Qui base Pigneto

Chi c'è sulla nave italiana della Freedom Flotilla

Alberto Mucci

Quando partirà la Freedom Flotilla diretta a Gaza? Tutti se lo chiedono, soprattutto in Israele, ma nessuno riesce a dare una risposta precisa. Non rispondono neanche al 61 di via Baldassarre Orero, una via schiacciata tra i quartieri romani di San Lorenzo e del Pigneto da dove è coordinata e seguita la “Stefano Chiarini”, l'unica nave italiana che prenderà parte alla missione (l'anno scorso, quando ci fu il blitz delle forze di Gerusalemme sulla nave Marmara, non c'erano navi italiane).

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    Quando partirà la Freedom Flotilla diretta a Gaza? Tutti se lo chiedono, soprattutto in Israele, ma nessuno riesce a dare una risposta precisa. Non rispondono neanche al 61 di via Baldassarre Orero, una via schiacciata tra i quartieri romani di San Lorenzo e del Pigneto da dove è coordinata e seguita la “Stefano Chiarini”, l'unica nave italiana che prenderà parte alla missione (l'anno scorso, quando ci fu il blitz delle forze di Gerusalemme sulla nave Marmara, non c'erano navi italiane).

    La base del comitato centrale è al pianterreno, all'interno di una vecchia sede di Rifondazione comunista, contrassegnata da una grande falce e martello dipinta sul muro all'ingresso. Solitamente, racconta la gente del quartiere, lì si organizzano corsi di lingua o di piccolo artigianato. Adesso è diverso. All'interno lo spazio è vasto, una bandiera palestinese e una della Flotilla sono appese sulla parete. I coordinatori sono tra i tre e i dieci, gli sguardi tesi e l'atmosfera concitata rivelano che vorrebbero essere almeno il doppio. I telefoni suonano striduli e gli aggiornamenti con gli attivisti sulla “Stefano Chiarini”, parcheggiata in acque internazionali non meglio precisate al largo della Grecia, sono costanti. “Quali sono state le ultime dichiarazioni del governo israeliano?”, “I giornalisti? Potranno salire sulle navi liberamente?” e ancora tensioni per le ultime dichiarazioni del sito di intelligence israeliana Debka, secondo cui alcune navi “potrebbero nascondere armi chimiche da usare contro i soldati israeliani”.

    Chiamano ininterrottamente anche i giornalisti, ma le risposte di Mila Pernice, un portavoce dell'ufficio centrale della Freedom Flotilla II, sono sempre vaghe, quasi volessero confondere, senza malizia, l'interlocutore. La replica alla richiesta di una data precisa varia da telefonata a telefonata, ma anche durante la telefonata stessa: “Questa mattina”, “forse domani”, “presto”, “tra qualche giorno”, “non è ancora sicuro”. Per la verità bisogna insistere un po': “Per ragioni di sicurezza non posso dire niente, ma le notizie più calde ci saranno nel fine settimana”, risponde secca ma garbata Pernice.

    Al pubblico è dato soltanto sapere che “la prima nave della spedizione è salpata”: è francese, si chiama “Dignità”, è partita dalla Corsica domenica scorsa. C'è tensione, perché c'è un precedente: l'anno scorso i soldati israeliani aprirono il fuoco sugli attivisti, dopo essere stati provocati, uccidendo nove persone, tutte di cittadinanza turca, e ferendone decine. L'immagine all'estero di Israele fu ancora una volta compromessa e i rapporti con la Turchia, attore fondamentale per la stabilità della regione, sono rimasti glaciali, fino al riavvicinamento arrivato soltanto la settimana scorsa (l'Ihh, l'Ong turca vicina ai movimenti islamici che gestiva la Mavi Marmara, ha annunciato che la nave non sarebbe partita per Gaza).

    E' quasi un anno che il movimento italiano per la solidarietà a Gaza, in partnership con l'omonimo movimento olandese, prepara la “Stefano Chiarini”. Per acquistare la nave, che prende il nome del giornalista del manifesto, inviato in medio oriente e morto nel 2007, “sono state organizzate decine e decine di feste e collette”, spiega al Foglio Pernice. Tra le  più riuscite quella dell'Università Orientale di Napoli, fondamentale per dare un'ultima spinta e raggiungere i trecentomila euro necessari all'acquisto della nave, che da tempo gli attivisti adocchiavano ormeggiata in un porto greco che non vogliono specificare per ragioni di sicurezza. Sulla “Stefano Chiarini” possono salire 52 persone, compreso l'equipaggio. “Non è stato facile scegliere – continua Pernice – le richieste sono state migliaia”. Oltre a italiani e olandesi sulla nave saranno presenti svizzeri e tedeschi e alcuni degli attivisti che sarebbero dovuti partire sulla nave turca.

    Molti sono preoccupati. Si racconta di microspie trovate negli hotel dove gli organizzatori della Flotilla si sono riuniti e di una nave ormeggiata in Grecia, la cui elica è stata trovata danneggiata. L'atmosfera è da teoria del complotto. “Sappiamo che ciò che stiamo facendo è una provocazione – spiega ancora Pernice – ma è una provocazione giusta che può essere vista come ideologica soltanto da chi abbraccia il punto di vista degli interessi israeliani”. Anche sulla proposta egiziana – fatta assieme a Gerusalemme – di fermare le navi nel porto di El Arish, vicino al confine con la Striscia, non c'è compromesso. “Vogliamo arrivare a Gaza”, dice senza esitazioni Pernice. Domanda: e se invece di andare nella Striscia si andasse in Siria, dove la popolazione soffre a causa della repressione del regime di Bashar el Assad? Ma il refrain è sempre lo stesso: “Nessun compromesso”.

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