Vendola e D'Alema, una scrollata di spalle per liberarsi di Tedesco

Giuliano Ferrara

Lo vogliono carcerare con un voto del Senato. Il partito democratico, il suo partito, sembra non sapere bene che cosa fare. Quando vota, però, dà retta ai giudici, che sembrano i padroni dell'opinione pubblica radicalizzata, del coro forcaiolo, dunque i suoi padroni. Il Pdl non vuole che venga carcerato, ritiene inesistenti e dunque persecutorie le motivazioni per l'arresto, ma promette di fare giochi politici.

    Lo vogliono carcerare con un voto del Senato. Il partito democratico, il suo partito, sembra non sapere bene che cosa fare. Quando vota, però, dà retta ai giudici, che sembrano i padroni dell'opinione pubblica radicalizzata, del coro forcaiolo, dunque i suoi padroni. Il Pdl non vuole che venga carcerato, ritiene inesistenti e dunque persecutorie le motivazioni per l'arresto, ma promette di fare giochi politici (uscire dall'aula) perché mette in primo piano l'imbarazzo dei suoi avversari, che vorrebbero votare per l'arresto in omaggio ai trinariciuti della giustizia ma impedire l'arresto con il voto garantista dei berlusconiani. L'imbarazzo dell'opposizione prima del garantismo: tentazione comprensibile, grave errore.

    Alberto Tedesco non è un senatore corrotto che ha preso una mazzetta nella sua funzione di assessore pugliese alla sanità nella giunta Vendola, e si è arricchito. La pubblica accusa non gli addebita questo. Un'indagine di oltre tre anni, ancora in corso perché Tedesco non è nemmeno richiesto di rinvio a giudizio, non ha accertato alcun passaggio di denaro. I pm gli attribuiscono inizialmente una associazione per delinquere, un pesante reato associativo che non esiste, almeno formulato come da noi, in altri stati di diritto di antica civiltà. Poi quell'accusa cade. E resta il sospetto indiziario di un uso spregiudicato del potere amministrativo e politico, con ipotesi di reato gravi come concussione, truffa, turbativa d'asta, abuso d'ufficio che sono da sempre, quando si tratti di pubblica amministrazione, campo di battaglia durissimo tra accusa e difesa. La corruzione gli è imputata, in sede di indagine, ma per un episodio contorto che non è una dazione di denaro, ed è in relazione con la fattispecie della concussione, come la truffa e l'abuso d'ufficio (questi ultimi sono reati imparentati, e di assai incerta definizione). Ci sono le nomine dei capi delle amministrazioni sanitarie, conflitti di influenza, pressioni, lobbismi incrociati in cui l'assessore usa i suoi poteri discrezionali con decisione (anche il presidente della giunta Vendola lo ha fatto, portando la discrezionalità fino all'ipotesi di una legge ad personam che gli consentisse di nominare la persona giusta al posto giusto, ma questo è stato considerato spoils system, il diritto politico di avere collaboratori di propria scelta per chi governa, e archiviato insieme con tutto un troncone parallelo dell'indagine in cui, con reati assimilabili, era compreso lo stesso senatore Tedesco, il suo assessore). Infine c'è un palese conflitto di interessi, conosciuto dall'opinione pubblica, dalla stampa e dagli elettori, tra l'assessore e un'attività di famiglia nel settore sanitario, che non è reato penale, e che l'assessore tentò di sanare solo parzialmente, ma contribuisce a un quadro accusatorio generale.

    C'è materia per un processo? Forse sì, sebbene un altro giudice, criticato da quello che adesso chiede l'arresto del parlamentare, abbia giudicato diversamente, e archiviato tutto. Ma con estrema attenzione a non confondere i reati contro la pubblica amministrazione e un esercizio ordinario del potere amministrativo, e tra le due cose il confine è molto labile nel nostro sistema, e in particolare nell'amministrazione regionale della immensa e politicamente cruciale spesa sanitaria. (Vedremo presto se la storia della magistratura pugliese possa indurci a considerarla un campione della distinzione tra indagini penali e politica). C'è materia per l'arresto? E' da escludere. La motivazione, il pericolo di reiterazione del reato, è esposta nell'ordinanza in modo francamente non convincente, persino un po' risibile (si dice che Tedesco potrebbe ridiventare assessore alla sanità, che esercita una influenza da senatore che gli consentirebbe chissà che cosa; in realtà il senatore è sotto i riflettori di un'indagine monstre, che lo marginalizza e ne annulla ogni influenza politica effettuale da molto tempo, da quando si dimise tre ore dopo aver saputo dell'indagine a suo carico).

    Ma ora veniamo all'aspetto politico della faccenda, decisivo. Tedesco nel 2005 portò i suoi voti (trenta, quarantamila) e il sistema di interessi popolari ad essi collegato, imperniato sulle attività sociali e amministrative nel campo della sanità, al Pd e ai suoi potentati pugliesi, il più cospicuo dei quali è quello della componente di D'Alema. In termini politici D'Alema e Vendola, che lo ha nominato in giunta e con il quale ha collaborato per anni, sono cointestatari di quel consenso e di quel sistema di consenso e di potere che era il frutto di una tradizione politica di matrice socialista. Che adesso si vogliano liberare di Tedesco con una scrollata di spalle, perfino di fronte a una richiesta di arresto che per queste motivazioni non ha precedenti, è scandaloso. Indica il grado di indecente asservimento alla logica giustizialista più brutale al quale sono arrivati il nonviolento Vendola, per demagogica autotutela di serie B, e il sedicente garantista D'Alema, per callidità di primo rango. Ma c'è il risvolto tragicomico della medaglia. Questo.

    In Puglia il conflitto tra magistratura e politica è antico. Nel 1997 il capo socialista Rino Formica fu assolto, dopo essersi fatto anche un bel po' di arresti domiciliari, dopo un'iniziativa giudiziaria devastante, di cui fu titolare tra gli altri il pm Alberto Maritati. Questo pm è stato eletto nelle file del Pd e milita da molti anni in parlamento. Maritati dichiarò che “può succedere che una sentenza di assoluzione rovesci l'impostazione dell'accusa, ma non per questo il pm deve essere considerato un cieco persecutore”. Ha ragione. Ma è indiscutibile il fatto, sospetto, che in Italia alcuni pm, con frequenza sistematica in Puglia, salvano o devastano carriere politiche e fondano proprie carriere politiche, e che i due contesti siano indirettamente collegati. In Puglia, nel capoluogo, il sindaco Michele Emiliano fu notoriamente sostenuto dal potente grande elettore D'Alema, ed Emiliano aveva archiviato, magari per buone ragioni, l'indagine che riguardava la gestione degli aiuti umanitari al Kosovo durante il breve regno a Palazzo Chigi del dirigente pugliese dei democratici. Roccantonio D'Amelio è il compianto pm che imputò a Formica il reato di concussione, e lo fece condannare a 4 anni in primo grado, ma dopo diciassette anni (nel maggio dell'anno scorso) in appello Formica è stato assolto per non aver commesso il fatto. D'Amelio non fu un cieco persecutore, ma si candidò con i Ds al parlamento. Un altro influente parlamentare del Pd si chiama Gianrico Carofiglio, è diventato scrittore, è stato magistrato in Foggia e poi in Bari. C'è tutta una lista illustre di magistrati (mi vengono in mente Salvatore Senese e Gerardo D'Ambrosio fra altri) che hanno avuto a che fare con problemini concernenti il Pci poi Pds poi Ds poi Pd, e sono finiti alle Camere nelle liste di questa nomenclatura politica inquisita e archiviata: forse alla luce di questi dati si capisce meglio come mai al Partito democratico riesca tanto difficile dire che il suo senatore Alberto Tedesco magari deve essere processato ma non deve essere arrestato. C'è chi finisce in parlamento, e chi finisce al fresco.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.