Rito lento, gogna immediata

Marco Pedersini

La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera, lo scorso 5 aprile, nei confronti della procura di Milano. Con il suo voto, l'Aula aveva stabilito che le indagini su concussione e prostituzione minorile a carico del premier non spettavano ai pm milanesi, ma al Tribunale dei ministri di Milano. Di Pietro (Idv), quel pomeriggio, aveva parlato di “falsità storica” votata in “un giorno di ordinaria follia”. La Consulta, al contrario, ha detto che il conflitto ha le sue ragioni, anzi, se ne può discutere.

    La Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera, lo scorso 5 aprile, nei confronti della procura di Milano. Con il suo voto, l'Aula aveva stabilito che le indagini su concussione e prostituzione minorile a carico del premier non spettavano ai pm milanesi, ma al Tribunale dei ministri di Milano. Di Pietro (Idv), quel pomeriggio, aveva parlato di “falsità storica” votata in “un giorno di ordinaria follia”. La Consulta, al contrario, ha detto che il conflitto ha le sue ragioni, anzi, se ne può discutere.

    Se ne dibatterà, però,
    soltanto tra qualche mese, forse a inverno inoltrato. E' difficile prevedere la data di approdo della procedura, che è molto articolata: la Consulta deve notificare la sua decisione alle parti, lasciando due mesi di tempo alla Camera per notificare il ricorso alla procura milanese e altri trenta per depositarlo presso la cancelleria della Corte costituzionale, che a quel punto fisserà una data.

    Per questo gli antagonisti del premier
    fingono distacco e tengono l'artiglieria in serbo per scontri futuri. Il giudizio della Corte costituzionale, commentano, è “un verdetto scontato”, giusto un preliminare, del resto la Consulta ha accolto anche il conflitto di attribuzione sul caso Mastella, a marzo: secondo il Senato, le indagini che avevano portato alle dimissioni l'ex Guardasigilli non spettavano alla magistratura partenopea. La decisione lascia “impregiudicata ogni ulteriore e diversa valutazione” nel merito, la palla torna al centro e ci si rivede quest'inverno.

    Restano da valutare i contraccolpi per il processo al premier, che potrebbe, se i giudici milanesi lo riterranno opportuno, continuare il suo corso. La prassi e il buon senso, di solito, suggeriscono una sospensione, per evitare che una sentenza contraria della Consulta costringa a vanificare mesi di lavoro. L'esegesi ambrosiana, invece, finora è stata per ignorare i lavori della Corte costituzionale finché non produrranno decisioni definitive. Sulla stampa iniziano a trapelare citazioni del processo Abu Omar, come precedente in cui il tribunale aveva deciso di proseguire nonostante un pronunciamento imminente della Consulta. Il riferimento, tuttavia, calza a malapena, sia per le scarse affinità – allora si trattava di procedere nonostante due governi di colore diverso avessero opposto il segreto di stato – sia perché alla fine, pochi giorni dopo l'apertura del processo, il giudice Oscar Magi aveva considerato opportuno attendere la decisione della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione.

    L'udienza di lunedì 18 luglio è diventata la chiave del “processo Ruby”. In quella data, i giudici della Quarta sezione penale leggeranno un'ordinanza riguardo alle conclusioni rispetto alle eccezioni presentate dalla difesa del presidente del Consiglio. Ci si aspetta un'ordinanza sostanziosa, viste le numerose obiezioni sollevate contro l'operato della procura milanese – saranno decisive le risposte alle eccezioni sui “1.732 casi di intercettazione di utenze riferibili a Berlusconi”, ha contato Ghedini, che sono state intercettate senza alcuna autorizzazione della Camera.

    In base alle decisioni del tribunale, i legali del premier potrebbero chiedere anche la sospensione del processo, in attesa della pronuncia della Consulta. Per ora Piero Longo si abbottona su un “valuteremo con attenzione”, mentre Niccolò Ghedini garantisce che non ci sarà bisogno di alcuna richiesta: “Non abbiamo ragione di chiedere di sospendere il processo perché riteniamo che le eccezioni che abbiamo presentato saranno accolte”.

    Un modo per arrivare alla sospensione, nel caso le previsioni di Ghedini venissero disattese, ci sarebbe. Da aprile si parla di un emendamento al disegno di legge sul “processo lungo”, al momento in Senato, per imporre la sospensione automatica dei processi oggetto di conflitto d'attribuzione tra i poteri dello stato. Il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri, assicura però che “non ci sono iniziative imminenti in questo senso”.

    Nel frattempo il rito immediato contro il premier si è diluito in intervalli molto più ampi delle aspettative iniziali della procura. Dal 6 aprile a oggi, ci sono state soltanto quattro udienze. Superati gli scogli iniziali, il processo è destinato a ingolfarsi di testimoni: per verificare i racconti di “Ruby rubacuori”, la pubblica accusa ha chiesto di sentire 132 testimoni, oltre i 78 della difesa. Kharima “Ruby” el Mahrough rifiuta ancora di costituirsi parte civile. Ha fatto shopping con un'amica in via XII Ottobre, nel centro di Genova.