Così Gianni Letta sta impedendo un 25 luglio (involontario?) del Pdl

Salvatore Merlo

“Fermi tutti, altrimenti lui pensa che sia un complotto”. Nel giorno in cui una maggioranza sfarinata va sotto per cinque volte alla Camera la situazione è riassunta nel realismo politico di Gianni Letta. Il tramestio che attraversa il governo e la maggioranza è tutto nel buon senso contenuto nelle poche parole consegnate lunedì sera al telefono dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio a uno dei massimi dirigenti del Pdl che si proponeva come latore di un messaggio tanto complicato quanto fraterno a Silvio Berlusconi

    Rientrato a Roma in mattinata, il premier, Silvio Berlusconi, ha incontrato a palazzo Grazioli il leader della Lega, Umberto Bossi. Intanto si parla di un possibile incontro tra Berlusconi e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il tema del confronto sarebbe la situazione economica, in relazione anche alla tenuta dell'esecutivo.

    “Fermi tutti, altrimenti lui pensa che sia un complotto”. Nel giorno in cui una maggioranza sfarinata va sotto per cinque volte alla Camera la situazione è riassunta nel realismo politico di Gianni Letta. Il tramestio che attraversa il governo e la maggioranza è tutto nel buon senso contenuto nelle poche parole consegnate lunedì sera al telefono dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio a uno dei massimi dirigenti del Pdl che si proponeva come latore di un messaggio tanto complicato quanto fraterno a Silvio Berlusconi: “Presidente, a un passo indietro dovresti pensarci”. Letta ha fermato il tentativo, non è il momento, non sotto le bombe delle procure, non ora. Calma. Le lancette restano ferme al 24 luglio?

     Berlusconi teme il voto di giovedì
    alla Camera sull'arresto di Marco Milanese e ha infatti convocato per lo stesso giorno un vertice di maggioranza: guarda con sospetto a Roberto Maroni e per la prima volta anche a un pezzo dell'establishment interno al Pdl. Un assedio. Intorno a lui la Confindustria bellicosa, il tribunale di Milano inarrestabile, la Lega sbandata (e in polemica con il Quirinale), e ora anche la corte di Palazzo Grazioli attraversata da dubbi e tentazioni inconfessabili.

    Tra i pretoriani del Cavaliere più di uno pensa che ci sia già un'altra maggioranza capace di proseguire la legislatura, con Pier Ferdinando Casini pronto a entrare al governo se il premier dovesse risolversi alle dimissioni. Angelino Alfano fa sapere in ogni modo di essere indisponibile a “bruciarsi” prendendo le redini di un nuovo governo, e alcuni dei suoi amici più fidati si spingono a dire che “in questa fase se salta Berlusconi salta tutto il Pdl”. Eppure è su Alfano che puntano tutti coloro i quali temono la “strategia del bunker, dell'ultima raffica di mitra sparata prima di morire”. Parlano di “persuasione morale” nei confronti del Cavaliere, non viene contemplata la possibilità di un passo indietro forzato: l'immagine del 25 luglio viene respinta persino da quelli che in queste ore la sostituzione del premier la stanno teorizzando sul serio e apertamente. D'altra parte, se è un complotto, è fondato sull'indecisione, è minato dalla paura ed è coltivato nella speranza di averci capito qualcosa: di avere cioè sul serio in tasca un disegno alternativo e credibile non solo ai propri occhi ma anche a quelli attenti del Quirinale e a quelli disillusi degli elettori.

    Berlusconi va difeso dall'assalto delle procure, dicono.
    La soluzione non può essere giudiziaria, spiegano. Ma come si ottiene il passo indietro del Cavaliere senza offrire l'idea che sia stata una capitolazione sotto i colpi delle procure e della intercettazioni? La domanda non ha una risposta e descrive così uno stato di impasse cui si sommano i contatti ancora più che incerti con Casini e l'Udc. “Davvero pensate che Casini accetti di fare da stampella a un governo Alfano-Maroni? E in cambio di cosa? Della promessa di fare forse un giorno il presidente della Repubblica?”, dice Pierluigi Mantini, deputato vicino al leader centrista. “Certo, se in questo fantomatico nuovo governo Casini fosse il presidente del Consiglio…”. Prima vedere cammello, insomma.

    Non esiste nulla di definito
    , se non la volontà di resistere di Berlusconi e il realismo politico con il quale Gianni Letta ha affrontato le preoccupazioni dei dirigenti che lo hanno cercato nelle ultime ore. “State fermi”. Da una parte il Cavaliere sospettoso ma risoluto, dall'altra i dirigenti in preda al panico; in mezzo Letta, pacato: mollare adesso sarebbe un rompete le righe generalizzato.
    Salvatore Merlo

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.