Il taglia & cuci dei pm
Quando la giustizia è “bouffonne”, pagliaccesca, succedono cose strane. La giustizia spia sistematicamente Berlusconi. Lo spia illegalmente, perché lo indica come vittima di un reato, il ricatto, che sarebbe stato compiuto a Roma, ma è Napoli a indagare. I verbali finiscono illegalmente in mano ai giornalisti, e se ne lamenta perfino un giudice pugliese. Poi un giudice per le indagini preliminari stabilisce che, se ci sia un reato come il ricatto, è stato consumato a Roma.
Quando la giustizia è “bouffonne”, pagliaccesca, succedono cose strane. La giustizia spia sistematicamente Berlusconi. Lo spia illegalmente, perché lo indica come vittima di un reato, il ricatto, che sarebbe stato compiuto a Roma, ma è Napoli a indagare. I verbali finiscono illegalmente in mano ai giornalisti, e se ne lamenta perfino un giudice pugliese. Poi un giudice per le indagini preliminari stabilisce che, se ci sia un reato come il ricatto, è stato consumato a Roma. Un altro giudice, il Riesame, si prende la libertà di riesaminare appunto le carte e di stabilire, un minuto prima della scadenza dei termini, a notte fonda, che il ricatto non c'è, anzi, c'è un depistaggio o una frode processuale tentati da Berlusconi, la vittima di un minuto fa, e questo depistaggio ricade sui ricattatori di ieri, che diventano a questo punto vittime. Il tutto si deve spostare, ma non a Roma, a Bari. E tanti saluti ai ricattatori del momento prima, che si sono fatti galera e latitanza. Eppoi si lamentano che Berlusconi abbia definito il tutto “un trappolone mediatico-giudiziario”.
Altro che trappolone, è una spregiudicata caccia all'uomo fondata su generiche verisimiglianze, tutte dovute all'incresciosa, bastarda circostanza, delle feste private a casa del premier, che non sono un reato ma, trasformate in reato, rendono possibile queste temerarie attenzioni dei pm combattenti contro chi governa il paese. Berlusconi è un po' come Amanda Knox, pupilla della indignata stampa inglese e americana: una cosa giudiziaria che non si sa più se considerare come Venere in pelliccia o Jessica Rabbit (copyright dell'avvocato Giulia Bongiorno nel processo di Perugia, in cui due imputati si difendono in un processo in cui le prove documentali fabbricate si sono rivelate malaccorte o false). Questo è lo stato reale della giustizia italiana. Pregiudizio. Moralismo. Partito preso. Violazione delle procedure. L'immenso scandalo in corso non è quello dell'affettività galante e un po' folle del presidente del Consiglio, è quello del taglia & cuci dei pm, e dell'incapacità della classe togata di mantenere uno standard civilmente accettabile di imparzialità, di contegno giuridico, di senso della realtà. Della pagliacciata inquisitoria concernente il ministro Romano, coinvolto con altri in indagini a intermittenza, che durano da dieci anni o quasi, in cui ambigui pentiti già consulenti segreti del pataccaro Massimo Ciancimino alimentano l'accusa secondo il capo di imputazione risibile e grottesco di concorso esterno in mafia.
A noi non piace strattonare le istituzioni. Ci pensano già in tanti a cercare di impedire il loro funzionamento regolare, anche con le indecenti tirate per la giacca al presidente Napolitano. Il capo dello stato non ha solo chiesto riserbo ai magistrati, in più occasioni, avendone in cambio la sistematica violazione del segreto investigativo. Ha anche detto loro di valutare con serietà gli indizi d'accusa, ricevendone in cambio il taglia & cuci di magistrati che avevano perfino arrestato il rampollo dei precedenti inquilini del Quirinale, Vittorio Emanuele di Savoia, e hanno dovuto proscioglierlo con tante scuse (John Henry Woodcock, facciamo i nomi). Ma forse è ora di dire basta, e provvedere.


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