Il Cav. rimette Tremonti sotto tutela. Avanza il timore del golpe bianco

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi ha (ri)commissariato Giulio Tremonti: a gestire il decreto sullo sviluppo sarà il ministro dello Sviluppo, cioè Paolo Romani. E' una novità rilevante, ammesso che questa decisione sopravviva alle prossime quarantotto ore.

Leggi l'editoriale Il Cav. si scuote dall'inedia e (battute a parte) dà segni di leadership - Leggi Sangue di tigre e bistecche di leone

    Silvio Berlusconi ha (ri)commissariato Giulio Tremonti: a gestire il decreto sullo sviluppo sarà il ministro dello Sviluppo, cioè Paolo Romani. E' una novità rilevante, ammesso che questa decisione sopravviva alle prossime quarantotto ore; perché già una volta il Pdl aveva stabilito la collegialità salvo poi constatare con irritata rassegnazione che il ministro dell'Economia, ancora forte del sostegno di Umberto Bossi, continuava a fare come nulla fosse. Riunito il suo stato maggiore, il Cavaliere ha stabilito che il decreto che contiene misure per la crescita dovrà essere approvato con massima urgenza entro il 20 di ottobre. La maggioranza si prepara così a una intensa fase di ripresa dell'attività politica anche con l'accelerazione sul cosiddetto processo lungo (che dovrà essere approvato prima di novembre, cioè prima della sentenza Mills) e sulle intercettazioni che andranno al voto già la settimana prossima (ma senza la fiducia).

    Le esternazioni di Umberto Bossi, che spalleggia la candidatura di Vittorio Grilli alla Banca d'Italia (sponsor Tremonti) e richiama l'opportunità delle elezioni anticipate, ieri non hanno granché preoccupato il Pdl che le considera poco più che un bluff, una mossa tattica volta a fare pressione sul premier a favore di Tremonti e della candidatura di Grilli. Al contrario, Berlusconi ascolta con qualche preoccupazione le voci di complotto neo democristiano che dai corridoi di Montecitorio sono arrivate fino alle orecchie dei cronisti parlamentari. E' per questo che alla Camera non sarà posta la fiducia sulle intercettazioni. Eppure il Cavaliere non sopravvaluta i movimenti di Claudio Scajola e del suo gruppetto di deputati e nemmeno appare troppo intimorito dai (per la verità magri) capannelli che al Senato si riuniscono attorno a Beppe Pisanu. A chi ha avuto modo di parlarci ieri, il premier ha dato l'impressione di essere informato e di avere “sotto controllo” i settori malmostosi del Pdl. Ma ha anche avviato un sistema di monitoraggio alla Camera e al Senato che, entro martedì prossimo, dovrà restituirgli un quadro dettagliato dei malumori, delle istanze che emergono e della reale concretezza del pericolo (che nel più fosco e inverosimile degli scenari sarebbe la fuoriuscita di un pezzo del Pdl e una conseguente crisi di governo).

    Il complottone democristiano è allo stato gassoso e il gruppo di Scajola non si è saldato a quello di Pisanu. I due uomini – molto diversi – coltivano anche obiettivi e ambizioni differenti, così come sono labilissimi i legami tra queste iniziative parlamentari e il coacervo delle associazioni cattoliche che, benedette dal cardinale Angelo Bagnasco, si riuniranno a Todi il 17 ottobre per discutere dell'ipotesi concreta di coagulare tutte le forze cattoliche in un nuovo centrodestra post berlusconiano. Scajola contesta la gestione del segretario del Pdl Alfano, vorrebbe le dimissioni (o il reale commissariamento) di Tremonti, ma le voci di un documento di richieste ultimative trovano soltanto smentite. Ambienti vicinissimi all'ex ministro Scajola lo descrivono incline ad accettare un qualsiasi compromesso con Berlusconi. E' l'idea che si è fatta anche la gendarmeria berlusconiana: Scajola vuole soprattutto tornare nel giro che conta, e utilizza per questo i pericolosi malumori diffusi nei gruppi parlamentari. E' possibile che il Cavaliere si prepari ad accontentarlo in qualche modo, ma non prima di mercoledì prossimo. Diverso è il caso di Beppe Pisanu che, rimasto ai margini del Pdl, anche per propria scelta, non ha mai avanzato richieste personali e si dedica con metodica lentezza a raccogliere consensi al Senato e a tessere rapporti con Rocco Buttiglione e settori delle gerarchie vaticane collegate – queste sì – alle associazioni cattoliche che si riuniranno a Todi. E' in atto il tentativo di sostituire i vecchi e consolidati canali di relazione tra la chiesa e il centrodestra, ovvero quel gruppo di dirigenti del Pdl che si sono impegnati in questi anni sui cosiddetti valori non negoziabili: Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella… L'operazione è complicatissima e si attorciglia anche sulle divergenze interne all'associazionismo cattolico, che mette intorno allo stesso tavolo le Acli, l'Azione cattolica e la ciellina Compagnia delle opere. Un magma in ebollizione, dove c'è chi ha persino stilato l'organigramma di un nuovo governo, ma c'è anche chi guarda con favore a Luca Cordero di Montezemolo, chi insiste per mantenere un legame con il berlusconismo e chi spinge con insistenza per allentare i contatti e favorire soluzioni alternative.

    Quello che manca ai parlamentari inquieti che minacciano la tenuta della maggioranza e del Pdl è un forte legame e diretto con le organizzazioni sociali di Todi e dunque con la Cei che ne ha benedetto l'iniziativa. Eppure agli osservatori interessati e più berlusconiani non sfugge la pericolosa frattura interna, per esempio, al braccio politico di Comunione e liberazione, l'associazione cattolica che è un pilastro del Pdl. Roberto Formigoni inclina apertamente per un rapido passaggio di discontinuità che porti a quel Ppe italiano gradito a Raffaele Bonanni, a Rocco Buttiglione, a Beppe Pisanu e a molta parte dell'associazionismo cattolico e delle gerarchie. Negli ambienti più vicini a Silvio Berlusconi si sdrammatizza e si scommette sulla eccessiva eterogeneità culturale (e di obiettivi) dell'associazionismo cattolico. Eppure, sullo sfondo, resta il dubbio su cosa potrebbe produrre un improvviso scarto degli scontenti del Pdl in Parlamento: allo stato attuale non esiste quasi nulla e non c'è nemmeno una alternativa di governo pronta, ma l'improvvisa accelerazione degli eventi, sulla spinta anche di pochi numeri iniziali, potrebbe finire col convincere i cauti e gli attendisti.
    Per questo al Cavaliere è stato segnalato con l'evidenziatore il posizionamento mimetico di Pisanu. Ma, fatti i calcoli, il senatore, da solo, non è in condizione di nuocere. L'opportunistica mossa di Claudio Scajola, tra martedì e mercoledì scorso, ha fatto temere che ci fosse una “intelligenza” esterna. Ma pare non sia affatto così. Persino il presidente berlusconiano del Senato, Renato Schifani, è stato oggetto di propalazioni al limite del grottesco intorno a riunioni in cui avrebbe lui stesso annunciato una finestra utile (a lui) per la crisi tra ottobre e novembre.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.