La crisi greca diventa una sitcom

Michele Masneri

Fa il 60 per cento di share il programma “Generazione 592 euro” (in greco, “E genìa ton 592 euro”), andato in onda per la prima volta in ottobre 2010 in prima serata e che da mesi sta tenendo attaccata alla televisione soprattutto la generazione di riferimento, i ragazzi tra i 14 e i 24 anni che si rispecchiano nei protagonisti di questa serie di “giovani, carini e disoccupati”, tutti almeno laureati e di ritorno dopo costosi master e Ph.D. all'estero, che non sono serviti a nulla al ritorno in una Atene in piena eurocrisi.

    Fa il 60 per cento di share il programma “Generazione 592 euro” (in greco, “E genìa ton 592 euro”), andato in onda per la prima volta in ottobre 2010 in prima serata e che da mesi sta tenendo attaccata alla televisione soprattutto la generazione di riferimento, i ragazzi tra i 14 e i 24 anni che si rispecchiano nei protagonisti di questa serie di “giovani, carini e disoccupati”, tutti almeno laureati e di ritorno dopo costosi master e Ph.D. all'estero, che non sono serviti a nulla al ritorno in una Atene in piena eurocrisi.

    Si chiama “Generazione 592 euro” anche quella che fa riferimento al manifesto dei giovani universitari lanciato a fine 2010, che si proponeva tra le proteste obiettivi difficili come libri di testo e trasporti gratis, ma non c'entra con la commedia ideata dallo sceneggiatore Lambros Fisfis, 28 anni, che al Foglio rivela piuttosto come la serie in realtà doveva chiamarsi “Generazione 700 euro”; ma poi Atene ha ulteriormente abbassato il salario minimo per i giovani a 592 euro al mese, appunto. “E di questo passo la prossima serie si chiamerà ‘Generazione 300 euro'”, dice sempre Fisfis, che ha già vinto importanti premi a livello internazionale. La serie ha quasi quattordicimila fan su Facebook. Lui si schermisce dicendo che “avevo semplicemente voglia di scrivere della mia generazione, non mi aspettavo un successo del genere, assolutamente, mentre la scrivevo”, invece il successo è stato immediato.

    Il ritmo delle battute è serrato, i dialoghi brillanti, la colonna sonora è “The employee of the month” della band inglese The Anomalies. I protagonisti, già quasi star a livello domestico (Thodoros Antoniadis, Andri Theodotou, Dimitris Makalias, Ioanna Triantafyllidou, Lefteris Eleftheriou, Konstadinos Gavalas) sono sei giovani che dividono casa sotto il Partenone: tra questi, Stauros è un dottorando in Fisica mentre Katerina è laureata alla facoltà di Legge a Harvard. C'è anche un po' di multiculturalismo: Miri è uno studente ucraino fighetto amante del design e della bella vita. E così via. Il plot è simile ai vari “Friends” e loro derivati: avventure amorose, feste alcoliche, crisi psicologiche, ma il focus è centrato sulla ricerca – inutile – del posto di lavoro.

    In un paese dove la disoccupazione giovanile è al 42 per cento, sai di far parte della generazione 592 euro – dice Fisfis – “quando all'ufficio di collocamento conosci tutti per nome”. Oppure, come recita il trailer, “quando dopo aver studiato a Harvard torni ad Atene e servi il tè alle persone che servono caffè nei bar”. Lo stesso Fisfis è un esempio dei nuovi emigranti greci: attualmente vive a Lisbona, dalla fidanzata portoghese, anche lei generazione 592 euro o qualcosa di più e anche lei membro di diritto della generazione Pigs (i famigerati Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna), ma a settembre tornerà in Grecia per mettere a punto la seconda serie del suo show. La prima annata, appena chiusa, si conclude con un finale incerto: tutto il cast lascia la Grecia, chi per la Gran Bretagna e chi per Cipro, qualcun altro va a fare il giro del mondo. Pigs con le ali, dunque.

    “Era l'unico finale che ci è venuto in mente – dice Fisfis – perché adesso l'unico export che facciamo qui ad Atene è quello di persone”. Mentre la crisi atterrisce i mercati e l'Italia è nella tempesta, anche noi presto dovremo attenderci una generazione 592 euro?, magari uno spinoff della serie? “Credo che i paesi del mediterraneo abbiano problemi simili – risponde Fisfis al Foglio – ma che il nostro sia veramente un caso limite”.