Non snobbiamo la critica e se Aldo Grasso, come ha fatto, scrive sul Corriere della Sera che il nostro programma è bello e più vero di molti telegiornali, siamo ovviamente molto felici. Ma non scriviamo né recitiamo ‘I Soliti Idioti' per piacere a questo o a quello, non l'abbiamo fatto dall'inizio, sarebbe strano farlo ora. E poi non ne saremmo capaci”.