Confessioni di un insider per andare con il Cav. oltre il Cav.

Salvatore Merlo

“L'ho detto anche a lui. Se Berlusconi va avanti così, non ci arriva al 2013. Dovrebbe dichiarare subito, senza equivoci, che non intende ricandidarsi. Ha un esercito ordinato in Parlamento, ma se non offrirà l'idea di uno sbocco politico per il futuro rischia di cadere, e noi tutti con lui”. Andrea Augello è un Gianni Letta politicamente nerboruto, ironico, un ex di An anomalo perché dai modi felpati, quasi orientali.

    “L'ho detto anche a lui. Se Berlusconi va avanti così, non ci arriva al 2013. Dovrebbe dichiarare subito, senza equivoci, che non intende ricandidarsi. Ha un esercito ordinato in Parlamento, ma se non offrirà l'idea di uno sbocco politico per il futuro rischia di cadere, e noi tutti con lui”. Andrea Augello è un Gianni Letta politicamente nerboruto, ironico, un ex di An anomalo perché dai modi felpati, quasi orientali. Potentissimo a Roma, senatore e sottosegretario alla Funzione pubblica, mai greve e di buone letture, al farsi principe ha sempre preferito il lavoro sottile di quelli che costruiscono i re: si chiamino questi Gianni Alemanno sindaco di Roma, Gianfranco Fini aspirante leader del Pdl e oggi – chissà – Angelino Alfano o Roberto Formigoni. E a questo proposito gli si chiede chi siano i leader per “il dopo”. E lui dice “Alfano, se non altro perché è già in buona posizione. E' abile e piace a Berlusconi, il che non guasta”. Tremonti? “Non oso immaginare quanto affetto possa suscitare nelle masse”. Formigoni e Alemanno? “Sì, ma esiste anche la società civile”. E si spiega: “Il prossimo leader forse non sarà un uomo dal grande carisma come Berlusconi, ma nemmeno potrà essere il prodotto di una delibera di segreteria politica. Bisogna fare le primarie, un bagno di umiltà che esprime il senso di una leadership”.

    Parla spesso con il Cavaliere, Augello. E di recente gli parla di “spariglio”. Perché – dice – “se Berlusconi va avanti così finirà per passare lungo la strada dove lo aspettano i suoi troppi nemici, siano questi i magistrati, i poteri economici ed editoriali concorrenti pronti a divorargli l'impero, o semplicemente i traditori, cioè quelli che si mettono paura, i deboli che diventano improvvisamente pericolosi. Lo attendono in piazza, come Totò a Milano: ‘Prima o poi dovrà passare da qui'” E quando ci passa: Zac! Catturato! Al Senato ce ne sono alcuni. Ogni tanto, nelle relazioni che Denis Verdini prepara per il Cavaliere, fa capolino il nome di Beppe Pisanu, definito “silenziosa anima nera”, organizzatore di cene: l'ultima contava venti senatori.

    Ma il superpolitico cresciuto alla scuola di partito del Msi e l'imprenditore funzionalista, che alla rappresentanza preferisce la rappresentazione, ai congressi le convention, e alle tessere i coriandoli, parlano due lingue diverse, e così – pur piacendosi – forse non possono capirsi. Quando Berlusconi incontra Augello, il Cavaliere incontra quella politica che proprio grazie (o a causa) sua sembra fuoriuscita dal suo ambito tradizionale – voti, tessere, interessi, insediamenti – per inoltrarsi, nell'era dei media elettronici, in una dimensione che è antica, ma al tempo stesso evoluta; formalmente razionale, però così personalizzata da dover ricorrere al mito e alla magia: al carisma. Eppure Augello, del Cavaliere (e al Cavaliere) dice una cosa semplice: “Dopo di lui non potrà esserci un altro miliardario capo del governo. Berlusconi è una straordinaria eccezione, un'anomalia unica, irripetibile” (e per questo Augello sorride molto di Luca Cordero di Montezemolo: “Da esperto di Formula uno è anche specializzato in false partenze”). “Dopo Berlusconi ritornerà la politica più o meno per com'è fatta nel resto del mondo. Adesso sta a Berlusconi scegliere se accendere lui la luce e guidare il dopo Berlusconi o se tirare dritto per scivolare rovinosamente sulla prima buccia di banana, venga questa da una procura o da un tribunale, dagli interessi economici ostili, dalla crisi internazionale, da un intrigo di Palazzo.

    Da un lato ci sono la riforma della legge elettorale e le primarie per la scelta del premier, dall'altra c'è la conservazione dello status quo, che al momento significa una cosa sola: nella prossima legislatura ricorderemo il simpatico Domenico Scilipoti come uno statista. Orde di parlamentari basculanti”. Che deve fare Berlusconi, allora? “Deve dire che farà la manovra, che tirerà l'Italia fuori dalla crisi: deve governare. Ma deve anche annunciare, senza perdere altro tempo, che modificherà la legge elettorale e farà subito primarie per scegliere il prossimo candidato premier. L'assedio a Berlusconi cessa nel momento in cui lui chiarisce che non intende ricandidarsi. A quel punto forse si vincono persino le elezioni”. Lo ha scritto anche Sergio Romano sul Corriere della Sera. “Ma c'è una differenza, io dico che c'è una classe dirigente che può convincere sul serio il presidente”.
    Finora Berlusconi ha guardato con svagata curiosità alle primarie.

    Uomo di intuito fulmineo le ha subito individuate come un possibile stumento di (ri)legittimazione personale. Dagli articolati discorsi che gli ha fatto Augello, il Cavaliere ha dedotto che le primarie sono una carta estrema, da giocare in caso di difficoltà (e forse è per questo che Augello scherza sul suo ruolo e sulle sue stesse intuizioni politiche: “A volte mi sento come l'animatore di un villaggio turistico”). D'altra parte, si è già detto, non sono fatti proprio per capirsi, la politica e il Cavaliere. Il giorno precedente la famosa direzione nazionale del Pdl, quella nel corso della quale un anno fa Berlusconi si mandò a quel paese con Fini, il Cavaliere ricevette Augello a Palazzo Grazioli. Il sottosegretario era già allora uno dei pochissimi finiani per i quali Berlusconi nutriva una sincera simpatia. “Caro Andrea, ho apprezzato i tuoi sforzi diplomatici per ricucire lo strappo con Fini”, gli dice il Cavaliere, “ma forse non c'è più nulla da fare. Domani presenteremo un documento, si stabilisce che una volta discussa e votata la linea politica chi non si adegua è fuori dal Pdl. Tu che farai?”. E Augello, comprensibilmente imbarazzato: “Io per la verità credo che voterò contro questo documento”. Al che Berlusconi, mai privo di ironia, si voltò di scatto verso Sestino Giacomoni, presente alla scena: “Ma perché si può anche votare contro?”.

    E' la politica che tentava (e tenta ancora) la rivincita su Berlusconi, verrebbe da dire. Dopo un anno dall'espulsione di Fini la politica torna a bussare prepotente a casa del Cavaliere perché – lo pensa anche Augello – una cosa è cadere perché Fini ti ha fatto le scarpe, un'altra è cadere perché non ti sei accorto di Beppe Pisanu. Il più debole che ti frega. “In questo momento del processo Mills non importa a nessuno. Agli italiani bisogna dire che il Pdl ha delle idee: sulla manovra, sulla crescita, sulla riforma elettorale, sulle primarie, sulla nuova leadership del centrodestra. In sei mesi si possono centrare tutti questi obiettivi. A quel punto Berlusconi potrà ben dire che ‘siamo pronti ad arrivare al 2013 o anche a fare le elezioni anticipate'. Diventerebbe lui il regista di questa operazione. Ma se tutto questo non accade, ho la sensazione che presto o tardi crollerà l'intera casa. E su una sciocchezza qualsiasi”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.