Strauss-Kahn e Berlusconi

Giuliano Ferrara

Quando c'è una cosa semplice da scrivere, sui giornali non la troverete. In un certo senso, siamo qui per questo. Il caso Strauss-Kahn ha seppellito nel ludibrio l'aggressione di tre anni a Berlusconi e la diffamazione pruriginosa di cui il nostro amico è stato vittima per spregevoli se non sordidi interessi, non solo politici.

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    Quando c'è una cosa semplice da scrivere, sui giornali non la troverete. In un certo senso, siamo qui per questo. Il caso Strauss-Kahn ha seppellito nel ludibrio l'aggressione di tre anni a Berlusconi e la diffamazione pruriginosa di cui il nostro amico è stato vittima per spregevoli se non sordidi interessi, non solo politici. A questa persona mite, spavalda e matta, Berlusconi, che mi onoro di aver definito “giocoliere galante” quando i mozzorecchi della nostra provincia editoriale speculavano sulla sua presunta “sexual addiction”, sulla sua dipendenza dal sesso, nulla è stato risparmiato. E una parte della stampa internazionale residente in Italia, coprendosi di ridicolo e di vergogna, ha tenuto bordone alla più imponente congiura di guardoni travestiti da agenti del neopuritanesimo che la storia ricordi. Ma il tempo è un buon amico, e i puritani veri, quelli che sono spietati con i reati, ci hanno vendicato dei falsi neopuritani che spacciano i peccati o le inclinazioni scandalose per reati.

    Per semplice comparazione,
    affiorano le elementari verità sui vizi e le virtù del potere, sul machismo e la manliness, la virilità, sull'harem orientaleggiante dell'italiano che mette in musica se stesso tra farfalline e gioiellini e amici da combriccola gaudente, l'Elisir d'amore, l'uomo che fa di se stesso un carattere da melodramma, e sul francese che ospita nel suo Io un istinto predatorio e di ceto coltivato, sorvegliato e nascosto nel segreto di Pulcinella per anni e anni. Quell'istinto aggressivo verso “il corpo delle donne”, vero Lerner?, che era oggetto di denunce pubbliche e di insabbiamenti castali da molto tempo a Parigi e altrove in Europa e nel mondo.

    Dominique Strauss-Kahn, che è anche un pari e un amico di Berlusconi, e che giudiziariamente deve essere ritenuto fino a prova contraria solo un indagato che si è dichiarato non colpevole e che lotta per dimostrarlo, è il suo opposto speculare. E' un professionista politico. E' quel che si dice un intellettuale. E' socialista, tendenza socialdemocratica e amica dei banchieri e della ricchezza finanziaria. Non ha niente dell'outsider, del self made man. Berlusconi è un americano a Milano, un formidabile successo costruito con l'inventiva industriale e politica, e con l'informalità tipica del nostro sistema e del nostro legalismo debole. Strauss-Kahn è la quintessenza della vecchia e cariata Europa, un tipino da establishment coccolato e resuscitato da sempre, scandalo dopo scandalo, per il suo charme da insider e per la sua forza lobbistica nei meandri della politica e della “legge disuguale per tutti”. Il suo talento è putativo ma ovunque riverito, costruito nella infinita catena delle amicizie d'alto bordo nel milieu del potere e dei soldi veri, accettati. Tutti questi infamoni e queste infamone che hanno passeggiato con le scarpe chiodate della diffamazione sul corpo di Berlusconi e della nostra Repubblica, affettando in questi anni disprezzo per il leader popolare su cui ogni persona perbenino è autorizzata a sputacchiare, sono carne da diner placé perfetta per una cena con Dominique, per una bella intervista compiacente con il banquier socialiste dalla solida reputazione di predatore.

    Il caso Strauss-Kahn ha dimostrato,
    per immenso e dantesco contrappasso, che i peccati e i peccatucci privati sono una cosa, ed è indegno che siano trasformati in reati in un inaudito processo inquisitorio, e i reati sono un'altra cosa, le dipendenze predatorie dell'ego maschile sono un'altra cosa dal gioco galante e dal divertimento scollacciato. Uno prende, l'altro corteggia. Uno disprezza, l'altro valorizza e copre di attenzioni, di regali, di generosità anche futile e kitsch le sue idoleggiate amiche d'una, di due, di tre, di cento serate che non riguardano la legge.
    C'è o no una decisa differenza? Lo domando a voi bestioline faziose che vi siete accanite sulla persona sbagliata e siete pronte a perdonare tutto al vostro “eroe filosofico”, a quell'amico importante che gli intellettuali e i potenti di Francia vogliono difendere con le unghie e con i denti, finalmente castigati dalla bella Maureen Dowd, nel segno dell'appartenenza e non del garantismo, e subito dopo aver condannato senza garanzie il giocoliere italiano della galanteria che non fa parte del giro.
    Il paragone che uccide e seppellisce come una mascalzonata il caso Ruby riguarda anche la materia specifica della giustizia. Per primi abbiamo spiegato nel Foglio che il perp walk, la passeggiata davanti alle telecamere con l'indagato potente in manette per mostrare la divina forza della giustizia popolare, è nella nostra cultura un intollerabile abuso. E' dai tempi delle manette di Enzo Tortora e delle retate oscene di Mani pulite che alcuni di noi si battono contro la spettacolarizzazione della giustizia. E siamo gli unici a combattere contro l'uso politico del pentitismo calunnioso, siamo gli unici a mettere in guardia contro le vergogne truffaldine del caso Ciancimino Jr., e di mille altri fatti di malagiustizia da parte di pm che fanno comizi politici con le mani in tasca.
    Ma vorremmo trovare, tra i perbenisti neopuritani che si sono segnalati per i dubbi, i tormenti e la rivolta morale contro l'esposizione di un presunto stupratore da parte della polizia di New York, non importa se francesi o italiani, qualcuno che sia stato capace di indignarsi per le intercettazioni che esponevano come e peggio di un perp walk la privacy di Berlusconi e dei suoi amici, contro i pedinamenti e gli spionaggi e gli ammiccamenti ai mass media al fine di distruggere con la gogna una persona e la sua vita, approfittando tra l'altro dei termini spettacolari e collerici di una vicenda di divorzio. Quelli che hanno fatto a fette con spirito da carogne un uomo molto ingenuo, un uomo che non sa che cosa sia il vero potere, il Berlusconi che telefona personalmente, e con toni cortesi e non concussivi, ai funzionari della questura di Milano, per pregarli di rilasciare e affidare a una sua amica una giovane donna incappata in una stupida rissa, sono gli stessi che non sanno che pensare, e ne soffrono, di un arresto seguito a una dettagliata denuncia di tentato stupro a carico di un vero uomo di potere che la giustizia americana tratta però come un qualunque cittadino, con durezza iconica e rispetto formalista in un giusto processo appena iniziatosi (e che speriamo si concluda bene per la giustizia).

    Su Berlusconi non c'è un tubo, non c'è un indizio incriminante che esuli dalla sua vita privata spiattellata di fronte al paese in una persecuzione maniacale e tipicamente inquisitoria, non c'è nemmeno il più lontano sospetto di coercizione, di prevaricazione, c'è solo la spericolata e imprudente ricerca di serate piacevoli con amici e amiche da parte di un uomo pubblico detestato e combattuto da lobby editoriali e pm. Eppure Berlusconi da tre anni deve difendersi dalla persecuzione e dall'accanimento di avversari affetti da evidenti turbe psicosessuali e da faziosità politica. Su Strauss-Kahn, molto prima della mattinata di presunta follia e di raptus nel Sofitel di Times Square, c'era di tutto da dire, e invece ha regnato l'omertà del potere e degli amici, del privilegio e dell'appartenenza. Per questo, ora che le cose sono venute alla luce, ora che Berlusconi paga anche in politica la bestiale aggressione di cui è stato vittima, proprio ora noi non possiamo non dirci, da moralisti veri, e spero da persone serie, molto ma molto ma molto berlusconiani. Ora in mutande ci siete voi, cari torquemada da prima pagina. A noi ci hanno vendicato i puritani veri, quelli del Mayflower.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.