Risponde una legge del 1970

Che cosa succede adesso al referendum sul nucleare?

Giulia De Matteo

Non è ancora chiaro se la macchina nucleare messa in moto a inizio legislatura sarà fermata del tutto o seguirà un percorso diverso. Ciò che è più urgente definire è il destino del referendum indetto per il 12 e 13 giugno, che pone, tra gli altri il quesito relativo alla costruzione di centrali nucleari in Italia. "Con l'abrogazione delle norme finora approvate viene meno anche il referendum. Di fatto, dell'impianto disegnato dal governo resta in piedi solo l'Agenzia di sicurezza" dice al Foglio.it il direttore dell'istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro.

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    Si è conclusa la "responsabile pausa di riflessione" che il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, aveva annunciato agli inizi di marzo, rispetto all'attuazione del programma nucleare in Italia. Oggi è arrivato il responso: abrogazione di tutte le norme previste per la realizzazione di centrali nucleari. Il governo ha infatti presentato un emendamento alla moratoria già inserita nel decreto legge "Omnibus" in discussione al Senato con cui: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche (...), tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".

    Non è ancora chiaro se la macchina nucleare messa in moto a inizio legislatura sarà fermata del tutto o seguirà un percorso diverso. Ciò che è più urgente definire è il destino del referendum indetto per il 12 e 13 giugno, che pone, tra gli altri il quesito relativo alla costruzione di centrali nucleari in Italia. "Con l'abrogazione delle norme finora approvate viene meno anche il referendum. Di fatto, dell'impianto disegnato dal governo resta in piedi solo l'Agenzia di sicurezza" dice al Foglio.it il direttore dell'istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro.

    "La legge 352 del 1970 disciplina proprio l'ipotesi del venir meno dell'oggetto del referendum, 'Se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, le operazioni relative non hanno più corso' – precisa al Foglio.it il professor Giovanni Guzzetta, ordinario di diritto Pubblico all'Università di Tor Vergata  – le altre materie invece rimangono in piedi".

    La credibilità di questa chiamata alle urne era già stata travolta dalla risacca del maremoto giapponese, che ha riconsegnato al mondo le paure e i dubbi sulla sicurezza dell'energia nucleare, che il tempo trascorso dal disastro di Chernobyl aveva appena razionalizzato. Con la decisione presa oggi dal governo restano le prospettive di prima, per Stagnaro: "L'Italia è destinata a rimaere un paese metanocentrico. Questo non è necessariamente un male, ma per convivere con questa condizione occorre riprendere in mano seriamente il dossier rigassificatori, e procedere a una riforma del mercato del gas più attenta a garantire le dinamiche concorrenziali".

    Sul destino della ricerca il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha prontamente chiarito: "Bisogna andare avanti, perché è indipendente dalla scelta di entrare o meno nel nucleare. Del resto – ha incalzato il ministro – siamo un paese circondato da centrali nucleari, il caso del Giappone ci ha imposto una riflessione sulle centrali, ma la ricerca deve andare avanti". "E' però chiaro che l'incentivo a investire in ricerca in un settore privo di sbocchi industriali nazionali è molto basso" rileva ancora Carlo Stagnaro. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha invece rilanciato, dal vertice europeo a Bruxelles, un piano alternativo e comunitario: "E' il momento per un passaggio storico: investire in piani di investimento per le ricerche alternative, anche combinandole con la nuova struttura geopolitica del Mediterraneo. La questione del nucleare occupa la lunga durata, non si ferma ai confini. Su questo il trattato è poco preciso. Credo che una riflessione economica e non solo tecnica sul nucleare debba essere fatta".

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