I ribelli libici e le “tracce” di al Qaida nella cantina della rivolta

Daniele Raineri

Il colonnello Gheddafi agita la paura di al Qaida in faccia al mondo e ai libici. E' il suo strumento di propaganda preferito. Il 24 febbraio alla tv di stato ha spiegato le rivolte così: “E' al Qaida che vuole creare un emirato islamico nel nostro paese. Gli uomini di Osama bin Laden hanno messo droghe nell'acqua, nello yogurt, nel cibo dei cittadini, che ora armati stanno devastando la città di Zawia”. l 7 marzo intervistato dal quotidiano francese Le Journal de Dimanche ha minacciato l'occidente: “La situazione è grave per l'intero occidente e per tutti i leader europei".

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    Il colonnello Gheddafi agita la paura di al Qaida in faccia al mondo e ai libici. E' il suo strumento di propaganda preferito. Il 24 febbraio alla tv di stato ha spiegato le rivolte così: “E' al Qaida che vuole creare un emirato islamico nel nostro paese. Gli uomini di Osama bin Laden hanno messo droghe nell'acqua, nello yogurt, nel cibo dei cittadini, che ora armati stanno devastando la città di Zawia”. Il 7 marzo intervistato dal quotidiano francese Le Journal de Dimanche ha minacciato l'occidente: “La situazione è grave per l'intero occidente e per tutti i leader europei del Mediterraneo, perché Bin Laden verrà a stabilirsi nel nord Africa e abbandonerà il mullah Omar in Afghanistan e in Pakistan. Ci sarà un jihad islamico di fronte a voi, nel Mediterraneo”. Il 15 marzo, in un'intervista all'inviato del Giornale Fausto Biloslavo, ha ribaltato l'intimidazione: “Potrei allearmi con al Qaida”.

    La minaccia di al Qaida in Libia è seria? Se fino a oggi se ne è parlato poco è perché le attività casalinghe dei volontari islamisti sbiadiscono a confronto del terrorismo di stato sponsorizzato da Gheddafi. Nero su nero non si nota. Nel 1986 il regime di Tripoli ordina ai suoi agenti di piazzare una bomba nella discoteca La Belle di Berlino, che uccide tre clienti e ne ferisce 220, in maggioranza soldati americani in libera uscita. Nel 1988 abbatte con una bomba nascosta tra i bagagli il volo Pan Am 103 sulla cittadina scozzese di Lockerbie, con 270 passeggeri a bordo. Nel 1989 si ripete contro il volo Uta 772 nel cielo del Niger, 171 passeggeri a bordo. Nel 2003 Gheddafi, dopo aver litigato in diretta tv con l'allora principe ereditario saudita Abdullah, organizza un attentato per assassinarlo. Prima del grande disgelo dei rapporti nel 2006, la Libia era stata dichiarata da Washington stato sponsor del terrorismo nel 1979, era stata bombardata dagli aerei di Ronald Reagan nel 1986 e aveva tagliato i rapporti diplomatici con la Gran Bretagna nel 1984, dopo che da un suo consolato a Londra qualcuno aveva sparato in strada contro una manifestazione di dissidenti politici, uccidendo una poliziotta. Il colonnello ha appoggiato l'eversione in Algeria, Egitto, Sudan, Zaire, Tunisia, Giordania, Marocco, Guatemala, El Salvador, Colombia, Pakistan, Bangladesh e Filippine.

    E' vero, però, che l'area della ribellione anti Gheddafi coincide con l'area dell'attivismo filo al Qaida. La dimostrazione quasi scientifica arriva dai cosiddetti Sinjar records, i dati trovati dai soldati americani su un computer portatile preso a un leader di al Qaida ucciso nel 2007 al valico frontaliero di Sinjar, tra Iraq e Siria. Il leader si occupava del traffico di volontari stranieri che accorrevano a combattere e a farsi esplodere da tutto il mondo arabo e teneva un registro accurato della provenienza di ciascun volontario. L'Arabia Saudita è il primo paese esportatore di volontari qaidisti: subito dopo viene la Libia, con appena un quarto degli abitanti. Quasi uno su cinque dei terroristi arabi in Iraq è libico. Gli altri contingenti, da Siria, Yemen e Algeria, sono più ridotti e parecchio staccati nella classifica.

    Soprattutto, colpisce la densità per abitanti di volontari filo al Qaida. La città di Darna, ottantamila abitanti nella Libia orientale, inviò 52 volontari, più di Riad, capitale dell'Arabia Saudita con quattro milioni di abitanti, seconda in classifica. Un aspirante terrorista ogni 1.500 abitanti. Bengasi, oggi capitale della Libia liberata e della rivolta anti Gheddafi, inviò 21 suoi cittadini. Da Tripoli non andò nessuno. I Sinjar records registravano anche la vocazione dei volontari, se quella di combattere oppure di morire da “martiri” in operazioni suicide: dei 112 libici arrivati in Iraq, l'85 per cento dichiarò di volere morire da “martire”. E' un paradosso della geopolitica: la “no fly zone” in questi giorni sta riparando la zona più virulenta e densa di jihadisti del mondo arabo, dove gli egiziani stanno trasferendo armi. Ieri il comandante americano che guida le operazioni Nato in Libia, James Stavridis, ha detto che ci sono “tracce di al Qaida” tra i combattenti e che “l'intelligence li sta monitorando”.

    Secondo Gary Gambill, ex direttore del Middle East Intelligence Bulletin, Darna e Bengasi tra il settembre 1995 e il luglio 1996 furono il centro di una furiosa guerriglia tra governo e islamisti, che comunque bruciò a bassa intensità durante tutti gli anni Novanta, fino a far dire a un esasperato colonnello Gheddafi che “quelli dell'islam politico sono una piaga peggiore dell'Aids”. La guerra di oggi, per loro, che non sono la componente più numerosa della ribellione, è come un secondo tempo degli scontri di allora.

    Per questo, l'alleanza di comodo tra l'occidente e gli islamisti anti Gheddafi non sarebbe una novità. L'ex ufficiale dei servizi segreti britannici David Shayler sostiene che Londra nel 1996 finanziò con 160 mila dollari un attentato del Gruppo di combattimento libico – islamisti più tardi confluiti in al Qaida – contro il rais, uno degli attentati più “quasi di successo”, che costò la vita a numerose sue guardie del corpo. In quegli anni, la collaborazione arrivò a un tacito patto di ospitalità e non aggressione tra gli estremisti libici bisognosi di asilo e il governo britannico, che tollerò la loro presenza nei quartieri della capitale. Dopotutto combattevano lo stesso nemico, il mandante della strage di Lockerbie. Fu la nascita del cosiddetto Londonistan.

    Dopo l'11 settembre, la collaborazione cambiò di campo:
    a fianco di Gheddafi, e contro gli estremisti. Poche settimane dopo l'attacco, una squadra della Cia volò a Londra per ascoltare lo stesso uomo accusato di avere organizzato l'attentato a Lockerbie, il capo dell'intelligence libica Musa Kusa. Ai servizi americani e inglesi, il libico consegnò i dossier personali dei terroristi libici addestrati in Afghanistan e attivi dentro al Qaida. Nel dicembre del 2002, secondo i giornali di Londra, i dati arrivarono a trattare “centinaia di militanti islamisti e del gruppo di Bin Laden”. Fu l'inizio del disgelo con il regime di Tripoli, che poco dopo rinunciò al suo programma di armamento nucleare.
    In un'intervista al Sole 24 Ore ripresa dai media internazionali, un capo militare dei ribelli ammette che in passato ha reclutato 25 uomini nella Libia orientale per combattere in Iraq e in Afghanistan contro gli occidentali, e che “qualcuno di quegli uomini oggi combatte tra i ribelli contro Gheddafi”. Dalla Libia viene però anche la più clamorosa sconfessione di al Qaida da parte diun gruppo islamista. Nel novembre 2007 il leader libico Noman Benotman con una lettera aperta di contestazione che fece scalpore invitò i terroristi a interrompere tutte le loro attività.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)