Aria di nuova emergenza

Per il Cav. la manovra non cambia, ma serve ordine nella confusione

Salvatore Merlo

Forse la manovra cambierà ancora, la Commissione europea ha mandato segnali di sfiducia, i ministeri di spesa sono in rivolta contro i tagli di Giulio Tremonti e il Quirinale osserva preoccupato l'iter di un provvedimento che sembra non avere copertura finanziaria. La via d'uscita per la maggioranza è un maxi emendamento da inserire alla Camera, ma solo nel caso in cui le pressioni dell'Europa (e del Quirinale) sul governo, specie se accompagnate da ulteriori segnali di nervosismo sui mercati, dovessero farsi irresistibili.

    Forse la manovra cambierà ancora, la Commissione europea ha mandato segnali di sfiducia, i ministeri di spesa sono in rivolta contro i tagli di Giulio Tremonti e il Quirinale osserva preoccupato l'iter di un provvedimento che sembra non avere copertura finanziaria. La via d'uscita per la maggioranza è un maxi emendamento da inserire alla Camera, ma solo nel caso in cui le pressioni dell'Europa (e del Quirinale) sul governo, specie se accompagnate da ulteriori segnali di nervosismo sui mercati, dovessero farsi irresistibili. Solo una situazione di emergenza sarebbe in grado di mettere ordine nella confusione. Solo una nuova impennata dello spread, il crollo di Piazza Affari e la conseguente – efficace – moral suasion di Giorgio Napolitano sono forse in grado di sciogliere il groviglio di veti che ha partorito una manovra da cui sia Silvio Berlusconi (“è socialismo reale”) sia il ministro dell'Economia Tremonti sembrano prendere le distanze.

    “Siamo preoccupati dal vedere un eccessivo affidamento alle misure sulla lotta contro l'evasione fiscale”, ha detto il portavoce del commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn. Che tradotto significa: il grosso della copertura della manovra arriva dalle previsioni di recupero dall'evasione fiscale, previsioni che potrebbero risultare tanto ottimistiche da non garantire una reale copertura del provvedimento. Al di là delle precisazioni scettiche di Tremonti, i rilievi europei non hanno sorpreso il ministro. Che la manovra economica così com'è non andasse bene, nel governo lo sapevano un po' tutti. Tremonti, il più consapevole, aveva infatti immaginato un intervento correttivo “ordinario”, tra settembre e novembre, nella Finanziaria annuale. Sia il ministro dell'Economia sia il premier contavano su uno o due mesi di tempo per trovare un accordo politico (tra loro stessi, con la Lega e chissà forse anche con la Cisl) per avviare una sensibile correzione di bilancio. Ma adesso la situazione potrebbe aggravarsi rendendo insostenibile l'ulteriore attesa di uno o due mesi. L'avvertimento europeo, l'aumento dello spread e il calo in Borsa suonano infatti come una sconfessione della manovra.

    Alle proteste degli enti locali ieri si sono aggiunte quelle, più riservate, di alcuni ministri: Mariastella Gelmini, Ignazio La Russa, Roberto Maroni. Tutti preoccupati per i tagli che colpiranno i loro ministeri con effetti “disastrosi” – dicono loro – sui servizi dell'istruzione, della sicurezza pubblica e della difesa. Berlusconi, rientrato ad Arcore, era già al corrente delle tensioni che montavano all'interno del suo esecutivo ma contava, come Tremonti, su uno o due mesi di tempo per individuare una soluzione che permettesse di riassorbire almeno i veti di Cisl e Uil (che all'inizio di questa settimana avevano bloccato preventivamente un intervento sulle pensioni). Il Cavaliere è preoccupato dalla situazione economica ed è “nauseato” dal tracimare delle intercettazioni telefoniche sui quotidiani, ma non teme per la tenuta del suo governo perché, come dice Altero Matteoli, “noi siamo il croupier, mentre le opposizioni si dividono tra giocatori e semplici spettatori”; che è un modo spiritoso per dire che la complessiva debolezza della politica e l'assenza di una reale proposta di alternativa da parte del Pd concorrono al mantenimento degli attuali equilibri.

    Le preoccupazioni intorno alla manovra assorbono le energie della maggioranza. La tremonteide, cioè la coltre di sospetti e cattivi pensieri che circondano il ministro dell'Economia, ieri ha avuto un giorno di pausa. Le dimissioni o il licenziamento di Tremonti – ipotesi entrambe non sgradite al Cav. – non sono (al momento) in cima alle priorità del premier. Eppure nel Pdl se n'è ragionato, molto, negli ultimi tempi: per rilanciare l'azione di governo è necessario un gesto di discontinuità e serve anche qualcuno cui addossare la colpa di queste settimane di confusione.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.