Quant'è comodo il martirio a dieci euro di Santoro (bastona pure l'Unità)

Marianna Rizzini

E va bene che Michele Santoro è il professionista, il mattatore, quello che fa il botto di pubblicità, quello che fa il botto di ascolti, quello che compare scuro in volto e tutti zitti, quello che dice “vaffa” in diretta a un direttore generale Rai (Mauro Masi, intercettato a Trani). E va bene che Michele Santoro, dicendosi vieppiù “epurato” e “vessato” (dopo due anni di trattative, prima con la Rai e poi con La7 in fase espansiva) si è messo fuori dal servizio pubblico e da tutta la tv generalista in nome di quello che secondo lui è il vero “servizio pubblico”.

    E va bene che Michele Santoro è il professionista, il mattatore, quello che fa il botto di pubblicità, quello che fa il botto di ascolti, quello che compare scuro in volto e tutti zitti, quello che dice “vaffa” in diretta a un direttore generale Rai (Mauro Masi, intercettato a Trani). E va bene che Michele Santoro, dicendosi vieppiù “epurato” e “vessato” (dopo due anni di trattative, prima con la Rai e poi con La7 in fase espansiva) si è messo fuori dal servizio pubblico e da tutta la tv generalista in nome di quello che secondo lui è il vero “servizio pubblico”, dal nome della nuova associazione di raccolta fondi per le sue trasmissioni multipiattaforma prossime venture – “Comizi d'amore”, dal 3 novembre su Sky, su Internet e su una rete di tv locali, con coproduzione del Fatto e dell'imprenditore televisivo Sandro Parenzo. E va bene che la “cosa” televisiva di Santoro, con ambizioni non solo televisive, è la novità televisiva dell'anno assieme al tg di Enrico Mentana su La7 (tanto che il consigliere Rai di centrosinistra Nino Rizzo Nervo dice: compriamo i diritti e mandiamo in onda). Va bene tutto: che il santoriano “Tuttiinpiedi” in streaming (in onore dei metalmeccanici Fiom, nel giugno scorso) abbia fatto alzare in piedi un sacco di gente e che ora Santoro, sottoscritto da Luigi De Magistris, Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, compaia in videomessaggio su www.serviziopubblico.it per chiedere dieci euro a te e ai tuoi amici “che non sanno usare Internet” (e tu dovresti “aiutarli”, dice Michele, le sottoscrizioni sono già “trentamila” e in Italia “non esiste vero servizio pubblico né vero mercato”).

    Va bene tutto, e però “che sorte”, questo Santoro, per citare l'Unità dopo che Santoro – intervistato dall'Unità – ha mandato a quel paese, quasi quasi, pure l'Unità. Santoro infatti si lamentava: poco spazio in pagina, non ho “assistito a reazioni coerenti a questa gravità”, diceva, riferendosi al fallimento della sua trattativa con La7: “Un enorme problema politico” con “pressioni evidenti sulla rete”. “Anche il centrosinistra sembra aver accettato la purga”, insisteva Michele, con citazione per Dandini, Saviano e Ruffini “infilati nella lista”. Ed erano sottesi rimproveri e toni grami – bavaglio, scandalo e martirio.

    Essere Michele Santoro sì, ma non così,
    viene da dire allora, ché altrimenti c'è il rischio che qualcuno dica “martire chi?” al posto di “Michele chi?” (dal titolo del libro santoriano), specie al pensiero di un martire che, per due anni, ha trattato con la Rai un'uscita concordata (con buonuscita) che lasciasse la strada aperta a future collaborazioni – tanto più che incombeva la sentenza della Cassazione sul reintegro santoriano ed era meglio mettersi d'accordo piuttosto che incorrere in un “per sempre in prima serata” (in caso di giudizio pro Santoro) o in un “restituisci” i soldi ricevuti con il reintegro (in caso di giudizio pro Rai, e c'è chi dice, in Rai, che questo secondo scenario apparisse a un certo punto più che probabile). E insomma, in pieno presunto martirio, Santoro, dicendosi più libero del “diversamente libero” Mentana, per citare Santoro dopo la rottura della trattativa con La7, nel pur inesistente (a suo dire) mercato italiano pur sempre si muoveva. E, ad accordo quasi fatto con La7, Santoro si metteva a fare il Santoro (voglio libertà assoluta e garanzia assoluta, e col cavolo che vi mostro le scalette) e La7, nella persona dell'ad Giovanni Stella, si metteva a fare La7 (vuoi libertà totale, non ci mostri nulla prima della messa in onda? Affare fatto, ma a patto che l'editore conservi l'unica libertà rimasta, quella di licenziare). Santoro liberamente diceva no, la trattativa liberamente saltava (martirio? Mah).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.