Sulle intercettazioni Napolitano dà ascolto al Cav. (ma il decreto no)

Altro giro, altro fango

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi ha provato a “sensibilizzare” Giorgio Napolitano, in quanto presidente del Csm, sulla “barbarie delle intercettazioni” telefoniche che già oggi riempiranno ancora i quotidiani con spezzoni di conversazioni private del premier e degli imputati nelle inchieste parallele di Bari e Napoli. Salito al Quirinale anche per riferire al presidente della Repubblica dei contatti avuti martedì a Strasburgo con le autorità europee, ieri il presidente del Consiglio a un certo punto ha avanzato l'ipotesi di presentare immediatamente un decreto sulle intercettazioni.

    Silvio Berlusconi ha provato a “sensibilizzare” Giorgio Napolitano, in quanto presidente del Csm, sulla “barbarie delle intercettazioni” telefoniche che già oggi riempiranno ancora i quotidiani con spezzoni di conversazioni private del premier e degli imputati nelle inchieste parallele di Bari e Napoli. Salito al Quirinale anche per riferire al presidente della Repubblica dei contatti avuti martedì a Strasburgo con le autorità europee, ieri il presidente del Consiglio a un certo punto ha avanzato l'ipotesi di presentare immediatamente un decreto sulle intercettazioni che il Consiglio dei ministri sarebbe stato in grado di approvare nella stessa serata di ieri.

    Un'eventualità che Napolitano, come Berlusconi probabilmente si aspettava, considerati i precedenti, ha respinto difendendo le prerogative della magistratura (anche se non lo strumento d'indagine in sé). L'obiettivo del Cavaliere era soprattutto quello di manifestare nel modo più chiaro possibile al presidente della Repubblica la sua preoccupazione e la sua indisponibilità a rimanere inerte di fronte a quello che lui considera un'aggressione politica a mezzo giudiziario. In Giorgio Napolitano, Berlusconi ha cercato soprattutto il capo del Csm: alludendo all'ipotesi di un decreto urgente intendeva anche spingerlo verso un intervento di indirizzo nei confronti dei magistrati che dal suo punto di vista abusano di uno strumento d'indagine particolarmente invasivo della sfera privata come le intercettazioni telefoniche. Nel complesso l'incontro non è andato male ed è risultato utile a entrambe le parti. Il Quirinale può apparire – a seconda delle interpretazioni – come una diga alle esondazioni e alle forzature del premier, mentre il Cavaliere ha ottenuto ciò che gli premeva: è riuscito a comunicare con forza il suo disagio politico e personale.

    Nonostante gli attacchi provenienti anche dalla Confindustria di Emma Marcegaglia, che ha criticato la manovra (approvata ieri con la fiducia alla Camera) e nonostante l'annuncio di una nuova esondazione di intercettazioni sui quotidiani, Berlusconi ieri non è apparso preoccupato. Con chi ha avuto modo di parlarci, il premier ha relativizzato tutte le grane che pure sembrano disseminate pericolosamente lungo il cammino del governo. Al contrario, il Cavaliere ha apprezzato le parole del vicecancelliere e ministro dell'Economia tedesco Philipp Rösler: “L'attacco dei mercati contro l'Italia lo percepiamo come un attacco a tutta la zona euro”. La dichiarazione del vice di Angela Merkel conferma ciò che Berlusconi pensa: la sinistra intende utilizzare la crisi economica come soluzione risolutiva del berlusconismo.

    Il premier non appare troppo preoccupato neanche dai movimenti della procura di Napoli. Nonostante i contatti tra i magistrati e i suoi legali siano continuati ancora durante tutta la giornata di ieri, il Cav. non intende accettare l'interrogatorio cui vorrebbero sottoporlo in quanto parte lesa nel caso di presunta estorsione che vede indagati Giampaolo Tarantini e Valter Lavitola. Il presidente del Consiglio non intende in alcun modo legittimare un'indagine condotta, dal suo punto di vista, in maniera illegale: non si arresta un estorsore senza aver prima parlato con la presunta vittima dell'estorsione; se non c'è un ricattato come può esserci un ricattatore?

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.