La spuntatina

Alfano e Maroni più forti dopo sette ore di fatica per sgonfiare Tremonti

Salvatore Merlo

“Dovremmo dare soltanto segnali di fermezza. La manovra deve restare così com'è, il problema dell'Italia oggi è quello di offrire garanzie ai mercati inquieti”. Ad Arcore, di fronte a Silvio Berlusconi, a Umberto Bossi, a Roberto Maroni e ad Angelino Alfano, appellandosi al buon senso Giulio Tremonti ha fatto un ultimo tentativo per fermare gli emendamenti che, approvati ieri da Lega e Pdl, in effetti finiranno con il modificare sensibilmente il volto della manovra economica per come l'aveva progettata lui. Il vertice ha avuto esiti molteplici: quello tecnico racconta dell'abolizione del contributo di solidarietà e di misure che colpiscono gli evasori fiscali.

Leggi Bollori e capitomboli dei capitalisti su vecchie, nuove e nefaste tasse - Leggi il testo dell'audizione in Commissione Bilancio del Senato del vicedirettore generale della Banca d'Italia, Ignazio Visco

    Il vicedirettore generale della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nel corso dell'audizione sulla manovra economica in Commissione Bilancio del Senato, ha detto: "L'aggiustamento dei conti, necessario per evitare uno scenario ben più grave, avrà inevitabilmente effetti restrittivi sull'economia". [scarica il testo dell'intervento]

    “Dovremmo dare soltanto segnali di fermezza. La manovra deve restare così com'è, il problema dell'Italia oggi è quello di offrire garanzie ai mercati inquieti”. Ad Arcore, di fronte a Silvio Berlusconi, a Umberto Bossi, a Roberto Maroni e ad Angelino Alfano, appellandosi al buon senso Giulio Tremonti ha fatto un ultimo tentativo per fermare gli emendamenti che, approvati ieri da Lega e Pdl, in effetti finiranno con il modificare sensibilmente il volto della manovra economica per come l'aveva progettata lui. Il vertice ha avuto esiti molteplici: quello tecnico racconta dell'abolizione del contributo di solidarietà, di misure che colpiscono gli evasori fiscali, della promessa dell'abolizione delle province e della riduzione del numero dei parlamentari (partirà un progetto di riforma costituzionale, dunque tempi lunghi ed esito incerto). Inoltre, niente aumento dell'Iva. Ma ci sono anche dei risvolti politici legati agli equilibri interni alla maggioranza e ai due maggiori partiti che la compongono, Pdl e Lega. E' tutto nel sorriso di Alfano, nel silenzio di Tremonti, nell'assenza di Bossi e nell'iperattivismo di Maroni. Se l'obiettivo dei berlusconiani era “modificare la manovra e arginare Giulio”, sembra essere stato centrato dal Cavaliere, scortato ieri anche dai capigruppo pidiellini di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri.

    Bossi è stato poco più che una comparsa. L'anziano leader, convalescente per la frattura del gomito sinistro, è stato presente solo per qualche ora nel corso di una riunione cominciata alle undici del mattino e protrattasi quasi fino alle diciotto della sera. Campo libero ai colonnelli Maroni e Calderoli che, sotto la regia del primo, hanno confermato i contenuti di un accordo precedentemente siglato con l'intendenza del Pdl. Bossi assente, Tremonti isolato, Alfano raggiante. L'ex Guardasigilli considera questo vertice un successo personale e una buona premessa per le relazioni a venire con un Maroni ormai decisivo nei rapporti di forza interni alla Lega. L'ex Guardasigilli si era preparato anche a fare il muso duro a Tremonti, ma alla fine non è stato necessario.

    Le ragioni di buon senso e cautela manifestate dal ministro dell'Economia non hanno trovato ieri, a differenza che nel passato anche più recente, una sponda nella Lega. Tuttavia la resistenza di Tremonti di fronte alle esigenze politiche e alle preoccupazioni legate al calo di consensi manifestate da Maroni e dal Cavaliere è durata pochissimo, appena il tempo di mettere in chiaro alcuni punti che, domani, se le cose dovessero mettersi male sui mercati, per il ministro dell'Economia varrebbero come un “io ve lo avevo detto”. Angelino Alfano non ha avuto bisogno di fare il duro, ovvero di alludere – come gli era stato suggerito da alcuni amici – a una velata minaccia rivolta al ministro: “O si cambia adesso la manovra o la cambiamo poi in Aula, e sarà peggio”. D'altra parte, dopo aver perorato la causa della flemma, e aver insistito per evitare mosse che potrebbero allarmare le Borse e impennare anche lo spread con i bund tedeschi, Tremonti (che ha poi commentato positivamente l'esito del vertice) ha collaborato alla selezione e alla definizione tecnica degli emendamenti, forse con rassegnazione, forse con l'atteggiamento di chi, dal proprio punto di vista, tenta di arginare i danni. Il ministro, da alcuni giorni al corrente delle novità care sia al Pdl sia alla Lega, pare si fosse già espresso molto negativamente nei propri colloqui con Berlusconi e Bossi: “C'è molta impreparazione in questi emendamenti”, secondo un virgolettato riportato dal Corriere e tuttavia smentito dall'interessato.

    Ma nel Pdl non sono proprio tutti contro Tremonti. Anzi. “Ha i suoi difetti ma anche capacità, e va coinvolto nelle decisioni. Certo, deve dismettere l'atteggiamento da professorino che sa sempre tutto lui, ma non buttiamo a mare la sua intelligenza”. Roberto Formigoni, da candidato in pectore alla leadership del Pdl, ieri ha teso esplicitamente la mano al ministro dell'Economia periclitante anche per i riflessi dell'affaire Milanese. Nel Pdl a trazione Alfano le parole di Formigoni – un potenziale rivale – vengono sempre soppesate con grande attenzione. Tra i berlusconiani più ortodossi, quelli più inclini ad assecondare gli umori neri del Cavaliere (rabbuiato con il ministro dell'Economia), l'ancora timido avvicinamento del governatore lombardo a Tremonti appare un po' sospetto. A Formigoni non sfugge che Tremonti è ancora recuperabile e che l'incrinatura – tuttavia da verificare – tra lui e la gestione leghista di Maroni rimette il ministro dell'Economia sul mercato degli equilibri di potere. Un utilissimo alleato potenziale, con il quale il governatore lombardo in passato ha avuto rapporti di alterna cordialità. Per adesso è meno di niente. Ma chissà.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.