La rabbia di Parigi ad Abidjan

Sarkozy vince la partita contro Gbagbo in Costa d'Avorio

Daniele Raineri

"E' tutto un piano dei francesi per togliermi di mezzo”. Tanto per smentire la teoria del complotto gridata dal presidente Laurent Gbagbo (da 24 ore: ex presidente), ieri le forze speciali francesi hanno circondato e attaccato il palazzo presidenziale, il giorno dopo che gli elicotteri Puma mandati dalla Francia lo avevano crivellato di colpi di mitraglia e di missili.

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    "E' tutto un piano dei francesi per togliermi di mezzo”. Tanto per smentire la teoria del complotto gridata dal presidente Laurent Gbagbo (da 24 ore: ex presidente), ieri le forze speciali francesi hanno circondato e attaccato il palazzo presidenziale, il giorno dopo che gli elicotteri Puma mandati dalla Francia – in volo sopra la capitale assieme agli elicotteri delle Nazioni Unite – lo avevano crivellato di colpi di mitraglia e di missili. I francesi hanno setacciato le stanze a caccia dell'uomo nero – Gbagbo ha una lista di peccati lunga così, ma non tanto lunga da dare automaticamente ragione ai suoi nemici –  e lo hanno trascinato all'Hotel du Golf, quartiere centrale dell'opposizione e del candidato sfidante Alassane Ouattara. Demolire il palazzo del presidente, catturarlo, consegnarlo nelle mani della sua nemesi storica. Così si chiude un'elezione in Costa d'Avorio.

    Anzi, c'è subito un giallo. Le prime agenzie dalla capitale dicono con chiarezza che sono stati i commandos francesi a concludere l'arresto di Gbagbo, ma il comandante Frederic Daguillon nega tutto, “posso affermarlo categoricamente, sono stati i lealisti di Outtara a eseguire la cattura, non un solo soldato francese era dentro la residenza”. Catégoriquement. Da Parigi ha fatto precipitosamente eco Laurent Teisseire, “le forze francesi erano soltanto di pattuglia, non hanno partecipato alla cattura”. L'agenzia Reuters parla di una colonna di trenta mezzi blindati francesi che ha guidato dritta verso i cancelli del Palazzo poco prima dell'attacco. E il consigliere di Ouattara che ha dato la notizia dell'arresto, Apollinaire Yapi, ha detto con toni trionfali ma netti: “Ci è stato consegnato”. Consegnato. Nel crepuscolo pieno di ombre e lampi e di razzi ad Abidjan,  dove i commandos e le smentite appaiono e scompaiono come fumo, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha giocato al gioco delle tre carte con un intero paese africano.

    E' ovvio che il capo dell'Eliseo non poteva permettersi di essere preso così platealmente per i fondelli. Si era fatto battere anche lui da Laurent Gbagbo, chiamato dai suoi “il Fornaio” perché prende gli avversari e poi li rotola metaforicamente nella farina, come fosse un gesto in serie, facile, inevitabile. Così mercoledì scorso, mentre tutte le agenzie battevano la notizia della sua resa, Gbagbo ha chiesto poche ore per definire le condizioni, serrato dentro alla casa bunker dove conserva sempre almeno quattro mesi di scorte di viveri (non si sa mai quando le giravolte della poco limpida democrazia ivoriana non lo richiedano) e ha approfittato dell'ingenuità degli avversari per radunare le forze e scatenare il contrattacco. Philippe Mangou, il suo capo militare che nell'ora suprema aveva ceduto e lo aveva abbandonato, è ritornato in ginocchio da lui. La sua milizia ha subito riconquistato la sede della televisione pubblica. Poi, due giorni fa, i suoi hanno sparato agli elicotteri francesi, costringendoli a volare via, hanno preso a colpi di mortaio la residenza dell'ambasciatore francese e hanno marciato verso l'Hotel du Golf, la roccaforte del nemico (dove ieri è stato trascinato). La farina era già pronta.

    Gbagbo era in condizione di riprendersi il potere – che lui non ha mai mollato, per una specie di ripicca infantile e molto africana per cui in mezzo ai proiettili e alle scariche di razzi e agli scambi di accuse bisogna salvare le forme: non mi sono mai dimesso, come potete dire che io non sia il presidente della Costa d'Avorio?).

    Sarkozy ieri ha vinto con la forza la sua partita, al posto di Ouattara, ex funzionario del Fondo monetario, più bravo fuori dal paese che nel furore afro della Costa d'Avorio. Resta il segno di fango di palude attorno a questo échange de régime alla francese. Le ong e le Nazioni Unite accusano le milizie del neopresidente Ouattara di avere fatto strage di civili, anche a colpi di machete, non meno di 300 morti, di avere stuprato le donne e di essersi lasciati andare a rappresaglie feroci.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)