La pubblicità non è morta (per adesso)

Michele Boroni

Già il cambio di nome doveva metterci all'erta. Dopo ben 58 edizioni del Festival della Pubblicità, quest'anno a Cannes è cambiata la “ragione sociale” dell'evento che, per una settimana, riunisce al Palais De Festivals tutto il mondo che conta della comunicazione premiando le campagne pubblicitarie più belle. Non più “festival della pubblicità” bensì “della creatività”.
Il mercato pubblicitario non se la passa benissimo. E' finito il tempo delle vacche grasse e delle crescite a doppia cifra.

    Già il cambio di nome doveva metterci all'erta. Dopo ben 58 edizioni del Festival della Pubblicità, quest'anno a Cannes è cambiata la “ragione sociale” dell'evento che, per una settimana, riunisce al Palais De Festivals tutto il mondo che conta della comunicazione premiando le campagne pubblicitarie più belle. Non più “festival della pubblicità” bensì “della creatività”.
    Il mercato pubblicitario non se la passa benissimo. E' finito il tempo delle vacche grasse e delle crescite a doppia cifra. I budget milionari delle grosse multinazionali ci sono ancora, ma l'efficacia della pubblicità sui media tradizionali non è più la stessa. Crisi dell'editoria, audience televisive frammentate, sovraffollamento di messaggi, utenti sempre più disattenti. Una storia che già conosciamo. In più c'è Internet e tutto il settore digitale che offre un sacco di opportunità di comunicazione, possibilità di sperimentare nuove vie, ma senza le sicurezze del passato.

    Tutti questi sono i motivi che giustificano il cambio del nome del festival di Cannes. Ci vorrà del tempo per digerire e decantare. Intanto il Gran Prix (il premio più ambito) è andato al solito spottone multimilionario della Nike pieno zeppo di star (Cristiano Ronaldo, Rooney, Cannavaro, Kobe Bryant). Ma quest'anno una piccola novità si è intravista dall'Italia, solitamente fanalino di coda in queste kermesse, che ha sovvertito l'usuale consuetudine del cliente/azienda che passa il banale brief all'agenzia la quale deve fare i salti mortali per realizzare qualcosa di minimamente creativo. Una neonata agenzia milanese, Cric, per lanciarsi sul mercato ha deciso di realizzare un piccolo film, innocente e intimo: una storia d'amore lunga una vita, che comincia con una lettera di un bambino a quella che diventerà la sua futura moglie, ora anziana e malata.

    Lo hanno proposto a un po' di aziende, ma tutte hanno risposto con la solita motivazione: “I vecchi e i malati non tirano in pubblicità”. Allora i tipi della Cric decidono di mettere il video sui social network (lo trovate su YouTube o Vimeo digitando il titolo “Perché tu mi piaci”). Risultato? Un milione e mezzo di visualizzazione in una settimana. Entusiasmo da parte di tutti, al punto che Poste Italiane, cliente “naturale” dello spot, si fa avanti e si propone per finanziarlo a posteriori. La pubblicità rimane unbranded, senza marchio, ma con uno slogan finale (“Se lo scrivi dura”) che non desta alcun dubbio. Questo spot, che con un'idea semplice e universale ha sovvertito completamente il processo committente-agenzia, ha vinto il Leone di Bronzo a Cannes.