Canottiera padana

Salvatore Merlo

“Per una volta dovresti far prevalere il principio di autorità, ricordare a tutti che sei il presidente del Consiglio, e dire che sulla manovra ‘o si fa così o il governo può anche andare a casa'”. Ma al di là dei suggerimenti ricevuti ieri da Fabrizio Cicchitto, battagliero capogruppo alla Camera, e da Angelino Alfano, indefesso mediatore di carattere neo democristiano, Silvio Berlusconi per adesso non è orientato a prendere di petto né la piccola fronda interna al Pdl guidata da Antonio Martino (“questa manovra non serve a niente”) né tantomeno le intemperanze da campagna elettorale permanente di Umberto Bossi.

    “Per una volta dovresti far prevalere il principio di autorità, ricordare a tutti che sei il presidente del Consiglio, e dire che sulla manovra ‘o si fa così o il governo può anche andare a casa'”. Ma al di là dei suggerimenti ricevuti ieri da Fabrizio Cicchitto, battagliero capogruppo alla Camera, e da Angelino Alfano, indefesso mediatore di carattere neo democristiano, Silvio Berlusconi per adesso non è orientato a prendere di petto né la piccola fronda interna al Pdl guidata da Antonio Martino (“questa manovra non serve a niente”) né tantomeno le intemperanze da campagna elettorale permanente di Umberto Bossi. Il Cavaliere, da giorni ormai, ha optato per il basso profilo. Inutile fare annunci pericolosi a mercati aperti, inutile inseguire troppo la propaganda dell'alleato padano o le piccole trame della corte pidiellina. Berlusconi difende con misura la manovra economica, spiega senza affettazione che è “quello che dovevo fare per evitare la crisi dei nostri titoli”, e sa che semmai “toccherà alla realtà” il compito di spazzare via gli ultimatum leghisti sulle pensioni (mentre il taglio agli enti locali lo si può modificare senza danni).

    La questione non sfugge per primo a Giulio Tremonti, che nelle pieghe del decreto sulla Finanziaria aveva già predisposto i meccanismi necessari a una possibile virata d'urgenza, un inasprimento delle misure capace di innalzare senza ulteriori provvedimenti di legge il peso della manovra dai quaranta miliardi previsti inizialmente fino a oltre cinquantacinque miliardi di euro: le turbolenze nei mercati – per il momento calmi – potrebbero costringere il governo a rafforzare ancora la manovra. E dunque, altro che trattative con Bossi: l'innalzamento dell'età pensionabile diventerebbe drammaticamente urgente. Ci si troverebbe di fronte alla durissima opzione di dover scegliere tra l'innalzamento a sessantacinque anni e il taglio lineare delle esenzioni fiscali. Il presidente del Consiglio non partecipa al teatro delle lamentele, osserva con fastidio ma è pronto a sorridere, ad allargare le braccia: “Dipendesse da me…”.

    “In questo momento gli unici
    che hanno ragione sono quelli che riescono a stare zitti”, dice Maurizio Gasparri. Come il suo omologo della Camera, Fabrizio Cicchitto, anche il capogruppo del Pdl in Senato pensa che “agitarsi non addolcisca i mercati”, che l'affastellarsi di dichiarazioni e proposte non serva a nulla: ieri è intervenuto anche Maurizio Sacconi dicendo che le pensioni non vanno toccate perché “la riforma c'è già stata”. In definitiva l'entourage di Silvio Berlusconi asseconda il premier nella strategia del basso profilo: fa bene a scaricare su Angelino Alfano e sui gruppi parlamentari il dibattito sulla manovra. “Ho fatto quello che si doveva, adesso tocca al Parlamento”, ha detto il Cav. Poche parole, domenica notte, dopo la vittoria sulla Juventus con la quale il Milan si è aggiudicato il trofeo Berlusconi. E dunque dall'inner circle del Cavaliere filtrano scarsissimi commenti – ma per la verità non positivi – sul vertice che ieri ha riunito al cospetto di Bossi i dirigenti della Lega e che ha confermato l'aut aut padano sulle pensioni e soprattutto sul taglio agli enti locali. “Oggi la Borsa ha chiuso bene, ma non siamo mica fuori dalla tempesta”, dice Gasparri per intendere che le misure di austerità non piacciono a nessuno ma nell'emergenza non sono più procrastinabili: “I leghisti fanno le loro riunioni, noi faremo le nostre”. La prima è domani, il direttivo dei gruppi parlamentari del Pdl, presiede il segretario Alfano. Tempi rapidi sul provvedimento, tuttavia. Entro la prossima settimana la commissione Bilancio del Senato dovrà aver terminato il proprio lavoro e dunque dovrà esserci già un accordo con la Lega: il 5 settembre è previsto il voto in Aula, quasi certamente con la fiducia. “La manovra non può restare così com'è e dovrà essere blindata a Palazzo Madama e a Montecitorio”, hanno già concordato ieri Cicchitto, Gasparri e Berlusconi. Il ruolo di interdizione che la Lega sta assumendo infastidisce, ma nessuno mette in dubbio che alla fine il buon senso possa prevalere “sui riflessi pre elettorali”. Tanto più se in realtà l'intervento sui tagli ai comuni – come dicono tutti – lo si può modificare senza strepiti. Bossi digerirà le pensioni e salverà gli enti locali. La Lega potrà gridare alla vittoria. E avanti così.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.