L'angelo dei neo dialetti finti colpisce ancora dalle parti di Adelphi

Guido Vitiello

Che l'angelo Moroni sia tornato tra i mortali? Nel 1823 era apparso in visione al profeta Joseph Smith, fondatore della chiesa dei mormoni, e lo aveva guidato a delle sacre tavole d'oro incise in un fantomatico “egiziano riformato”, la lingua dei primordiali abitatori del continente americano, discendenti dalle tribù perdute di Israele. Ora tutto lascia supporre che il messaggero celeste si sia rifatto vivo con lo scrittore ischitano Andrej Longo.

    Che l'angelo Moroni sia tornato tra i mortali? Nel 1823 era apparso in visione al profeta Joseph Smith, fondatore della chiesa dei mormoni, e lo aveva guidato a delle sacre tavole d'oro incise in un fantomatico “egiziano riformato”, la lingua dei primordiali abitatori del continente americano, discendenti dalle tribù perdute di Israele. Ora tutto lascia supporre che il messaggero celeste si sia rifatto vivo con lo scrittore ischitano Andrej Longo, e gli abbia dettato un intero romanzo in “napoletano riformato”, o meglio in un intreccio di cinque o sei dialetti del sud – “una lingua che l'autore stesso dice di non aver costruito a tavolino, ma di avere ‘sognato'”, si legge nel risvolto di copertina di “Lu campo di girasoli” (Adelphi).

    A Joseph Smith l'angelo Moroni aveva dato anche degli occhiali prodigiosi, che consentivano di tradurre dall'egiziano riformato in inglese. Con Longo non è stato altrettanto generoso, e il lettore poco familiare con questa Ursprache panmeridionale deve aggrapparsi agli scampoli di parole moderne che vi restano impigliati qua e là: “Lu motoscooter cu li tre vuaglionni si attravirsava senza prescia lu bosco di aulivi, da sotto lu Muntagnone”; a “lu party” c'era “lu sfriccicamiento de li luminari elettronici”, ed è facile intuire a cosa si riferiscono “lu tilefono”, “la tilivisione” e “lu peroncino”. Ma per lo più lo scenario è arcaico e fiabesco, fatto di feste del santo, tammorre, personaggi che si chiamano Cicciariello o Capa di Ciuccio ed enigmatici sparvieri che appaiono nel cielo come presagi.

    Longo non è l'unico destinatario della nuova ondata di apparizioni di Moroni. Forse l'angelo delle lingue-patacca ha fatto una capatina anche sulla spalliera del letto di Andrea Camilleri, invitandolo a trascrivere il ciclo di Montalbano da tavole incise in siciliano riformato. Qualche anno fa il critico Massimo Onofri diede a intendere di averlo avvistato sul tetto di un altro scrittore Adelphi, il sardo Salvatore Niffoi, intento a dettargli romanzi in una misteriosa lingua mista di italiano e barbaricino, mai parlata da alcun vivente in Barbagia o altrove, forse da qualche tribù perduta di israeliti della Sardegna centrale.

    Una lingua “falsa ed eclatante come uno sgargiante gioiello da bigiotteria”, scriveva Onofri, che sognava di presentarsi a Niffoi con una forma di pecorino sardo prodotta nell'alto Lazio: “Sarebbe stato il modo di tradurre in correlativo oggettivo – la forma di pecorino apparentemente genuina, in realtà prodotta industrialmente chissà dove – l'operazione che, letteralmente (e letterariamente), Niffoi compie, avallato dalla pregiata griffe adelphiana, sugli scaffali del grande supermercato librario”.
    Scaffali dove, per inciso, la bigiotteria di quel tipo abbonda. Oggi lo scrittore esordiente, specie se inurbato di recente, facilmente soccombe alle sirene del noir di provincia infarcito di espressioni dialettali, e in questo fa il paio con quei suoi omologhi di città che scrivono in una neolingua modellata sul doppiaggio dei film americani.

    Non che ci sia niente di male a creare lingue o dialetti immaginari, per carità (il Diego Abatantuono degli albori ne è la riprova). Tutto sta a non presentarli come espressione di “un sud affocato e sanguigno”, come fa il risvolto di copertina di “Lu campo di girasoli”: “…un impasto sorprendente e sapido, ricco di tutti i colori, i suoni e i sapori dell'estate mediterranea: dal giallo acceso dei girasoli al richiamo ossessivo e quasi minaccioso della tammorra, al gusto forte e deciso del vino Primitivo”.
    I colori e i sapori dell'estate mediterranea? Il gusto forte e deciso del Primitivo? Ma che cosa sono, formule da copywriter della Valtur, da organizzatori di festival di pizzica, da rivenditori di prodotti tipici come il pecorino sardo-laziale di Onofri?
    Il kitsch, diceva Abraham Moles, si presenta spesso come un neo qualcosa. Lu revival neo dialettale, penzammo, nun face eccezziona.