I pionieri non mangiano brioches

DSK e la sfida a distanza tra giustizia americana e diritto romano

Alberto Mucci

L'arresto di Dominique Strauss-Kahn piomba dritto nella grande spaccatura fra Europa e America, che è culturale e quindi, inevitabilmente, anche giudiziaria.

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    Dominique Strauss-Kahn è stato "formalmente incriminato dal Gran Jury relativamente ai reati sessuali commessi". Lo ha riferito uno dei procuratori della Corte di New York mentre è in corso l'udienza. I procuratori si sono anche per il momento opposti alla richiesta di cauzione per motivi procedurali.

    L'arresto di Dominique Strauss-Kahn piomba dritto nella grande spaccatura fra Europa e America, che è culturale e quindi, inevitabilmente, anche giudiziaria.

    Per capire al volo lo scontro culturale basta dare un'occhiata al sito della rivista  Atlantic Monthly, che riproduce con sdegno le prime pagine dei quotidiani italiani e francesi dopo l'arresto di DSK. La maggioranza dei titoli gira attorno allo stesso concetto: “DSK e il suo problema con le donne”. Per l'Atlantic è tutto sbagliato, tutto da rifare: il direttore del Fondo è semplicemente accusato di avere commesso un reato odioso e per questo, né più né meno,  la polizia lo ha arrestato. Soltanto dopo avere riconosciuto questo primo fatto, nella sua essenziale unicità, soltanto dopo si può cincischiare a proposito di DSK e dei suoi tormenti da francese con le femmine. Altrimenti i titoli dell'Europa continentale rischiano di suonare – e in effetti suonano – come una scusante. L'Atlantic si schiera invece dalla parte dell'ethos dell'America, il paese dove la legge non mostra titubanze nemmeno davanti ai nomi più importanti e al contrario, con contrappasso dantesco, li punisce con maggior forza.

    Dentro il conflitto culturale c'è anche la divisione tra i due sistemi giudiziari: quello americano, che deriva dalla cultura anglosassone della Common law, e quello romano-germanico, conosciuto anche come Continental law. Per avere il primo assaggio della differenza, bastava ascoltare due giorni fa gli avvocati di DSK. Secondo loro, nel caso di Strauss-Kahn si sono già viste due storture: le manette in diretta e la “perp walk”, la passeggiata a favore di telecamera. David Rossmann, direttore dei Criminal Law Clinical Programs dell'Università di Boston, ribatte che: “Le manette e la ‘perp walk' hanno un valore simbolico, ricordano costantemente che la giustizia è uguale per tutti: e sono usate soprattutto per i crimini da colletti bianchi, dove si corre il rischio di indulgenze e favoritismi. Non è una regola, ma ha la doppia funzione di aiutare la polizia e la stampa”. Alla base della procedura c'è la convinzione, illuminata da Tocqueville nella ‘Democrazia in America', che più le notizie sono rese pubbliche più questo processo aiuta la democrazia.

    Epperò: “A differenza dei sistemi europei, dentro la corte americana è garantita l'innocenza fino a prova contraria: le manette che si vedono nelle foto durante la ‘perp walk' scompaiono in tribunale, altrimenti potrebbero influenzare la giuria e il resto del processo”.Il giudice Melissa Jackson ha rifiutato la cauzione (sostanziosissima, un milione di dollari, con un colpo di teatro dell'avvocato della difesa) perché riteneva possibile il rischio di fuga. “Conta il fatto che DSK non è un cittadino americano – spiega Robert Hockett, professore di Legge alla Cornell University – Se fosse riuscito a lasciare il paese, i tempi si sarebbero dilatati e sarebbe iniziata una lotta con la Francia per l'estradizione”. Si insiste sul rispetto della privacy, fatta a pezzi, e dell'accanimento – questa è la versione di chi vuole vedere un complotto politico ai danni del “frenchman” – contro l'uomo potente e straniero. Spiega Hockett: “La tradizione dell'immunità per alcune cariche istituzionali in Europa deriva da una particolare concezione dello stato più centralista di quello americano. L'immunità per le più alte cariche dello stato non è per l'individuo, ma per rispetto dell'istituzione, in modo da salvaguardarne la reputazione”.

    Il contrasto tra i due sistemi ruota intorno alle differenze tra due modelli astratti, il sistema accusatorio e il sistema inquisitorio. Fulco Lanchester, docente di Diritto costituzionale e comparato all'Università La Sapienza di Roma spiega che “il primo riflette la cultura della Common law, alla cui base c'è la persona, c'è un individuo che ha un rapporto paritario con lo stato. Sono accusa e difesa a dover presentare le prove che un giudice terzo dovrà esaminare. Non significa che il cittadino davanti ai giudici europei non sia garantito nei suoi diritti”, però nel sistema inquisitorio giudice e accusa (lo stato) si fondono in un unico soggetto, da qui la non uguaglianza. Inoltre, nella Common law le dispute sono affrontate come tra due cittadini privati. “Il caso Clinton vs. Paula Jones Johnson è indicativo” – ricorda Hockett – l'ex presidente accusato di molestie sessuali chiese l'immunità per fare ripartire il processo appena tornato cittadino privato. La Corte suprema americana bocciò la proposta di Clinton e disse di andare pure avanti con il caso anche se lui era presidente”.

    All'occhio europeo sono oscure anche le modalità con cui è istruito il processo e il ruolo del Gran giurì, organismo quasi alieno dal sistema di origine romana. Ennio Amodio, illustre avvocato milanese, si mostra sorpreso per gli anni di pena, settantatré, a cui la Corte di New York vuole condannare DSK: “In Europa la legge penale prevede sconti di pena per l'età e di norma impedisce quest'aritmetica impressionante. In America il sistema attinge alla cultura dei pionieri: ci sono spesso risultati che appaiono incongrui quando confrontati con le concezioni moderne”.

    Per Rossmann, “il processo penale in America è un po' come una campagna di marketing in cui bisogna scegliere bene i propri clienti”, a partire dalla costituzione della giuria. “A fare parte della giuria sono eleggibili tutti i residenti del distretto, con poche eccezioni. Poi avviene un processo che si chiama ‘screening', in cui gli avvocati sia della difesa sia dell'accusa eliminano alcuni membri della giuria senza dovere dare motivazioni (l'unica condizione è che non si può discriminare su basi etniche, sessuali o religiose). Gli avvocati della parte avversa hanno la facoltà di controbattere e di giudicare la scelta illecita su queste basi”.

    Il potere degli avvocati, in questa fase, è molto ampio: “Hanno la facoltà di fare numerose domande per capire il background della persona, la sua emotività e le eventuali connessioni in termini di parentele e amicizie con il caso in discussione”. Per esempio gli avvocati di Strauss-Kahn potrebbero chiedere la rimozione dalla giuria di una donna che abbia lavorato come cameriera, perché è un profilo troppo simile alla vittima presunta del reato. Non mancano le critiche europee a questo sistema. Per Amodio “il Gran giurì non è un filtro sufficiente a fermare le imputazioni azzardate. Deriva dalla tradizione della giurisprudenza medievale inglese ma i britannici stessi lo hanno abbandonato”.
    La sorte di DSK non è ancora decisa, la durata del processo dipenderà dalle prove presentate, ma secondo due professori della Fordham University, Daniel Capra e James Cohen, “è un caso facile dal punto di vista della legge”e l'America si sa, non guarda in faccia a nessuno.

    ha collaborato Nicola Scevola da New York

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