I talebani non possono sopportare il gasdotto Tapi

Fausto Biloslavo

Ai tempi di Marco Polo lo sviluppo economico correva sulla via della seta: oggi ci sono i gasdotti. Come quello che partirà dal Turkmenistan per raggiungere l'India attraversando Afghanistan e Pakistan, un progetto ideato nel 1995, ma fermo a causa della guerra afghana. Da un anno i soldati italiani conquistano terreno ai talebani attorno a Bala Murghab, in direzione del confine turkmeno. L'obiettivo finale è rendere possibile il progetto che darà lavoro e da mangiare a migliaia di afghani.

    Ai tempi di Marco Polo lo sviluppo economico correva sulla via della seta: oggi ci sono i gasdotti. Come quello che partirà dal Turkmenistan per raggiungere l'India attraversando Afghanistan e Pakistan, un progetto ideato nel 1995, ma fermo a causa della guerra afghana.

    Da un anno i soldati italiani conquistano terreno ai talebani attorno a Bala Murghab, in direzione del confine turkmeno. L'obiettivo finale è rendere possibile il progetto che darà lavoro e da mangiare a migliaia di afghani. Il prossimo anno partiranno i lavori del gasdotto lungo 1.680 chilometri – si chiama Tapi, dalle iniziali dei paesi coinvolti (Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India). I tubi saranno interrati a fianco della Ring Road, la strada circolare che collega tutto l'Afghanistan, nel tratto da nord di Herat fino a Kandahar, per poi scendere a Quetta, in Pakistan. Per gli afghani il progetto significa: migliaia di posti di lavoro, due miliardi di metri cubi di gas e circa 1,4 miliardi di dollari l'anno di diritti per il passaggio.

    “Gli obiettivi militari della Nato coincidono con quelli civili dello sviluppo e dell'economia. Per questo considero il progetto un importante elemento di pacificazione”, spiega al Foglio il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto. Saipem, Eni ed Enel sono interessati a mettere in piedi le infrastrutture collegate al gasdotto, che si estenderà soprattutto nell'Afghanistan occidentale, sotto il controllo del contingente italiano.

    Il 20 maggio i parà della Folgore, con truppe afghane e americane, hanno allargato del 50 per cento la bolla di sicurezza a Bala Murghab in direzione del Turkmenistan. Dal giacimento di Dauletabad saranno pompati 33 miliardi di metri cubi di gas all'anno nelle tubature che arriveranno al confine afghano. Poi proseguiranno sottoterra, per evitare facili sabotaggi, a fianco della Lithium, il nome in codice che la Nato ha dato alla strada che collega il Turkmenistan alla Ring Road, che sarà ben presto asfaltata. Il gasdotto continuerà verso sud lungo l'arteria principale, che nel corso degli anni i soldati italiani hanno liberato dai talebani. Per i talebani il gasdotto sarà un obiettivo prioritario, ma la sicurezza sarà garantita da settemila uomini delle forze di Kabul disposti lungo il tracciato. Il Parlamento afghano ha votato il 30 aprile il via libera al progetto. L'11 dicembre dello scorso anno i rappresentanti dei paesi coinvolti hanno chiuso l'accordo ad Ashgabat. I lavori inizieranno nel 2012 e dovranno concludersi nel 2014.

    Il progetto era allo studio fin dai tempi dei talebani con il consorzio americano Unocal. Poi naufragò e i soldati americani trovarono i piani del gasdotto sotto il letto del Mullah Omar, quando nel 2001 era appena fuggito da Kandahar. Soltanto nel 2005 la Banca dello sviluppo dell'Asia è tornata a investire nell'impresa, grazie alle pressioni americane. Washington ha così assestato un colpo alla Russia e all'Iran nella sfida per le vie del gas. Il generale David Petraeus, che ora comanda le operazioni in Afghanistan ma è stato nominato capo della Cia, ha capito subito l'impatto socio-economico del progetto e ha fatto pressioni per accelerare i lavori. “Vista l'alta disoccupazione e il basso costo della manodopera più che camion serviranno manovali con pala e piccone, che così sfameranno le loro famiglie”, sottolinea Crosetto. Le aziende italiane parteciperanno all'iniziativa “che servirà da volano per l'intera area, dove prevediamo altri progetti – anticipa il sottosegretario – come il potenziamento dello scalo merci dell'aeroporto di Herat e lo sfruttamento delle risorse naturali nell'Afghanistan occidentale, a cominciare dal litio”. I talebani sanno che lo sviluppo porta lavoro e stabilità e faranno di tutto per fermare questo processo. Entro il 31 luglio i partner di Tapi dovranno firmare l'accordo definitivo sul prezzo del gas, che dal Turkmenistan arriverà fino alla città indiana di Fazilka. Il gasdotto costerà 7,6 miliardi di dollari. Secondo il ministro del Petrolio di Nuova Delhi, S. Jaipal Reddy, questa è la via della seta del XXI secolo”.