E' una Coppa talmente avvincente che per la prima volta ho dormito

Lanfranco Pace

Confesso che alla quarta partita per la prima volta in vita mia mi sono addormentato secco. Accade che squadroni strombazzati – e forse sopravvalutati – giochino a sprazzi e senza genio. E che le tozze s'arrocchino, puntando alle caviglie e rinunciando a tirare in porta per interi quarti d'ora. Accade che attacchi da tre, quattrocento milioni di euro s'incartino come pupi dentro imbuti da cui nemmeno Garrincha o Pedernera sarebbero usciti vivi palla al piede. Pare che sia perché solo quattro squadre vengono eliminate in questa fase e due sembrano predestinate.

    Confesso che alla quarta partita per la prima volta in vita mia mi sono addormentato secco. Accade che squadroni strombazzati – e forse sopravvalutati – giochino a sprazzi e senza genio. E che le tozze s'arrocchino, puntando alle caviglie e rinunciando a tirare in porta per interi quarti d'ora. Accade che attacchi da tre, quattrocento milioni di euro s'incartino come pupi dentro imbuti da cui nemmeno Garrincha o Pedernera sarebbero usciti vivi palla al piede. Pare che sia perché solo quattro squadre vengono eliminate in questa fase e due sembrano predestinate. La Costarica chiamata all'ultimo si è presentata con l'Under 20. E il Messico la cui formazione è stata falcidiata dalla stessa Federazione che ha sospeso e punito i migliori per aver ospitato in albergo avvenenti professioniste di partite di jambes en l'air. Per ora dunque si rovescia l'antico precetto e l'unico modo per non prenderle sembra che sia rinunciare a darle. Questo, più il caldo, più l'ora tarda, più una pasta con le sarde, ciao Paraguay ed Ecuador…

    GRUPPO A. Argentina-Bolivia: 1-1. Reti: Rojas (B) 3' st, Agüero (A) 30' st. Arbitro: Silvera (Uruguay)
    Doveva essere il primo atto della “rabiosa” cavalcata verso quel titolo continentale che all'Argentina sfugge da diciotto anni. Siamo stati a un passo da un nuovo “desarrollo sueco”, quello del 1958 quando i Labruna i Loustau, i resti della divina “Maquina” del River Plate, sbarcarono in Svezia come padroni del mondo e tornarono da ultimi del girone, tre cannoli incartati dai tedeschi – dell'ovest – e sei da una banda proletaria e comunista, la Cecoslovacchia di Masopust. Nella storia argentina quel lutto fu paragonabile solo alle morti di Evita e di Gardel. Questa volta almeno non hanno perso. Di fronte, la Bolivia, che maramaldeggia a tremila seicento metri quando gli avversari hanno bisogno di maschere per l'ossigeno. Evo Morales presidente fumantino e onnipresente vuole anche a livello del mare un'affermazione d'orgoglio nazionale. Per tutto il primo tempo i boliviani reggono le folate del tridente Messi-Tevez-Lavezzi, brevilinei dribblomani che si intestardiscono e fanno fior di sciupii. Al 3' del secondo tempo passano addirittura in vantaggio, una scena da Nazionale cantanti. Passaggio innocuo verso l'interno dell'area di rigore dove è appostato tal Edivaldo Rojas Hermoza, brasiliano di madre boliviana che gioca nella squadra portoghese del Naval. Colpo di tacco, a difesa del primo palo c'è Banega centrocampista argentino. Un altro innamorato dei propri piedi che anziché spazzare via azzarda lo stop, liscia la palla. Alle sue spalle Romero il portiere è un altro stordito. “Bala, tacheto, gooool”, gridano i telecronisti boliviani increduli. Argentina in apnea. Affonderebbe definitivamente se Marcelo Martins che gioca in Ucraina e sembra il clone di Alessandro Matri non si impappinasse a tu per tu con il portiere. Ci vorrà una delle tante sgroppate in area del vecchietto Burdisso e un intelligente assist di petto per El Kun Agüero con susseguente sventola al volo sotto la traversa per rimettere le cose a posto ed evitare il lutto nazionale. Il Messi saltellante e gioioso di Barcellona ancora non si vede, ha sempre la faccia triste di un Roman Polanski arrestato per stupro di minorenne. Di Sergio Batista, loro allenatore, il grande presidente del Palermo Zamparini ha detto che andrebbe licenziato in tronco perché solo un asino può pensare di fare a meno di un centrocampo che costruisca e di un playmaker che imposti. Nella prossima decisiva partita contro la Colombia pare dunque che debba giocare Javier Pastore. Si direbbe che sull'Argentina pesi ancora la maledizione della mano de Dios a Messico 1986.

    GRUPPO A.
    Colombia-Costarica: 1-0. Reti: 45' pt Ramos (C). Arbitro: Osses (Cile)
    Difesa colombiana da domenica italiana: Zapata, Zuniga, Yepes, Armero e Cuadrado. Roba seria. Traversa centrata in pieno dal gioiello del Porto Falcao, sgroppate a tutto campo del poderoso Rodallega. Allo scadere del primo tempo tiro a incrociare da sinistra a destra di Ramos, attaccante in forza all'Hertha Berlino. Non bella partita ma massimo risultato con il minimo sforzo.

    GRUPPO B. Brasile-Venezuela: 0-0. Arbitro: Orosco (Bolivia)
    Che dire: la prima palla il portiere brasiliano Julio Cesar l'ha toccata dopo mezz'ora. Attacco esplosivo, Pato che aggancia con piedi di velluto palle che gli piovono da cinquanta metri e poi spara sulla traversa, Robinho che corre ondeggia e divora, Neymar che si è visto ha una tecnica demenziale quanto la sua capigliatura da tasso, Ganso così lontano da una condizione accettabile di forma da sembrare ipertiroideo ipotonico e che pure due tre lanci in verticale li fa vedere: insomma fuochi d'artificio per quaranta minuti poi sipario. Poco, troppo poco, per i verdeoro che vogliono la Copa come viatico al Mondiale 2014.

    • Lanfranco Pace
    • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.