Il giorno del delfino

Alfano, il segretario vero di un partito che però si chiama sempre Cav.

Salvatore Merlo

“Berlusconi non dovrà considerarlo un esecutore. Alfano dovrà essere investito di responsabilità. Con lui abbiamo posto le basi per sollevarci dalla palude”. Maurizio Gasparri, che nel Pdl fa il capogruppo al Senato con la meritata fama di chi (quasi) mai ricorre a circonlocuzioni o eufemismi, sembra più che sincero quando dice al Foglio di credere all'inedito ruolo di segretario politico che il Guardasigilli Angelino Alfano da ieri ricopre ufficialmente nel Pdl; una creatura che Silvio Berlusconi preferisce chiamare “aggregato”, “movimento”, e solo raramente, quando gli scappa, o quando ha finito i sinonimi, “partito”.

    “Berlusconi non dovrà considerarlo un esecutore. Alfano dovrà essere investito di responsabilità. Con lui abbiamo posto le basi per sollevarci dalla palude”. Maurizio Gasparri, che nel Pdl fa il capogruppo al Senato con la meritata fama di chi (quasi) mai ricorre a circonlocuzioni o eufemismi, sembra più che sincero quando dice al Foglio di credere all'inedito ruolo di segretario politico che il Guardasigilli Angelino Alfano da ieri ricopre ufficialmente nel Pdl; una creatura che Silvio Berlusconi preferisce chiamare “aggregato”, “movimento”, e solo raramente, quando gli scappa, o quando ha finito i sinonimi, “partito” (la sua frase tipica è: “Il solo sentire la parola partito mi fa venire l'itterizia”). Il Cavaliere, allergico com'è alle liturgie, fosse stato per lui, ieri, avrebbe dato per buona l'ovazione che il Consiglio nazionale del Pdl ha tributato subito al giovane ministro Alfano: “Ecco Angelino, sei eletto segretario”, ha sorriso il premier abbracciando la standing ovation della platea. I mille delegati del Pdl, faticosamente convocati a Roma all'Auditorium di via della Conciliazione da Denis Verdini, sarebbero dovuti essere più spettatori che elettori. Il Cavaliere, che battezzò la sua Forza Italia atterrando da un elicottero tra raggi laser e coriandoli, alla rappresentanza ha sempre preferito la rappresentazione e dunque anche stavolta, da buon funzionalista, avrebbe voluto evitare quello che deve essergli sembrato un polveroso rituale. Meglio un applauso e un brindisi. Perché poi il voto c'è stato, ma per ottenerlo è dovuto intervenire Verdini. “No, scusa presidente, ci vogliono solo cinque minuti ma dobbiamo farlo. Qua c'è anche il notaio. Si deve votare”, ha spiegato al premier il suo architetto di retrovia. A quel punto il Cav. si è quasi commosso, con il notaio – e sembrava la scena di un quiz televisivo – che lo ha invitato a dare il via alla votazione che per alzata di mano ha consegnato Alfano alla segreteria del Popolo della libertà.

    “In quel momento Verdini è stato
    di un tempismo eccezionale”, se la ride con il Foglio Maurizio Gasparri. Ma il siparietto un po' conferma i dubbi che gravano sul ruolo di Alfano: si può essere davvero segretari di un partito che si chiama “Popolo” e che ha un padrone con il carisma di Silvio Berlusconi? Massimo D'Alema, con la nota spavalderia, ha detto che “il delfino di un pescecane rischia grosso”. Risponde Gasparri: “Se fossi D'Alema penserei più a Morichini e a tutti gli squali che girano attorno a lui”. Eppure il rischio che il segretario diventi solo un volto televisivo, privo delle leve di potere, esiste. “Essere segretario con Berlusconi in attività è una sfida durissima. Alfano dovrà riuscire a occupare un ruolo e uno spazio politico autonomi rispetto al leader. Credo che Berlusconi l'abbia capito, anche per effetto della coralità con la quale la nomina di Alfano è stata invocata e accettata da tutti. Dopo mesi e mesi di difficoltà adesso ci sentiamo sollevati. Non è tutto risolto nel Pdl e nel governo, c'è la crisi e ci sono alcune incomprensioni, ma abbiamo posto le condizioni per superare la tempesta”. Alfano può essere sul serio il delfino di Berlusconi? “Io non lo caricherei di responsabilità salvifiche totali. Voi giornalisti decidetevi: o è una controfigura o è l'uomo del destino. Di sicuro ieri ci ha dato una linea politica: dobbiamo cercare l'Udc e stare ancorati al Ppe”.

    Angelino Alfano ha di fronte a sé due strade, entrambe pericolose. Se darà l'impressione di eccessiva lealtà a Silvio Berlusconi finirà con il condividerne, nel bene e nel male, la sorte. Mentre se dovesse conquistare spazi di autonomia, in caso di rovescio obbligato nelle urne o nel Palazzo, allora sarà per lui difficile evitare il precipizio del dimenticatoio: là dove sono rimasti i segretari che liquidarono il Psi, negli anni in cui ci si doveva allontanare da Bettino Craxi. Figure tutte sbiadite nella memoria. Chi fu il primo segretario del Psi dopo Craxi? Era Giorgio Benvenuto, ma non lo ricorda quasi più nessuno. Di sicuro c'è che ieri Alfano non ha dato l'idea di voler fare l'impiegato del Cavaliere. Anzi, dice Gasparri, “in più di un passaggio ha offerto importanti segnali di novità e discontinuità che lo rafforzano”. D'altra parte il neo segretario si prepara a una serie di iniziative che ne segnaleranno – immagina lui – l'indipendenza. Ne ha dato qualche anticipazione nel suo discorso: “Berlusconi è un perseguitato dalla giustizia. Ma lo sono anche tutti gli altri, ne siete sicuri?”. Anche Fini più di un anno fa a Gubbio sollevò la questione morale, ma fu seppellito dai fischi del Pdl. Stavolta Alfano è stato applauditissimo. “Fini quasi quasi aderiva alle tesi del pentito Spatuzza – sostiene Gasparri – Certo che lo fischiarono. Ora Spatuzza è screditato e Massimo Ciancimino è in galera. Figurarsi. Invece Alfano è stato bravissimo. Col suo intervento, e non era scontato, ha dimostrato di non essere stato scelto per caso”. Quasi certamente Alfano dovrà condividere il potere organizzativo del Pdl con Denis Verdini (che è il padre del gruppo dei Responsabili e ha esperienza della macchina di partito) ma dovrà ritagliarsi contemporaneamente un ruolo politico autonomo. Possibile? “Ha parlato di casa comune dei moderati”, dice Gasparri. “Ha già indicato una via dando al Pdl una linea politica chiara. L'Udc è una sponda. Non subito magari, ma a ridosso delle elezioni sarà inevitabile perché con il Terzo polo non vanno da nessuna parte”.

    Il neo segretario ha speso gli ultimi giorni raccogliendo spunti e idee tra le varie componenti del Pdl per il proprio intervento di ieri. Mercoledì scorso non è sfuggito alla Camera il suo lunghissimo colloquio – quarantacinque minuti – con l'ex ministro Antonio Martino. Il Guardasigilli prendeva appunti, una scena che si è ripetuta anche con altri dirigenti del Pdl e che alla fine ha prodotto un discorso che ieri è piaciuto a tutti, persino alle correnti più tumultuose: Gianni Alemanno, Claudio Scajola, Roberto Formigoni, fino al grande tessitore delle manovre frondiste Andrea Augello. L'ipercorrentismo del Pdl si ricompatterà attorno al nuovo segretario? La prima prova di Alfano è venerdì prossimo alla festa di Mirabello, ospite proprio di Gasparri. “Bisogna rifuggire dalle degenerazioni, ma la dialettica interna serve”, dice lui. “Se parliamo di correnti, è sempre meglio un confronto aperto che affidarsi a delle lobby esterne per far proteggere la propria posizione politica”. Il riferimento al caso Bisignani e a certe telefonate tra lui e alcuni ministri è ovviamente solo una malizia del cronista. “La festa di Mirabello non serve ad agitare un'identità, ma ad ancorare una storia, quella del Msi e di An, nel progetto del Pdl. Come dice Alfano, siamo ‘cento per cento Pdl'”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.