Tesoro spiazzante

Nunzia Penelope

Il confronto a distanza su Parmalat tra Roma e Parigi non si ferma, svelando tra l'altro – secondo molti osservatori – che banche e cooperative sono diventate in questi mesi le migliori alleate del colbertismo tenue di Tremonti. Il consiglio d'amministrazione di Granlatte, azionista di controllo di Granarolo, ha dato ieri mandato al presidente del gruppo, Gianpiero Calzolari, di proseguire le trattative con le banche. L'obiettivo, com'è noto, è quello di impedire la colonizzazione da parte di Lactalis dell'azienda di Collecchio, realizzando una cordata italiana composta da Granarolo e da un pool di banche, guidate da Intesa e con la possibile partecipazione di Unicredit, Mediobanca e Bnl.

    Il confronto a distanza su Parmalat tra Roma e Parigi non si ferma, svelando tra l'altro – secondo molti osservatori – che banche e cooperative sono diventate in questi mesi le migliori alleate del colbertismo tenue di Tremonti. Il consiglio d'amministrazione di Granlatte, azionista di controllo di Granarolo, ha dato ieri mandato al presidente del gruppo, Gianpiero Calzolari, di proseguire le trattative con le banche. L'obiettivo, com'è noto, è quello di impedire la colonizzazione da parte di Lactalis dell'azienda di Collecchio, realizzando una cordata italiana composta da Granarolo e da un pool di banche, guidate da Intesa e con la possibile partecipazione di Unicredit, Mediobanca e Bnl. Ma al di là della contingenza, la vicenda offre un'interessante conferma dell'asse che si è andato creando nel tempo fra il ministro dell'Economia, il mondo delle coop e le banche, in particolare quelle territoriali legate a Confcooperative. L'associazione che raduna le cooperative cattoliche è un po' il fulcro su cui poggiano sia l'operazione “salva Parmalat'' sia quella, ancora più ambiziosa, della Banca del sud, lanciata due anni fa dall'alleanza fra Luigi Marino, presidente di Confcooperative, Alessandro Azzi, presidente di Federcasse, e Tremonti.

    L'afflato sistemico e colbertista che caratterizza in particolare questa fase di Via XX Settembre, del resto, si sposa perfettamente con la declinazione popolare e solidaristica dell'economia sociale di mercato che è tradizione delle coop, non a caso scelte in diverse occasioni dal ministro come interlocutrici privilegiate e ascoltate. A differenza degli imprenditori di Confindustria, viene da dire, all'indirizzo dei quali ancora ieri il ministro, parlando dal G20 di Washington, ha lanciato una frecciatina: “I numeri dell'Italia, da molti attesi per il peggio, non sono negativi nemmeno su occupazione e produzione industriale. Certo bisogna fare di più, ma la produzione dipende anche dagli industriali”. Proprio da Marino, di Confcooperative, è arrivato per esempio il primo allarme rispetto all'invadenza francese sul terreno lattiero-caseario. A cui prontamente ha risposto Tremonti, varando il decreto antiscalata che ha stoppato la corsa di Lactalis e che ha suscitato le reazioni nervose della Confindustria. Apparentemente un controsenso rispetto alla tradizione per cui un governo di centrodestra dovrebbe trovarsi più in sintonia proprio con la grande impresa, che non con il mondo cooperativo.

    Gli elementi che hanno giocato a favore di questo insolito rapporto preferenziale sono di almeno tre diverse matrici: economica-sociale, politica e infine personale. Se la crisi ha influito sulla riscoperta dell'economia del territorio, restituendo centralità al ruolo della cooperazione, l'unificazione delle centrali cooperative ha in qualche modo diluito il “rosso” della Lega con il bianco di Confcooperative, creando un soggetto molto più attento alle ragioni degli affari che all'ideologia. Il simbolo è per l'appunto Granarolo: una società dove da sempre convivono un management essenzialmente “rosso”, nominato dalla Lega Coop, con una base sociale, i produttori di latte, all'80 per cento “bianca'' e legata a Confcooperative. I due mondi che oggi si sono mossi in perfetta sintonia per difendere non tanto l'“italianità” di Parmalat, quanto il futuro dei produttori nazionali di latte, un popolo vasto quanto l'indotto Fiat. L'ultimo tassello della partita è il buon rapporto personale fra Tremonti e Marino. Il presidente di Confcooperative nutre una solida stima per il ministro, e tra i due non mancano cortesie personali. Nella bella sede romana di Confcoop a due passi da San Pietro vengono presentati e discussi in riunioni molto attese i libri firmati dal ministro dell'Economia. Marino, a sua volta, fa parte dei pochissimi invitati al desco di Tremonti nei rifugi alpini che il ministro è solito frequentare in agosto. Proprio nel corso di uno di questi pranzi è nato il progetto della Banca del sud, per il quale Tremonti ha scelto come primo interlocutore il mondo delle banche cooperative. Nello stesso modo è nata l'operazione Parmalat. Sull'azienda di Collecchio Granarolo aveva messo gli occhi da tempo, ma senza speranza, a causa del veto dell'Antitrust. Ma la vicenda francese ha cambiato il quadro, aprendo la porta a una soluzione italica che punta a salvare innanzitutto l'interesse dei produttori di latte nazionali. Anche in questo caso, in sintonia con il modello economico (e territoriale) solidale portato avanti da Tremonti, rafforzando ulteriormente l'asse tra il ministro e il mondo cooperativo e, per contro, evidenziando la distanza con il mondo dei “big”, ben rappresentata dalla “solitudine'' lamentata da Emma Marcegaglia.