Gabriele Galateri di Genola nominato presidente di Generali

La parabola di Geronzi (e di Bazoli): due curie e due cardinali alle prese con capitalisti arrembanti

Michele Masneri

L'uscita di scena di Cesare Geronzi da Generali apre nuovi scenari ma Gabriele Galateri di Genola, nominato oggi dal cda alla presidenza della compagnia, rappresenterebbe una fase transitoria in vista di nuovi equilibri. Ne è convinto Giancarlo Galli, saggista, esperto di capitalismo italiano, autore del libro “Nella giungla degli gnomi” (Garzanti). Al Foglio Galli spiega che “Galateri è un gentiluomo piemontese, che occuperà solo provvisoriamente la poltrona di presidente” in quanto “è chiaramente un uomo di transizione, ruolo che ha ricoperto in Fiat da amministratore delegato e in Mediobanca e Telecom da presidente”.

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    L'uscita di scena di Cesare Geronzi da Generali apre nuovi scenari ma Gabriele Galateri di Genola, nominato oggi dal cda alla presidenza della compagnia, rappresenterebbe una fase transitoria in vista di nuovi equilibri. Ne è convinto Giancarlo Galli, saggista, esperto di capitalismo italiano, autore del libro “Nella giungla degli gnomi” (Garzanti). Al Foglio Galli spiega che “Galateri è un gentiluomo piemontese, che occuperà solo provvisoriamente la poltrona di presidente” in quanto “è chiaramente un uomo di transizione, ruolo che ha ricoperto in Fiat da amministratore delegato e in Mediobanca e Telecom da presidente”. Ma per Generali serve altro, si tratta solo di un passaggio in attesa che arrivi un Sergio Marchionne, un manager in grado di rilanciare soprattutto la redditività dell'azienda. Bisogna pensare che nonostante la raccolta in aumento, il titolo Generali oggi scambia al 28 per cento del suo valore massimo del 2000. “Il Leone – sostiene Galli – deve inoltre tornare a concentrarsi sul suo core business, abbandonando l'aspirazione universalistica a essere ‘azionista di tutto', anche di banche che non danno dividendi, e tornare al suo spirito originario”.

    Sull'escalation che ha portato all'uscita di Geronzi,
    il saggista parla di una sorta di equivoco istituzionale: “La figura di presidente alle Generali è quella di un compositore dei conflitti, una figura di garanzia verso l'interno e verso l'esterno, si può paragonare a quella del presidente della Repubblica. Invece Geronzi ha portato conflittualità, oltretutto in un momento in cui anche la scena politica è caratterizzata da conflitti senza precedenti”. E proprio la politica non solo non ha gradito, ma secondo Galli ha avuto un ruolo nelle dimissioni di Geronzi. I rapporti con il premier Silvio Berlusconi, che pure un tempo era ritenuto vicinissimo al banchiere di Marino, si sarebbero sfilacciati da tempo. “Da quello che mi dicono Berlusconi si è stancato, ultimamente, del comportamento di Geronzi, e rispetto al momento in cui la Banca di Roma partecipò al risanamento e poi alla quotazione di Mediaset in Borsa sono passati 20 anni” – dice Galli – “mentre con Tremonti i rapporti si sono incrinati da tempo. Soprattutto dopo che il ministro dell'Economia s'è lanciato nella campagna anti francese, mentre Geronzi è considerato colui che doveva celebrare il matrimonio di Generali con il capitalismo transalpino rappresentato da Bolloré. Inesistenti sono sempre stati poi i rapporti con la Lega, che ha sempre considerato il banchiere emblema di una romanità aristocratica e sprezzante, rappresentante di una vera diversità antropologica”.

    Altra sponda che sarebbe venuta a mancare negli anni, secondo Galli, è quella vaticana: “Anche lì gli appoggi storici di Geronzi sono scomparsi nel tempo, e nel frattempo sono avanzate altre entità come l'Opus Dei e Comunione e liberazione, che sono diventate protagoniste, soprattutto sullo scacchiere politico-finanziario, e sono entità con cui Geronzi ha pochi contatti”. Anche per questo motivo, secondo Galli sarà difficile che per Geronzi si prospetti una nuova vita professionale. “Ci ha provato l'ex governatore Antonio Fazio, suo grande amico e sodale” – riflette l'editorialista del quotidiano Avvenire – “ma non ci è riuscito, e le sue aspirazioni di guidare lo Ior sono state disilluse, mentre la banca vaticana è andata a Ettore Gotti Tedeschi, esponente proprio dell'Opus Dei”. Mentre “il mondo bancario rimane precluso a Geronzi per i noti problemi giudiziari che il banchiere si porta dietro e che vanno contro i requisiti di onorabilità richiesti”.

    A Galli chiediamo se abbia senso la suddivisione tra un Geronzi versione 1.0 con funzioni di aggregatore e stabilizzatore del sistema, attraverso la stagione delle grandi fusioni (prima Banca di Roma, nata dalle romane Cassa di Risparmio, Banco di Roma e Banco di Santo Spirito, poi di Capitalia e poi ancora l'incorporazione in Unicredit) e un Geronzi 2.0, creatore in Mediobanca e Generali di nuovi equilibri “tutti intorno a lui”. Galli sostiene che anche nella prima fase si trattava piuttosto di un “grande rattoppatore del sistema, sempre in un clima decisamente romano”. Per Geronzi ora si prospetta un “brillante futuro dietro le spalle” dice Galli, e qui entriamo nella questione anagrafica che vedrebbe una generazione pronta a scendere in campo. Con un Diego Della Valle che in realtà “ha solo affrettato un processo di ricambio, e che si pone come alfiere della generazione dei 50-60 enni, dei Mussari, dei Montezemolo”. Quelli che ieri sempre con il Corriere Geronzi ha definito “gioventù anziana”. Sarà un ricambio, dice Galli, che non risparmierà l'intero mondo della finanza italiana, inclusi altri “arzilli vecchietti”, per usare l'espressione propria di Della Valle, il mondo delle fondazioni e il suo presidente Giuseppe Guzzetti, “che pure ha avuto la grande intuizione di allearsi subito con Tremonti. Guzzetti non potrà rimanere per sempre a capo di un mondo messo già a dura prova dgli aumenti di capitale che le banche stanno realizzando in queste settimane”. E il ricambio potrebbe non risparmiare nemmeno il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, secondo Galli “l'unico della sua generazione ad avere una statura simile a quella di Enrico Cuccia” anche se il banchiere bresciano “sconta un posizionamento politico fuori asse rispetto agli equilibri attuali”. Un personaggio talmente diverso da Geronzi, conclude Galli, da sembrare peraltro “un cardinale ambrosiano rispetto a uno della curia romana”.

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