La cambiale di Berlusconi

Salvatore Merlo

E adesso l'operazione più complicata: recuperare, un po', Giulio Tremonti che dalle promesse fatte ieri all'Europa esce più che ridimensionato ma rimane uomo capace ancora di muovere leve internazionali che al Cavaliere possono tornare utilissime. Inviati Silvio Berlusconi e la famosa lettera di intenti a Bruxelles, il governo si prepara al Consiglio dei ministri che dovrà tradurre gli “intenti” in provvedimenti veri.

    E adesso l'operazione più complicata: recuperare, un po', Giulio Tremonti che dalle promesse fatte ieri all'Europa esce più che ridimensionato ma rimane uomo capace ancora di muovere leve internazionali che al Cavaliere possono tornare utilissime. Inviati Silvio Berlusconi e la famosa lettera di intenti a Bruxelles, il governo si prepara al Consiglio dei ministri che dovrà tradurre gli “intenti” in provvedimenti veri.

    Dal punto di vista di Berlusconi si tratta di uno scambio equo con le istituzioni europee e la cancelliera Angela Merkel: l'Italia ha redatto (a fatica) la lettera e la Germania troverà un modo altrettanto tortuoso di sostenere i titoli di stato italiani. Il presidente del Consiglio ha già messo l'intera macchina parlamentare a disposizione del governo, e della non facile intesa con la Lega di Umberto Bossi: alla Camera il calendario dei lavori è stato quasi completamente svuotato per evitare incidenti, ma anche per concentrare tutte le (poche) energie sul dossier economico.

    Tremonti non ha partecipato in alcun modo alla redazione della lettera, che si dice scritta più a Bruxelles che a Roma (ma sulla quale sono intervenuti sia Paolo Romani sia Renato Brunetta). Fino all'ultimo è rimasto all'oscuro di tutto, anche – forse – di una scelta che lo riguarda direttamente: si ipotizza la costruzione di una commissione per l'abbattimento del debito, un più che commissariamento del ministero dell'Economia. Tanto che alcuni ministri del Pdl si spingono a dire: “Stavolta si dimette sul serio”.

    Giulio Tremonti e Mario Draghi, i duellanti d'Italia, si sono incontrati ieri, per l'ultima volta nelle vesti di ministro dell'Economia e di governatore della Banca d'Italia, nel corso della Giornata mondiale del risparmio: l'uno in difficoltà e un po' sottotono, l'altro vincente e proiettato al suo nuovo orizzonte europeo. Le malelingue del Pdl sostengono che i guai di Berlusconi con Merkel e Sarkozy, comprese le difficoltà nei rapporti con Bossi sulla previdenza, per qualche giorno avessero ringalluzzito il ministro che, nelle difficoltà del premier, avrebbe intravisto una possibilità per recuperare spazio di manovra e centralità negli equilibri di potere interni alla coalizione e al governo.

    Chissà. Certo è che Tremonti si trova in difficoltà e non solo per l'ostilità che gli viene manifestata tra le mura di Palazzo Chigi: i provvedimenti allo studio del governo – almeno alcuni di questi – sembrano studiati per colpirne le prerogative monocratiche.
    Ma la politica non è vendetta né un fatto personale, come sa bene Gianni Letta. Il presidente del Consiglio, e il governo tutto – questo pensa il gran ciambellano – avrebbero da guadagnare recuperando Tremonti: il ministro ha ancora credito in Europa, assieme a Giorgio Napolitano è riconosciuto come una controparte affidabile, da rispettare. Eppure la tentazione all'interno del Pdl (e di una parte della Lega) va in una direzione opposta.

    Le idee manifestate apertamente da Claudio Scajola sono infatti condivise da un ampio settore del partito berlusconiano: da Gianni Alemanno a Roberto Formigoni, fino alla cosiddetta gendarmeria (la vecchia guardia cui appartiene, per esempio, Fabrizio Cicchitto). Tremonti è sostituibile, dicono. Anzi secondo una versione più hard: “Tremonti va sostituito”. E si fanno anche dei nomi. Tra gli altri, più o meno fantasiosi: Mario Canzio, il ragioniere generale dello stato. Il dubbio di Letta rimane: sicuri che convenga?

    Leggi l'editoriale Libero contratto in libere aziende

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.