I ladri selettivi si riprendono le loro divise, altro che scarpe firmate

Alberto Mucci

Il saccheggio dei rivoltosi inglesi è stato selettivo: quasi chic, secondo alcuni, che hanno evidenziato il gusto per i “capi firmati” dei teppisti. Più che un banale bottino di marchi costosi, quella della sottocultura inglese è la rivendicazione della divisa della lower class: scarpe bianche Adidas, pantaloni della tuta e felpa con cappuccio. Una moda autoreferenziale che, come ha raccontato Refinery29, blog di culto tra gli “shoelovers”, porta naturalmente a preferire merce popolare.

    Il saccheggio dei rivoltosi inglesi è stato selettivo: quasi chic, secondo alcuni, che hanno evidenziato il gusto per i “capi firmati” dei teppisti. Più che un banale bottino di marchi costosi, quella della sottocultura inglese è la rivendicazione della divisa della lower class: scarpe bianche Adidas, pantaloni della tuta e felpa con cappuccio. Una moda autoreferenziale che, come ha raccontato Refinery29, blog di culto tra gli “shoelovers”, porta naturalmente a preferire merce popolare rispetto ai brand di cui racconta il giornalista collettivo. Quando gli insorti hanno attaccato i negozi di Adidas, Foot Locker, Debenhams e Tk Maxx (colossi dei vestiti low cost) non era per punire le multinazionali dell'abbigliamento. Al contrario, è stata l'espressione di consumatori capitalisti che puntano a un obiettivo preciso.

    L'en plein è avvenuto a Clapham Junction, quartiere nella parte meridionale della città, dove i rivoltosi, dopo aver saccheggiato i negozi in tutta tranquillità, camminano a gruppetti indisturbati, traballanti sotto il volume dei pacchi che faticano a tenere in braccio. Un saccheggiatore passa ridacchiando: “Ho sbagliato misura”, confessa agli amici e ritorna sui suoi passi per scambiarlo con una scatola dal coperchio azzurro acceso interrotto da tre righe bianche: Adidas. Refinery29 racconta anche di come i teppisti hanno attaccato Louis Vuitton e Smythson, marchio noto per i prodotti in pelle di lusso, hanno infranto i loro vetri, ma i capi, questa volta di firme davvero costose, non sono stati toccati, sono rimasti lì, appesi ai manichini e sugli scaffali, tra l'indifferenza della working class inglese in rivolta, dove lo chic è un'altra cosa.

    I teppisti inglesi possono essere accusati di violenza, di isteria e di opportunismo ma resta innegabile un elemento di paradossale coerenza: le razzie non si sono accontentate di abiti firmati qualsiasi, non sono state espressione di una voglia di lusso, dell'espropriazione dei simboli della classe nobile della City e nemmeno della becera ricettazione; al contrario, rubando selettivamente e tralasciando l'alta moda, i rivoltosi hanno rivendicato la propria identità: sono il prodotto della cultura delle case popolari inglesi, dove l'abitazione trascina con sé i connotati identitari e modifica contestualmente linguaggio, atteggiamento e vestiario. Le scarpe Adidas, preferibilmente bianche, e il pantalone della tuta di cotone grigio o nylon blu sono un'irrinunciabile divisa anche davanti alla scelta degli status symbol altrui.