Il dopo Mubarak

Attacco a Israele dal Sinai, si riapre un fronte nella guerra al terrore

Daniele Raineri

Alla guerra permanente contro Israele si aggiunge il fianco sud. Una squadra di venti terroristi si è infiltrata all'estremità meridionale di quel triangolo rovesciato che è il deserto del Negev e ha colpito con quattro attacchi a venti chilometri dalla città di Eilat. Due autobus sono stati colpiti a distanza di un'ora con mitragliatrici, lanciarazzi e mortai, e un mezzo militare in arrivo per proteggere i civili è saltato su una mina stradale. Sette israeliani sono morti e 33 sono stati feriti, tra cui due bambini di quattro e sette anni.

    Alla guerra permanente contro Israele si aggiunge il fianco sud. Una squadra di venti terroristi si è infiltrata all'estremità meridionale di quel triangolo rovesciato che è il deserto del Negev e ha colpito con quattro attacchi a venti chilometri dalla città di Eilat. Due autobus sono stati colpiti a distanza di un'ora con mitragliatrici, lanciarazzi e mortai, e un mezzo militare in arrivo per proteggere i civili è saltato su una mina stradale. Sette israeliani sono morti e 33 sono stati feriti, tra cui due bambini di quattro e sette anni. Almeno sette attentatori sono stati uccisi dalla reazione delle forze di sicurezza – gli occupanti del primo autobus erano per la maggior parte soldati in licenza diretti alle spiagge di Eilat. La trappola esplosiva piazzata sulla strada è riuscita a uccidere sul colpo tutti gli occupanti del mezzo militare ed è il segno evidente, assieme alle divise dell'esercito egiziano che gli uomini indossavano secondo alcuni testimoni e al fatto che la zona è comunque accessibile soltanto dopo aver passato la frontiera, che si tratta di un'operazione pianificata bene.

    L'attacco sconvolge una delle zone di Israele dove l'allarme antiterrorismo aveva con il tempo lasciato il posto a una tranquilla routine frontaliera. L'autostrada 12 nel suo tratto finale sfiora il confine e lo costeggia a pochi metri, i torpedoni verdi della Egged lenti e carichi di turisti fanno ormai parte del paesaggio e soltanto il dieci per cento del confine demilitarizzato con l'Egitto è segnato da una recinzione.

    Le rotte d'infiltrazione della squadra possono essere due. O dalla Striscia di Gaza, che è molto più a nord e avrebbe richiesto uno spostamento in territorio israeliano molto lungo – ma il tratto di strada che porta verso Eilat è il più deserto del paese. Oppure dal vicino deserto del Sinai, appena oltre la frontiera. Il ministro della Difesa, Ehud Barak, accusa Hamas: “Le origini del terrore sono a Gaza e agiremo contro di esse con tutta la nostra forze e determinazione”. Hamas nega ogni responsabilità nell'attacco, ma rifiuta di consegnare alcuni sospettati. Le Nazioni Unite, temendo la reazione militare israeliana sulla Striscia hanno ordinato al proprio personale di evacuare l'area.

    Gli aerei israeliani hanno bombardato obiettivi scelti a Gaza, uccidendo cinque appartenenti a un'organizzazione salafita legata a Hamas. Per Israele si avvera un timore cominciato a febbraio, quando gli egiziani hanno deposto il rais Hosni Mubarak e la giunta militare che lo ha sostituito si è dimostrata incapace di riempire il vuoto di potere. Il nuovo Egitto non ha rotto l'alleanza con Gerusalemme, ma non esercita più il controllo di prima sulle frange estremiste ed è diventato di fatto il fianco sud della lotta tra Gerusalemme e i terroristi. Dal Sinai continuano ad arrivare segnali minacciosi. Due settimane fa centinaia di uomini armati hanno assaltato due stazioni di polizia a el Arish, uccidendo sette agenti e distribuendo volantini islamisti alla popolazione. Il gasdotto che trasporta il gas dall'Egitto a Israele è stato fatto saltare cinque volte in cinque mesi. Gli evasi dalle carceri egiziane durante la rivolta, molti dei quali appartenenti a gruppi estremisti e in alcuni casi ad al Qaida, hanno trovato nel Sinai un rifugio sicuro. Assieme al sud est tribale e sunnita della Siria, la penisola desertica si candida a essere un nuovo centro di gravità per il terrorismo arabo, come già lo è da tempo il Waziristan in Pakistan.
    Tre giorni fa l'esercito egiziano ha lanciato una vasta operazione nel Sinai con un migliaio di soldati proprio per riportarlo sotto controllo. Il Cairo prima di agire s'è accordato con Gerusalemme, perché secondo i trattati di pace del 1979 nella zona non è prevista la presenza di militari e ogni manovra non annunciata potrebbe apparire minacciosa.

    Il degrado della sicurezza non fa parte della nuova politica estera dell'Egitto, che dopo la caduta di Mubarak ha imboccato una svolta ostile contro Israele, per esempio con l'apertura parziale del valico di Rafah con la Striscia di Gaza e l'apertura verso l'Iran. Ma è evidente che nella penisola il controllo rigoroso dei tempi di Mubarak non c'è più e Israele ha cominciato a pagarne il prezzo.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)